
Se il teatro ha in qualche modo a che vedere con la vita, se è impregnato delle caratteristiche della nostra esistenza, allora non stupisce che, a volte, esso possa presentarsi come inquieta mescolanza di sublime e orrido, di cristallino e urido, di alto e basso.
E’ proprio su una simile miscela che si costruisce – contenutisticamente e drammaturgicamente – “Drugs kept me alive”, monologo-danzato interpretato dal performer americano Antony Rizzi e diretto da Jan Fabre, che ne firma anche testo e coreografia, presentato all’Arena del Sole di Bologna questa settimana.
L’intero lavoro, infatti, si caratterizza per un costante ed esasperato slittamento di registro, un’oscillazione fra la mortificazione della vita e la sua esaltazione: il protagonista, che abita un microcosmo delimitato da centinaia di boccette di medicinali, racconta la propria estrema esistenza quotidiana, fatta di dipendenza da farmaci e di effetti collaterali che si moltiplicano a dismisura, ma anche di ricerca artistica, di creazione coreografica e di una compulsiva ma irrinunciabile sessualità.
E’, quello di Rizzi, un racconto in cui la facezia vive solo grazie alla poesia e viceversa, in cui, cioè, il performer passa dall’elencare istericamente i benefici e le controindicazioni dei suoi amati farmaci, all’abbandonarsi, con euforica padronanza di sé, ad una danza energica e impeccabile, in cui rivive felicemente la disarticolazione vigorosa dello stile di William Forsythe (con il quale Rizzi ha lungamente lavorato).
Al contempo ironico, arguto, faceto e infantile, questa sorta di sdrucito Pinocchio con indosso guanti di lattice, ritaglia piccole isole di meraviglia nel momento in cui gioca a creare grandi bolle di sapone, facendole rimbalzare, scivolandoci dentro e baciandole con tenerezza.
Ma è un attimo. Dopo poco tornerà a contorcersi, a strapparsi i vestiti, a ingurgitare una pillola dopo l’altra.
In questo sfiancate peregrinare fra la vetta e l’abisso, il corpo si pone come l’origine di qualsiasi forma di azione, come il luogo dell’abiezione, del dolore, delle escoriazioni e del vomito, ma anche il punto di irradiazione della danza, l’unico terreno sul quale si può tentare di giocare la partita dell’esistenza.
“L’uomo è una bolla di sapone”, dirà Rizzi sul finale, fragile e precario sì, ma comunque dotato della libertà di scegliere come vivere o, che è lo stesso, di come andare incontro alla morte.
Uccidersi un po’ ogni giorno, pur di essere ciò che non si può fare a meno di essere. Senza consigli, ciascuno a suo modo.
DRUGS KEPT ME ALIVE
testo, regia, coreografia: Jan Fabre
performer: Antony Rizzi
drammaturgia: Miet Martens
musica: Dimitri Brusselmans
costumi: Andrea Kränzlin
coordinamento tecnico: Geert Van der Auwera
tecnico: Tim Thielemans
durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 3’ 8’’
Visto a Bologna, Teatro Arena del Sole, il 5 marzo 2013