Le mancate eredità dei padri. Rifici alle prese con Schimmelpfennig

Granelli
Granelli, Popolizio e Bonaiuto in Visita al padre
Granelli, Popolizio e Bonaiuto in Visita al padre (photo: Attilio Marasco)

Poter osservare da vicino “Visita al padre”, una delle opere più recenti di un drammaturgo contemporaneo quarantaseienne come Roland Schimmelpfennig, l’autore tedesco più rappresentato nel suo Paese e ormai noto a livello internazionale, è un’occasione interessante che ci fornisce il Piccolo Teatro di Milano, continuando il suo proficuo percorso intorno alla nuova scena europea.

Per questa produzione il Piccolo ha affidato il testo ad un regista (poco più giovane di Schimmelpfennig) come Carmelo Rifici, che già si era cimentato con la contemporaneità mettendo in scena, tra gli altri, Lars Noren, Heiner Müller e Botho Strauss.

Al centro di “Visita al Padre” vi è l’improvviso arrivo del giovane americano Peter, frutto di un’antica relazione, nella fredda magione tedesca del padre Heinrich, che non ha mai conosciuto. Heinrich è un maturo intellettuale che sta per portare a termine, indefessamente e inutilmente da moltissimi anni, l’ardua traduzione del “Paradiso perduto” di Milton.

Nella villa del padre abitano solo donne: la moglie Edith, due sue figlie e la nipote Sonja, da cui l’uomo è attratto. In visita arrivano anche una collega professoressa e la giovane figlia, “accesa” amante di letteratura russa.
L’arrivo di Peter, proveniente da una cultura assai differente, sconvolgerà i precari equilibri della famiglia, seducendo Edith ed in continuità la figlia maggiore e la nipote.

Il testo di Schimmelpfennig pone l’accento soprattutto sulla mancata “eredità” nel rapporto fra le generazioni in un Paese come la Germania (ma non solo lì) dove il passato cruento (che ha visto alternarsi nazismo e comunismo) non è stato ancora del tutto digerito, impedendo il passaggio dei valori più autentici dalla vecchia alla nuova generazione.
Nel testo proposto dal drammaturgo tedesco tutti i giovani chiedono infatti disperatamente aiuto ai padri anche se in modo diverso, spesso autodistruttivo; ma i padri non sanno mai trovare precise e vitali risposte, poiché essi stessi rinchiusi in un mondo senza prospettive.

La forma utilizzata da Schimmelpfennig per raccontare tutto questo si rifà a Cechov e al dramma borghese (vi è persino l’uccisione di un’anatra selvatica di ibseniana memoria), irrorata da frequenti spruzzate d’ironia e di improvvise spiazzanti confessioni pronunciate direttamente verso il pubblico.

Rifici utilizza con arguzia e intelligenza tutti gli artifici teatrali possibili per sottolineare ciò che il testo suggerisce per entrare in un mondo dove ogni certezza è abbandonata, e dove il sesso è utilizzato sempre per ferire, mai per consolare. Il regista cosparge lo spettacolo di segni sonori e visivi emblematici ed efficacemente espressivi. Tuttavia nessuno dei personaggi riesce quasi mai ad entrare in sintonia con il nostro sguardo emotivo di spettatore.

Bellissimi e significanti gli elementi scenografici di Guido Buganza, che si sviluppano in profondità: due saloni della casa, uno anteriore a cospetto del pubblico e uno posteriore, separati da una striscia di giardino innevato che, complici le vetrate che chiudono ma non isolano gli ambienti, non lasciano alcuna intimità ai personaggi, i quali hanno sempre la possibilità di osservarsi, con quella neve simbolo del gelo che tutto pervade.

Alla sostanziale riuscita dello spettacolo concorrono tutti gli interpreti; oltre ai veterani Massimo Popolizio e Anna Bonaiuto, Paola Bigatto, Caterina Carpio, Marco Foschi, Mariangela Granelli, Sara Putignano e Alice Torriani.
In scena a Milano fino al 16 febbraio.

Visita al padre
scene e bozzetti di Roland Schimmelpfennig
traduzione: Roberto Menin
regia: Carmelo Rifici
scene: Guido Buganza
costumi: Margherita Baldoni
luci: Claudio De Pace
musiche a cura di Daniele D’Angelo
con (in ordine alfabetico): Paola Bigatto, Anna Bonaiuto, Caterina Carpio, Marco Foschi, Mariangela Granelli, Massimo Popolizio, Sara Putignano, Alice Torriani
produzione: Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

durata: 2h 20′
applausi del pubblico: 2′ 30”

Visto a Milano, Piccolo Teatro, il 31 gennaio 2014

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