La danza vive; più del teatro. Verrebbe da pensarlo vedendo, a Torino, un Teatro Astra davvero al completo (il sold out è arrivato già nella settimana precedente) per il debutto del festival di danza contemporanea Interplay.
Protagonisti della serata il coreografo israeliano Roy Assaf e il collega Sharon Fridman, atteso per il debutto di “Caìda Libre – Caduta Libera”.
Vero è che Fridman aveva aperto anche la scorsa edizione di Interplay con uno spettacolo davvero d’impatto (“Hasta donde…?”), ma è altrettanto vero che a riempire un teatro, stavolta, non sono nomi conosciuti come potrebbero essere quelli di Ronconi o Jan Fabre. Eppure la gente rimane in coda sperando si liberi un biglietto.
La serata parte dunque con Roy Assaf, artista israeliano trantaduenne il cui incontro, nel 2003, con Emanuel Gat influenzerà la carriera portandolo al debutto sulle scene internazionali. Nuova tappa di questa ascesa sarà, il prossimo mese, la sua presenza alla Biennale Danza di Venezia, dove porterà due spettacoli tra cui “The hill”, presentato anche a Torino.
Ed è proprio da qua che partiamo. “The hill” prende vita da una canzone ebraica che parla dell’Ammunition Hill, sito di una delle battaglie della Guerra dei Sei Giorni, combattuta nel giugno del ’67 nell’ambito dei conflitti arabo-istraeliani.
Tre danzatori in scena, Igal Furman, Shlomi Biton e lo stesso Assaf, intendono rappresentare l’essenza e in particolare l’assurdità dell’occupazione.
Ecco allora una danza che alterna non solo delle belle musiche anche se molto diverse fra loro (tra cui una marcia della Israeli Army March) ma anche traiettorie, movimenti e stili in un alternarsi di gesti che si ripetono e si rinnovano.
Assaf riesce ad amalgamare questa diversità (il rischio è sempre scivolare dall’eterogeneità di elementi in una miscela apparentemente priva di senso) senza creare una pantomima di generi che renda il pubblico estraneo, facendogli perdere il senso (e il gusto) di ciò a cui sta assistendo.
Nella relativa semplicità di “The hill” ciò non accade. Dallo spettacolo affiorano ironia, simpatia e una freschezza che contagiano il pubblico, in un lavoro che si distingue per il bel coordinamento dei movimenti dei tre danzatori e la loro pulizia.
Ecco emergere la forza vera di uno spettacolo di danza riuscito: “The hill” è godibilissimo anche se lo spettatore non conosce le informazioni raccontate sopra né il contesto in cui il lavoro è nato. “Non mi sono mai passati così in fretta 20 minuti”, commenta una spettatrice all’amica uscendo per la pausa.
Secondo spettacolo della serata è la prima nazionale di “Caduta libera” di Sharon Fridman, altro artista israeliano ormai trapiantato a Madrid.
“Caìda Libre” si focalizza su una caratteristica umana indispensabile: la sopravvivenza. Fa infatti parte della natura umana, dopo qualsiasi sciagura, risollevarsi per creare un nuovo ordine, per ricostruire un’esistenza.
Per questo lavoro Fridman unisce sei danzatori (Pau Cólera, Jonathan Foussadier, Maite Larrañeta, Alejandro Moya, Melania Olcina e Léonore Zurflüh) a ben 26 performer scelti, per questo debutto italiano, fra gli allievi di una scuola di danza torinese.
Inevitabile è quindi parlare di un lavoro corale, che riempie davvero il palco di un’umanità che si presenta dapprima in corsa, in un vortice che potrebbe chiamarsi fuga. Per poi ritrovarsi, dopo il ‘disastro’, a riemergere strisciante, bisognosa di trovare una forza, un puntello, cui aggrapparsi per rialzarsi. Ma la caduta sarà ciclica, così come il riemergere, in un continuo ri-bilanciamento di forze a tratti fin troppo ripetitivo. Perché la caduta è sempre lì, sembrano volerci dire tutti quei corpi più o meno ammassati, più o meno in equilibrio; e allora, per sopravvivere, è necessario anche affidarsi agli altri, a un’umanità oscillante, a tratti stordita, pronta a cadere di nuovo sotto i colpi cecchini.
Fin da quando si alzano le luci per mostrarci la corsa vorticosa di questi 32 corpi, emerge anche nel nuovo lavoro di Fridman una sorta di marchio di fabbrica visivo, che si legge nei movimenti, nella scelta dei costumi, nel richiamo ai colori della terra e di una certa natura ‘selvaggia’.
Nella sua coralità lo spettacolo restituisce alcune immagini molto suggestive, che rimandano a grandi quadri (vengono alla mente “La libertà che guida il popolo” di Delacroix, o “La zattera della Medusa” di Géricault).
Eppure è il ritmo a risentire nella performance: seppure in un alternarsi di parti statiche e dinamiche, l’andamento di questo perenne fluire pare un po’ incepparsi, non restituendo al pubblico la stessa potenza cui Fridman ci aveva abituato con “Hasta donde…?“. Un rischio forse inevitabile se si mette in campo l’elemento laboratoriale (per preparare i tanti performer in pochi giorni), e l’essenza stessa della coralità, che spesso cade nel tranello di “voler dire troppo”.
Stasera Interplay riparte con un’altra delle serate che si preannunciano più interessanti di questa edizione: alle 20,30 Itamar Serussi presenta in prima nazionale “Mono”, seguito dal giovane coreografo norvegese Ludwig Daae con “MM”.
Vi lasciamo ora a un mini video-riassunto della prima serata realizzato da Fabio Melotti.
interplay14 spot 01 from fabio melotti on Vimeo.
THE HILL
di Roy Assaf
interpreti: Igal Furman, Avshalom Latucha, Roy Assaf
scelte musicali: Roy Assaf
costumi: Roy Assaf
musiche originali: Shlomi Biton
disegno luci: Dani Fishof / Omer Sheizaf
direttore delle prove: Malanie Berson
consulenza artistica: Ronit Ziv
durata: 20′
applausi del pubblico: 3′ 10”
CAÌDA LIBRE (CADUTA LIBERA)
direzione artistica e coreografia: Sharon Fridman
assistente alla direzione: Arthur Bernard-Bazin
interpreti: Pau Cólera, Jonathan Foussadier, Maite Larrañeta, Alejandro Moya, Melania Olcina, Léonore Zurflüh
e 15 (o più) performer
drammaturgia: Antonio Ramirez-Stabivo
musiche originali: Luis Miguel Cobo
set design e graphic design: oficina 4play arquitectura
disegno luci: Sergio García Domínguez
produzione: Nacho Azagra Redondo
ufficio stampa Laura: Gil Diez
coproduzione: Mercat de les Flors, Theater im Pfalzbau Ludwigshafen
con il supporto di: INAEM, Comunidad de Madrid, Centro Danza Canal, Centro Comarcal de Humanidades Cardenal Gonzaga
Prima Nazionale
durata: 48′
applausi del pubblico: 2′ 30”
Visti a Torino, Teatro Astra, il 21 maggio 2014