Sarà che cerco di inoltrarmi in un territorio tabù nella nostra Italia, leggendo da qui delle “Ragazze del porno”, come si è autodefinito un gruppo di autrici e registe italiane.
La scintilla l’ha lanciata la scrittrice Tiziana Lo Porto, che tempo fa, sulla rivista “Mezzocielo”, parlava dei loro intenti:
“Le ragazze del porno sono un gruppo di registe, tutte donne, tutte italiane, che da un po’ di tempo lavorano a un progetto di film pornoerotici. L’idea è nata un paio di anni fa, mentre scrivevo di un progetto di porno al femminile messo in piedi in Svezia da una regista indipendente, Mia Engberg, diventato un bellissimo film di corti che si chiama “Dirty Diaries” e che ha avuto una felice distribuzione ovunque nel mondo tranne che in Italia. Mia Engberg, che per il suo “Dirty Diaries” ha avuto un finanziamento di 50mila euro dallo Svenska Filminstituten, l’organizzazione che eroga finanziamenti statali per la produzione, distribuzione e proiezione pubblica dei film svedesi, ha anche scritto un manifesto bellissimo”.
Finanziamenti statali… In Italia sembra lontano un tale obiettivo, e proprio per questo da marzo hanno attivato un sistema di crowdfunding per poter girare i primi tre segmenti del film (dal titolo provvisorio “My Sex”): “Seratina” di Anna Negri, “Queen Kong” di Monica Stambrini e “Mano di velluto” di Regina Orioli.
Le altre voci (fuori) dal coro sono quelle di Mara Chiaretti, Titta Cosetta Raccagni, Lidia Ravviso, Emanuela Rossi, Slavina e Roberta Torre.
Ma sono coinvolte anche le ragazze di Industria Indipendente, Erika Z. Galli e Martina Ruggeri, che avevamo conosciuto al Valle Occupato per lo spettacolo “È tutta colpa delle madri” e recentemente tra i protagonisti della riapertura del Rialto Sant’Ambrogio a Roma. Ma che ora troviamo in tutt’altra veste: “Realizzeremo un corto il cui titolo sarà ‘Più di ogni altra cosa al mondo vorrei’. Non vogliamo dire altro al momento perché siamo nelle ultime fasi di scrittura”.
Con il resto del “Mucchio Selvaggio” sono lì a raccogliere fondi in attesa della partenza produttiva, che dovrebbe essere a giugno.
Lo ammetto. È stato un colpo di testa, e ce n’è voluto per ‘convincere’ Krapp che avrebbe avuto un senso scriverne (infatti non l’ho convinto)… Ma come tirarsi indietro dopo aver letto quegli sciagurati interventi trovati in giro per il web, che facevano da cornice alla notizia della loro discesa in campo per una produzione “diversamente porno”, tutta al femminile?
Ho raggiunto da qui queste anime teatrali (che sabato 24 maggio tornano al Valle per presentare il loro progetto), per rifletterne insieme. Sentendomi un po’ – ovviamente ad anni luci di umile distanza… – come il Seligman di “Nymph()maniac”, a far domande di scienza e struttura. E farà pure una brutta fine…
Sul finale di un gran film come “Flight” di Robert Zemeckis, un gigantesco Denzel Washington, dice: “Che Dio mi aiuti”, poco prima di pronunciare finalmente la Verità. Non so se qui sarà grazie a Lui o a chi ne fa le veci, ma per chi leggerà ci sarà l’aiuto di “Rid of me” di PJ Harvey, come ci hanno consigliato proprio le ragazze di Industria Indipendente; per planare insieme, muniti delle ali della libertà, tra le verità scomode delle loro parole.
Prendiamo allora a larghe manate e subito alcuni dei commenti apparsi in rete alla notizia di questo progetto pornoerotico:
“Che schifo. È un declino morale della società perversa, in cui i valori adeguati e virtù non sussistono”.
“Gesù bambino piange e gli fa male il cuore quando legge di cose brutte brutte come la pornografia”.
“Povere donne!”
“Brave donne continuate a copiare tutti i vizi degli uomini (ovviamente dei più ignoranti) così sarete sempre più uguali a loro e sempre più prese in giro. Complimenti! Ma non sapete proprio ragionare con la vostra testa?… Però, chiedo scusa. non mi riferisco a tutte le donne, perché la maggior parte hanno altro cui pensare, ma solo a queste poverette che cercano così un po’ di visibilità senza sforzare troppo il loro ‘cervelletto’. Io sono donna ma mi vergogno sempre quando leggo certe cose”.
“Benvenute…”
“Al circo della pornografia… è l’ultima stazione prima di Salò e le 120 giornate di Sodoma (p.s. lo avete già visto? Ve lo consiglio). Confondere il desiderio con la pulsione dell’adrenalina è un errore fatale… prima della definitiva sconfitta”.
Cosa ne pensate e come rispondereste? Dopo queste reazioni come ci si sente a essere “Ragazze del porno”?
Pensiamo che far parte di questo progetto sia una grande occasione, perché rappresenta un punto di vista che vuole essere differente e che dovrebbe quindi stimolare ad un confronto. Il fatto che la notizia abbia scatenato tutto questo in un certo senso è normalissimo. È l’ennesima riprova che in Italia, nel 2014, può far scalpore associare la parola porno alle donne. È ovvio che c’è un’ironia nel nome. Il porno spesso ha a che fare con l’osceno nell’accezione negativa del termine. Bisognerebbe chiedersi cosa non deve essere guardato e che cosa è considerabile osceno. Questo per noi è interessante. Diventa lo specchio migliore dell’essere umano. Quello viscerale. Quello vero.
Citando “Eyes Wide Shut”, e il suo finale, che viene dopo una lunga notte viaggiata nel delirio del desiderio e delle sue ripercussioni, perse nel labirinto della psiche, lei dice a lui: “C’è una cosa molto importante che dobbiamo fare il prima possibile”. “Cosa?” “Scopare”. È un messaggio che si potrebbe allargare al nostro tempo e alla nostra Italia, paralizzata da tempo?
Sì, decisamente. Scopare ha a che fare col piacere. Si può e si deve allargare all’Italia. Ma non solo. Il piacere rappresenta una grandissima forma di civiltà. E anche molto più stupidamente è il primo atto che ha a che fare con la vita. E comunque quello di “Eyes Wide Shut” è uno dei migliori finali della storia del cinema, non a caso.
Nel ’68 e negli anni del femminismo circolavano slogan come “Non più puttane, non più madonne, finalmente siamo donne”, “Io sono mia”, “Donna è bello”, “Tremate, tremate le streghe son tornate”, “L’utero è mio e me lo gestisco io”. Ora, con voi, “Il porno è mio e me lo gestisco io”. Cosa è cambiato da allora?
Non si tratta di rivendicazione, esiste solo un desiderio condiviso da parte di alcune donne registe di poter esprimere il loro particolare sguardo. Non è nostra intenzione associarci ad un modello sessantottino. Parliamo di quarant’anni fa e chiaramente la situazione è molto differente. La nostra è una scelta che potrebbe avere dei connotati interessanti rispetto ad una svolta registica all’interno di un genere cinematografico, se vogliamo, fin troppo standardizzato e impoverito.
In un capolavoro come “Devil in Miss Jones” di Gerard Damiano (qui la confessione senza censure della protagonista, Georgina Spelvin, nel video di “Paradise Circus” dei Massive Attack…), la protagonista, suicida ancora vergine, finisce all’Inferno. Dopo aver attraversato il labirinto del limbo alla scoperta della sessualità e dei suoi piaceri, il diavolo le impartisce la pena: essere rinchiusa in una stanza bianca, sola con un uomo, Damiano, ossessionato da una mosca.
“Fuck me” continua a ripetergli, masturbandosi: rimarrà eternamente inascoltata…
Può essere considerata la condizione della donna, e della sua voce, anche ai nostri giorni?
Se la domanda fosse rivolta alla figura di una donna, che finisce all’Inferno perché ha esplorato la sua sessualità, ci auguriamo di no. D’altra parte, da questo riferimento che ci proponi, ne risulta anche una donna, ancora una volta al servizio della disponibilità dell’uomo, che implora di essere esaudita. Considerando una terza ipotesi, si parla di una protagonista che muore vergine, ragion per cui il diavolo, trovandosela a cospetto, si scandalizza e le offre la possibilità di conoscere il sesso. La domanda riguarda il connubio sesso-peccato?
Pensate dunque che ancora, soprattutto in Italia, esista il connubio sesso-peccato, che cade come una mannaia sulla donna, con l’uomo, per un certo tipo di mentalità italiotica, in diritto di considerarsi orgogliosamente un buon padre e marito dentro le mura di casa, e fuori un agguerrito amante? Per com’è andata la politica finora parrebbe che la Vox Populi abbia risposto soprattutto a una fascinazione nata da questo becero retaggio…
Cade su entrambi in realtà. La cosiddetta libertà sessuale è qualcosa di ancora molto raro. Ci portiamo addosso due millenni di storia che di certo hanno reso gli uomini e le donne schiavi della morale cattolica, e neanche ce ne rendiamo conto. Neppure chi si ritiene ateo. Per liberarsi bisogna aprirsi, guardare oltre l’uomo e la donna, oltre al marito e la moglie, il padre e la madre.
Il peccato che si rintraccia nel sesso, se si pensa, ha a che fare con il piacere della carne, in quel commettere atti impuri, che ci dimentichiamo spesso poi di far riflettere in un’inutile inibizione che ci fa sentire castrati. E per una società maschile come quella occidentale, non vogliamo dire maschilista, che la donna risulta essere ancora una granputtanaeva.
Salve Giulio, grazie della tua fuffa: ci piace. Buona giornata.
Molto interessante, ?articolo, mi ha fatto riflettere. Devo darti ragione sul piacere castrato anche dal retaggio cattolico, ma pure misconosciuto in questi tempi dove sembrano crollare i dogmi di quella fede capitalista acriticamente abbracciata.
Salve Giovanni, eccomi mangiando il fuso orario tra qui e l’Italia. Direi che le risposte alle tue domande le trovi rileggendo l’articolo. E volendovi risparmiare una mia possibile fuffa intellettualistica, rigiro a te e a tutti i lettori la domanda, immaginando che sia molto più interessante sapere cosa ne pensano coloro che hanno letto, hanno condiviso o non hanno condiviso. Buona Domenica.
Salve, grazie per la risposta.
D’accordo, ma il quesito rimane.
Salve Giovanni, nessuna connotazione negativa. Come avrai potuto leggere dall’intervento citato della Lo Porto ho utilizzato semplicemente le loro parole. Direi che la mia è stata semplicemente un’operazione “filologica”, attenendomi alla volontà delle autrici.
Perché ”pornoerotico”, e non semplicemente ”pornografico”? Dai per scontato che la pornografia sia necessariamente negativa?