“Studio sullo stile di Bach”, presentato in prima nazionale al Teatro Everest di Firenze il 12 maggio, è un testo di Pasolini dal titolo omonimo sull’incontro del regista-scrittore con la musica di Bach.
È il 1943 quando Pasolini conosce a Casarsa Pina Kalc, la violinista slovena rifugiata di guerra che gli farà vivere l’esperienza unica ed inesprimibile di Bach e delle sue sonate, una musica che “resta come qualcosa di solido” e che costituirà per l’allora ventenne scrittore un momento fondamentale della propria formazione artistica.
E’ attraverso quella musica, infatti, che Pasolini arriva forse per la prima volta a picchi emotivi laceranti e rivelanti al tempo stesso, quella stessa musica che utilizzerà istintivamente come colonna sonora di molti suoi film quali “Accattone” e “Il Vangelo secondo Matteo”.
La formazione ibrida di Murmuris – compagnia residente al Teatro Everest di cui ha la direzione artistica e organizzativa – è sicuramente una chiave vincente di questo spettacolo. Luigi Attademo, chitarrista e docente dal back-ground poliedrico (dalla musica da camera e contemporanea a progetti di teatro) tenta di far rivivere al pubblico il percorso emotivo vissuto da Pasolini, unendosi in scena alle coreografie di Jacopo Jenna (collaboratore di Virgilio Sieni), straordinario danzatore e perfetto interprete di quel pathos allo stato puro che lo stesso Pasolini trovava difficile da esprimere. Jenna, che a tratti indossa un’inquietante maschera, simbolo dei fantasmi interiori, riesce perfettamente a restituire il dialogo tra corpo e suono in un’ascesa e caduta tra strazio e tenerezza, carne e spiritualità. È una figura malleabile la sua, sfumata in una lotta tra la delicatezza delle note più malinconiche e le più forti nevralgie psichiche.
Lo spazio scenico rivela fin dal primo momento la forza estetica della performance. Un tappeto di garofani lungo 10 metri è posto al centro dello spazio, con il pubblico disposto su due lati con altrettante pedane alle estremità, tra le quali Jenna e Attademo si muoveranno calpestando i garofani.
Il senso dello spettacolo si risolve già nell’apertura, che fa da premessa poetica. Con un effetto sorpresa, Jenna si materializza al di fuori dell’allestimento scenico, sul palco vero e proprio, accanto a un maxi schermo che proietta in tempo reale le dita di Attademo.
La sua danza, nervosa e calibrata sulla musica di Bach, è un sussulto che irrompe nel silenzio e rende allo spettatore un’idea della probabile reazione di Pasolini allo stesso momento iniziale.
Il testo, terzo interprete, entra in scena in seguito, veicolato da registrazioni sonore o dai dialoghi suono-danza-voce degli stessi Jenna e Attademo che si alternano, si sovrappongono e si fondono mentre scalfiscono l’evoluzione degli stati d’animo di Pasolini.
Ma la contaminazione perfetta tra danza e musica va a scapito della recitazione, che risulta abbandonata e non arriva a dare al testo quella forza necessaria a trasmettere il profondo senso di inquietudine con cui il pubblico desidererebbe istintivamente entrare in empatia. Più efficaci sono invece le intrusioni delle immagini dal “Siciliano”, proiettate nel maxi-schermo, che evocano maggiormente il clima visionario di Pasolini.
Una sfida forse non completamente all’altezza delle intenzioni, ma che lascia una magica atmosfera di dissolvenza di ombre e luci, di territori insondabili e dialoghi incompiuti.
Studio sullo stile di Bach
musiche di J. S. Bach
testi di Pier Paolo Pasolini
da un’idea di Luigi Attademo
con: Luigi Attademo e Jacopo Jenna
regia: Laura Croce
coreografie: Jacopo Jenna
scene e costumi: Francesco Migliorini
una produzione: Murmuris
durata: 53’
applausi del pubblico: 2’ 4’’
Visto a Firenze, Teatro Everest, il 12 maggio 2012