Fratto_X. Antonio Rezza oltre ogni limite

Antonio Rezza in Fratto X

La recensione dell’ultimo spettacolo della coppia Flavia Mastrella e Antonio Rezza: Fratto_X

Antonio Rezza in Fratto X
Antonio Rezza in Fratto X (photo: teatrovascello.it)

Contiene spoiler. Si consiglia di non leggere questa recensione ma di vedere lo spettacolo a teatro. Fino al 6 gennaio al Teatro Vascello di Roma e dopo in tournée per l’Italia.

Puntuale come la fine dell’anno, e devastante come la fine del mondo, arriva a Roma – dopo il debutto a Torino – il nuovo spettacolo della coppia Rezza/Mastrella, “Fratto_X”, di cui Klp vi mostrerà inediti risvolti video oggi pomeriggio, in questa giornata prenatalizia ‘speciale Rezza’.

“La spensieratezza va stroncata alla nascita!”, esordisce così Antonio Rezza in scena. E si capisce subito che non sarà una serata tranquilla. “Spegni il telefono perché illuminandosi vedo la tua faccia, che non è bella da vedere”: così, dopo pochi minuti, si rivolge direttamente a uno spettatore in sala.

La prima metà dello spettacolo è una carrellata di vizi umani: l’ansia, il tabù della demenza e quello del sesso, la violenza domestica e quella autoritaria della Polizia. Oltre ogni limite ci sono le costruzioni di Flavia Mastrella: fasci di tessuto leggeri come foglie, modi di interpretare lo sguardo dello spettatore, fortini dai quali sferrare l’attacco alle convenzioni teatrali, installazioni contemporanee e performative.

Oltre ogni limite va Antonio Rezza, il suo sadismo lo porta verso atti inconsulti di rivoluzione artistica. Nella seconda metà dello spettacolo si impossessa addirittura del performer che lo assiste in scena (Ivan Bellavista), e come un ventriloquo gli dona parola, come un burattinaio lo manovra, lo interpreta. Lo stesso fa con un bizzarro oggetto meccanico che si muove telecomandato, ha un palloncino come testa e sarà il terzo di un improbabile dialogo in cui le voci dei tre usciranno solo dalla sua bocca, con diverse modulazioni.

Una scena epica che non è niente in confronto a quello che succederà dopo: Rezza punta gli spettatori, li costringe a impersonare i ruoli che lui ha scelto illuminandone le facce con la luce riflessa in uno specchio. La voce sarà la sua e il risultato esilarante. Io diventerò Scott, quello che si interroga ingenuamente sulla spensieratezza. Penso di spostarmi di posto per vedere come reagisce, non faccio in tempo. La scena è lunga e il fascio di luce quasi acceca.
In questo Rezza può esaltare il suo “disprezzo” totale verso lo spettatore.

Dopo gli applausi finali, noi masochisti restiamo seduti (complici le luci che rimangono basse, come se lo spettacolo continuasse). Ecco che Antonio Rezza torna sul palco e dice qualcosa tipo: “Grazie di cuore, perché sentire che vi divertite quando uno sbatte la porta del bagno vuol dire che c’è gente messa peggio di me!”.
Durante lo spettacolo sono due i pensieri che mi rimbalzano in testa: il primo è che voglio andar via, perché sto male dalle risa. E non mi era mai successo.

Rezza è come la peste, Artaud sarebbe orgoglioso di lui.
Il secondo riguarda il motivo principale per cui sto in sala: cosa se ne fa uno che riempie un teatro da solo per oltre un mese (a Roma forse succede solo con Gigi Proietti) di una recensione? Della mia e di tutte quelle che ho letto, che poi dicono sempre le stesse cose, facendo a gara a chi tesse elogi più complicati.
Ciò che succede in teatro con Rezza/Mastrella è devastante, debordante; investe e spazza via tutte le parole che si possano scrivere per descriverlo o commentarlo.

FRATTO_X
con Antonio Rezza
e con: Ivan Bellavista
(mai) scritto da Antonio Rezza
Habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione: Massimo Camilli
disegno luci: Mattia Vigo
organizzazione generale: Stefania Saltarelli
durata: ho cambiato orologio, questo al buio non si vede
applausi del pubblico: vedi sopra (ma erano tanti)

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 13 dicembre 2012

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2 Comments

  1. says: g. elio maniscalco

    copia/incolla della mia e mail inviata al Sig Rezza (e ad altri tra cui “La Repubblica ed “il Manifesto” alle pagine culturali – sic! – dei quali il Sig Rezza afferma avere libero accesso, per “invito” ) che, al passare del tempo, nulla ha inteso venisse modificato del suo messaggio……; piena liberta’ a tutti i soggetti del teatro ma anche al pubblico e agli spettatori che lo formano: tra le pisciate in faccia di uno che si chiamava Bene Carmelo e gli sputi del Sig Antonio Rezza….ciascuno faccia la differenza.
    >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>< 18 luglio 2013 "...i precari sono sfruttati ma proprio perche' precari non hanno un rapporto fisso e quindi hanno la liberta' di cambiare...." Questo il "pensiero" espresso dal Sig Antonio Rezza in sede di aperitivo/incontro del 16 luglio 2013 h.18,30 a Bassano del Grappa in occasione di "Fratto_X" per "Operaestate festival": il totale disprezzo per chi e' costretto a sopravvivere in condizione disumane e in palese sfruttamento con tanti che denunciano - subendo minacce e violenze sino alla soppressione fisica - anche la riduzione in schiavitu' mi ha fatto considerare ripugnante la partecipazione a proposta teatrale supportata da tale pensiero che - nonostante il Sig Antonio Reza si sia, con sottolineatura(!), definito anarchico - mi sembra ascrivibile al cinico se non addirittura al qualunquista; ho pertanto annullato la mia partecipazione allo spettacolo. Qualora il Sig Antonio Rezza vorra' corregersi ( quanto sopra e' stato da me udito e, ad ogni buon conto, devono esserci anche le registrazioni curate dal Conduttore dell'incontro) e metterlo per iscritto ne prendero' atto firmo g. elio maniscalco

  2. says: Cristian

    Ho visto un solo spettacolo di Rezza (e non ne vedrò un secondo) e l’ho trovato banale, ripetitivo, volgare e irritante. Ma non irritante in modo positivo o stimolante o costruttivo. Irritante per la sua maleducazione e mancanza di contenuti.
    Quando ti accorgi che una gag non fa ridere, dovresti cambiare gag, non ripetere otto volte la stessa gag che non fa ridere. Se non hai nient’altro da dire, potresti cercare di fare uno sforzo. Oppure rinunciare.

    E comunque sputare in faccia al pubblico non è arte ma cafonaggio becero.

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