
Il Teatro alla Scala quest’anno celebra il doppio bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi e Richard Wagner dedicando a loro l’intera stagione (ma quante polemiche ha suscitato la decisione di inaugurarla l’8 dicembre con un’opera non italiana, il Lohengrin!).
Fatte queste premesse, è molto interessante la proposta passata pochi giorni fa dal Teatro Costanzi (o Teatro dell’Opera) di Roma.
In scena è andato “Il Naso”, opera su musiche di un ventenne Dmitri Šostakovič basata su un racconto satirico di Nikolai Gogol. La direzione è affidata a Alejo Pérez, la regia è di Peter Stein.
Siamo a Pietroburgo nel 1870, ma subito intuiamo dalle scene che i riferimenti al surrealismo e al futurismo inquadrano questa versione di Peter Stein nel periodo in cui Šostakovič l’ha scritta: il 1926-28. Scelta condivisibile sia perché la musica rispecchia il periodo avanguardista ed è ben lontana dagli stilemi del melodramma ottocentesco, ma anche perché la trama è surreale: il maggiore dell’esercito Kavalev si sveglia una mattina rendendosi conto di aver perso il naso, lo rivede poco dopo in chiesa, travestito da Consigliere di Stato. Roba da teatro dell’assurdo.
L’opera si sviluppa attraverso i tentativi di ritrovare il naso in giro per la città; di sfondo anche una storia d’amore non corrisposto.
Gestire oltre cento fra interpreti e comparse non è semplice, Stein indovina le scene di gruppo inserendo pochi elementi (tra cui spicca un enorme ingranaggio rosso calato dall’alto, a ricordare il realismo sovietico) e dando spazio alla fantasia, mescolando il realismo con il surrealismo.
Il naso è naturalmente uno dei protagonisti, ed è interpretato da un piccolo figurante vestito di nero con un enorme naso bianco sulla pancia e guanti rossi. Il suo trionfo estetico sarà nella scena corale in cui decine di nasi vanno su e giù per il palco. Un altro elemento determinante che ritorna è il cavallo bianco umano mosso da due figuranti, che forse allude al Picasso dei balletti russi.
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L’ennesimo tocco futurista è una grande scritta luminosa HOC! (naso in cirillico) che si muove libera davanti a queste scene.
Ci troviamo di fronte ad una messa in scena innovativa e colossale (peccato per le sole cinque repliche), con una musica spiazzante per una lingua russa che non esalta il canto, e anzi a volte pare che la musica lo sovrasti totalmente.
La stagione del Teatro dell’Opera di Roma prosegue con due Verdi “minori” (“I due foscari” dal 6 al 16 marzo e “Nabucodonosor” dal 16 al 23 luglio, entrambi diretti da Riccardo Muti), Wagner (“Rienzi” dal 9 al 18 maggio), Donizetti e Puccini. Ma a noi di Krapp piace anche l’opera del Novecento, per cui segnaliamo Curlew River, “Parable for Church Perfomance” su musiche di Benjamin Britten. La regia sarà di Mario Martone, in giugno.
IL NASO
Musica di Dmitrij Šostakovič
Opera in tre atti e un epilogo
Libretto di Evgenij Zamjatin, Georgij Jònin, Aleksandr Préis e Dmitrij Šostakovič tratto dalla novella di Nikolaj Gogol’
Direttore: Alejo Pérez
Regia: Peter Stein
Maestro del CorO: Roberto Gabbiani
Regisa collaboratore: Georg Rootering
Scene: Ferdinand Wögerbauer
Costumi: Anna Maria Heinreich
Coreografia: Lia Tsolaki
Luci: Joachim Bart
Interpreti:
Platon Kuz’mič Kovalëv Paulo Szot
Ivàn Jakovlevič Alexander Teliga
Il commissario di polizia Alexey Sulimov
Ivan Andrey Popov
Il Naso Leonid Bomstein
Pelagia Podtočina Elena Zilio
Sua figlia Elena Galitskaya
Una vecchia dama nobile Valentina Di Cola
Praskov’ja Osipovna Irina Alexeenko
Il funzionario della redazione Alexey Yakimov
Il Dottore Pavel Daniluk
ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA
Allestimento dell’Opera di Zurigo
Visto a Roma, Teatro dell’Opera, il 2 febbraio 2013