Le rane di Teatro Due. Aristofane nell’Italia d’oggi

Le rane di Teatro Due
Le rane di Teatro Due
Le rane di Teatro Due (photo: teatrosocialecomo.it)
Mettere in scena Aristofane oggi è sempre un grandissimo azzardo: implica subito, per il regista, proporre delle scelte in qualche modo totalizzanti di fronte ad un’autore così particolare, legato in modo feroce al suo tempo, che utilizza frequenti riferimenti a fatti a lui contemporanei ma di una modernità sconcertante, e adoperando metafore difficili da mettere in scena.

Affrontando un autore così particolare, spesso si è tentati di attualizzarlo, conferendogli riferimenti contemporanei così espliciti da rendere frequente il rischio di banalizzazioni.
Per tutti questi motivi ci siamo avvicinati con molta curiosità a “Le rane”, che il Teatro Due di Parma sta portando in tournée.

“Le Rane” fu messo in scena da Aristofane per la prima volta ad Atene, alle Lenee (le celebrazioni liturgiche annuali che si svolgevano  ad Atene dedicate al dio Dioniso Leneo) del 405 a.C., dove risultò vittorioso. Fu poi replicato più volte negli anni successivi, riscuotendo sempre molto successo.

La commedia è pervasa da un forte pessimismo per la consapevolezza che la città di Atene sia in netto declino e con essa  il teatro tragico.
E’ per questo che all’inizio delle “Rane” Dioniso, dio del teatro, decide di raggiungere l’Ade per riportare in vita Euripide.

Il dio e il suo servo Xantia si accingono all’impresa attraversando l’Acheronte. Durante la traversata in barca Dioniso, camuffatosi da Ercole, e Caronte (Xantia prosegue a piedi) incontrano le rane. Esse intonano un canto in onore di Dioniso, che però ne rimane infastidito, riuscendo alla fine a silenziarle.
Dopo vari accadimenti, Euripide viene finalmente trovato, mentre in acceso dibattito con Eschilo si sta contendendo con lui il titolo di miglior tragediografo di tutti i tempi. Dioniso si porrà allora come giudice: i due autori citano a turno versi delle loro tragedie, e alla fine arriva in scena una bilancia per decidere quale delle due arti drammatiche pesi di più.

Eschilo esce vincitore da questa gara, ma a quel punto Dioniso decide che sceglierà l’autore che darà il miglior consiglio su come salvare Atene dal declino.
Eschilo vincerà dando un consiglio più pratico (“Le navi sono le vere risorse”), sicché Dioniso deciderà di riportare in vita quest’ultimo. Prima di andare, Eschilo cederà però il trono di miglior tragediografo a Sofocle, raccomandandogli di non lasciarlo mai ad Euripide.

La scelta di questo testo da parte del Teatro di Parma non è casuale: il viaggio di Dioniso, in questo momento di profonda crisi per il nostro Paese, suona come chiarissima metafora di come, per l’Italia, il teatro e la cultura potrebbero essere una fonte inesauribile di ricchezza e conoscenza per un mondo migliore, invece d’essere valutati, come sono, un peso a cui concedere pochissima considerazione.

La rilettura de “Le Rane”, interpretata e diretta da Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Gigi Dall’Aglio, Luca Nucera,Tania Rocchetta, Marcello Vazzoler (una riedizione del Collettivo di Parma di mitica e benigna memoria) pone dunque l’accento, con azzardo riuscito, al ruolo sociale e politico della cultura, e principalmente del teatro nella società civile.

Gli attori si muovono su una scena spoglia (una circonferenza limitata da un segno rosso) che solo alla fine il teatro renderà meno nuda.  
Il tono è divertito e divertente, dove sulle musiche di Alessandro Nidi fanno capolino la farsa, il circo e la rivista, con le rane che intonano il loro gracidare mescolandolo con “Maramao perchè sei morto”, ed il reality finale che corregge  in modo immaginifico quello di Aristofane, con gli spettatori chiamati a scegliere fra il teatro di Eschilo e quello Euripide.
Dioniso (Gigi Dall’Aglio) sintetizza la diatriba facendo mettere in scena due frammenti di “Agamennone” e “Fedra” e spiegandone in modo non didascalico pregi, difetti e le caratteristiche precipue: la saggezza antica nel primo e la chiarezza  moderna nel secondo.

Su tutto aleggia in modo volutamente leggero Brecht, che ci riporta al senso vero delle cose.
Le dovute e necessarie attualizzazioni sembrano nel complesso coerenti sino al vibrante, bellissimo finale, dove si  levano le voci di tutti i grandi teatranti che amiamo a testimoniare come il teatro sia una cosa meravigliosa, da preservare a tutti i costi, pena il dissolvimento del nostro mondo, messo già così a dura prova in questi anni.

“Le rane” è insomma uno spettacolo didattico, divertente e denso nello stesso tempo, che il pubblico di giovanissimi che assisteva alla nostra replica ha sottolineato con frequenti applausi,  confermando l’idea che il buon teatro, anche quello più lontano da noi, può essere messo in scena con intelligenza e gusto, soddisfacendo il sentire di tutte le generazioni.

LE RANE
di Aristofane
interpretato e diretto da Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Gigi Dall’Aglio, Luca Nucera, Tania Rocchetta, Marcello Vazzoler
musiche: Alessandro Nidi
scene: Alberto Faretto
costumi: Marzia Paparini
luci: Luca Bronzo
produzione: Teatro Due, Parma
durata: 1h 55′

Visto a Como, Teatro Sociale, il 10 aprile 2013


 

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