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A differenza di Daniel Veronese e Romina Paula, Tolcachir decide di non trarre spunto da autori noti, ma di scrivere autonomamente i suoi testi.
Dei tre lavori presentati al Mercadante – “Tercer Cuerpo”, “La Omision de la Familia Coleman” e “El Viento en un Violin” – abbiamo assistito al terzo, il più recente della trilogia.
Lo spettacolo ci proietta nella vita di Dario, giovane ragazzo alle prese con una crisi esistenziale, oppresso da una madre che lo stritola e verso cui non ha la forza di reagire, nonostante le continue intrusioni nella sua vita privata. Una serie di avvenimenti porterà però Dario ad uscire dal guscio dell’immaturità infantile per diventare finalmente un uomo con tutte le sue responsabilità.
L’assoluta aderenza dei personaggi e delle situazioni ad alcune realtà napoletane balza immediatamente agli occhi dello spettatore: lo stesso Tolcachir, dopo aver visitato la città partenopea, ha ammesso di aver avvertito una certa similitudine tra Napoli e alcune situazioni presenti nel testo. Certe immagini dello spettacolo infatti fanno pensare ai bassi napoletani, mentre altre ricordano un certo modo di comportarsi della ricca borghesia con-cittadina. Insomma probabilmente, le nostre radici spagnole si fanno sentire.
Forse anche per questo il festival ha pubblicizzato la trilogia paragonando Tolcachir a De Filippo, paragone forse un po’ azzardato, ma efficace dal punto di vista del marketing (è stato infatti l’unico spettacolo del focus argentino a riempire quasi del tutto la platea del Mercadante).
Su questo substrato si snoda la storia, che ricorda quella delle telenovelas sudamericane (peraltro prese a modello da molti autori argentini contemporanei, tra cui Spregelburd), ma che in realtà ne adotta solo la “griglia” per emanciparsi in un discorso che presenta diversi livelli di comprensione, anche abbastanza importanti.
La psicologia la fa da padrona, condizionando azioni e comportamenti dei personaggi, e la pièce fungerà per Dario come una sorta di “terapia psicoanalitica d’urto”.
Alcuni snodi narrativi sono forse caratterizzati da una eccessiva leggerezza, e alcuni cambi comportamentali non sono ben strutturati: si ha l’impressione di una eccessiva fretta nel finale, quando sarebbe bastato magari limare un po’ di più i dettagli.
In ogni caso si tratta di uno spettacolo ben strutturato, piacevole nella sua “seria leggerezza”, in grado di far riflettere ma anche di divertire.
EL VIENTO EN UN VIOLIN
con: Inda Lavalle Lena, Paula Ransenberg Celeste, Miriam Odorico Mecha, Araceli Dvoskin Dora, Lautaro Perotti Darío, Gonzalo Ruiz Santiago
scenografia: Gonzalo Córdoba Estevez
light Designer: Omar Possemato
luci: Emilio Valenzuela
disegno dello spazio: Claudio Tolcachir
assistente alla regia: Melisa Hermida
produzione: TEAT ROTI MBRE4// Jonathan Zak y Maxime Seugé
testo e regia: Claudio Tolcachir
coproduzione: Teatro Timbre4, Festival Internacional Santiago a mil, TEMPO_FESTIVAL das Artes,
Festival d’Automne de Paris, Maison des Arts et de la Culture de Créteil
con il sostegno di: fondo Iberescena per la creazione congiunta con Teatro Solís (Uruguay), Producciones Teatrales Contemporáneas (España)
durata: 1h 35’’
applausi del pubblico: 2’ 30’’
Visto a Napoli, Teatro Mercadante, il 17 giugno 2012