Win Vandekeybus e la danza di ieri, oggi e domani

Martina La Ragione|What the Body Does Not Remember|Spic & Span
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What the Body Does Not Remember
What the Body Does Not Remember (photo: inteatro.it)
Perché assommare in un unico articolo tre spettacoli tanto diversi e che, apparentemente, nulla hanno in comune? Innanzitutto perché li lega una manifestazione e il luogo, la città, che li ha ospitati.
Nonostante la presenza di numerose scuole di danza, frequentate da un gran numero di allievi, Ancona vive da anni un vuoto culturale rispetto a una programmazione sistematica della danza contemporanea. Così, un intero week-end dedicato a questa forma di creazione artistica, appare davvero una reale novità, da salutare con piacere.
Ma anche altri fili sottendono nelle considerazioni.

“What the body does not remember” e una versione ridotta di “Spic & span” (“Spic & Span_late & light version”) sono due degli eventi di Tuttoin1giorno Danza Festival, manifestazione che ha aperto uno sguardo sulla grande danza contemporanea europea ed italiana per l’intera giornata di sabato scorso, dalle 10 del mattino alle 24, con una masterclass e incontri.

Per entrambi gli spettacoli cui abbiamo assistito si tratta di opere prime, anche se appartenenti a momenti storici differenti: il primo, di Win Vandekeybus, debuttò nel 1987; il secondo ha riunito tre giovani danzautori (Marco D’Agostin, Francesca Foscarini e Giorgia Nardin) che si stanno affacciando a questo mondo ora, e che per “Spic & span” hanno avuto una segnalazione al Premio Scenario.

Il primo, rimontato nella sua forma originaria, dura un’ora e mezza, ed è stato lo spettacolo di punta della giornata; il secondo, nel caso della manifestazione anconetana (come meglio precisato da Marco D’Agostin nel commento a valle di questo articolo) si risolve in 20 minuti: uno scarto temporale che suggerisce qualcosa su cui riflettere, che riguarda i tempi e i modi sia della creazione che della fruizione.

“What the body does not remember” è composto di grandi quadri che ruotano intorno ad un input iniziale – il suono delle mani che guida i danzatori, il lancio dei mattoni, lo scambio di vestiti… – che  viene sperimentato in profondità fino al punto in cui sembra non avere più nulla da dire. “Spic & span” crea delle icone momentanee. Nel primo l’azione supera e travalica qualunque “racconto”; il secondo è tutto nel “racconto”.

Spic & Span
Spic & Span (photo: Marco Caselli Nirmal)
In una visione tanto ravvicinata di due prodotti così differenti, risulta ancor più evidente lo scarto fra una danza che usa se stessa per significare altro (la vuotezza dell’immagine, che riduce le persone a macchinette impazzite nel caso di “Spic & span”) e la danza che semplicemente “è”, che non ha bisogno di metafore per parlare a chi la guarda, che dice senza dire, che cattura solo con la forza della sua essenza.

Incentrato sull’azione, nel catturare l’intensità di quei momenti in cui il corpo semplicemente reagisce a uno stimolo, lo spettacolo di Wim Vandekeybus mantiene nel tempo la sua possenza, una carica magnetica che non risiede soltanto nel carattere di rischio continuo a cui i danzatori sono sottoposti, ma anche nella costruzione sapiente dei tempi, nell’uso intelligente dello spazio, nel raccordo con una colonna sonora costruita ad hoc, che sottolinea e acumina i crescendo di tensione di ogni quadro.

Cosicché, nella sequenzialità della visione, sembrerebbe di assistere alla prova di un grande e affermato coreografo versus l’opera prima di giovani e imberbi autori; in realtà, riflettendo, “What the body does not remember” fu anch’essa opera prima di quello che poi sarebbe diventato un grande coreografo.
Sarebbe allora da indagare se i tempi storici, così come l’enorme ritardo che la danza contemporanea italiana sconta, legato a problemi economici e strutturali, siano all’origine di questo straniamento.

Nel lontano 1987 venne fatta un’audizione, proprio ad Ancona, per trovare quelli che sarebbero diventati i futuri interpreti di “What the body does not remember”. Questo permise a un (allora giovane) anconetano di entrare nella compagnia di Wim Vandekeybus e partecipare alla creazione del lavoro.
Rimasto nella compagnia per molti anni, ne uscì poi per fondarne una sua.
E qui troviamo l’ultimo filo che unisce e raccorda il racconto di questo week-end marchigiano.

Dopo così tanti anni e una onorata carriera, che lo ha portato in giro per tutta Europa e anche in America, finalmente Simone Sandroni è tornato nella sua città di origine, con la propria compagnia Deja Donne, proprio il giorno dopo lo spettacolo che segnò, almeno simbolicamente, il suo inizio.

Martina La Ragione
Martina La Ragione nel suo Portrait (photo: dejadonne.com)
Lontano dall’estetica e dalla poetica del coreografo con cui ha lavorato per lungo tempo, Sandroni propone due dei ritratti che formano le “Portrait series”, una galleria di ritratti appunto, e non “soli”, come tiene a precisare.

Il primo disegna Martina La Ragione, danzatrice della compagnia dal 2009; l’altro Stefano Cipiciani, persona al di fuori della danza ma profondamente inserita nel mondo del teatro, soprattutto in quello invisibile ma fondamentale del “dietro le quinte”.

Episodi di vita a volte comici a volte tragici, narrati o danzati, tratteggiano le due vite, proprio come i tratti di un quadro, che suggeriscono anziché raccontare attraverso piccoli particolari, colori, pose. Così i due ritratti, pur mantenendo lo stesso impianto, si colorano di luci diverse: volto al futuro quello della giovane danzatrice, ripiegato nella memoria quello dell’uomo più maturo. Salda tecnica per lei, un corpo non artistico per lui, ma forse per questo anche più interessante nello sfidare e sfidarsi nella messa in scena; potente lei nella sua affermazione di “ballerina”, più vero e commovente lui nella disponibilità a mettersi in gioco, ripensando la propria vita nei sogni e negli errori che l’hanno segnata.

L’incontro con Simone Sandroni nel dopo spettacolo serve a rinverdire i tempi che furono, a svelare aneddoti sul lavoro con Wim Vandekeybus, risate, ricordi. Il cerchio pare chiuso.

WHAT THE BODY DOES NOT REMEMBER
regia, coregrafia Win Vandekeybus
con  Ricardo Ambrozio, Damien Chapelle, Tanja Marin Fridjonsdottir, Zebstian Mendez Marin, Aymara Parola, Maria Kolegova, Livia Balazova, Eddie Oroyan, Pavel Masek
musica originale Thierry De Mey & Peter Vermeersch
assistente coreografo Eduardo Torroja
aiuto regista Greet Van Poeck
styling Isabelle Lhoas
aiuto styling Frederick Denis
luci Francis Gahide/Davy Deschepper
produzione Ultima Vez in coproduzione con Centro di Produzione Inteatro Polverigi, Festival de Saint-Denis,Festival d’Eté de Seine- Maritime, Toneelschuur Produkties Haarlem
durata 1h 25’
applausi 3’

SPIC & SPAN_LATE & LIGHT VERSION
di e con Marco D’Agostin, Francesca Foscarini, Giorgia Nardin
coproduzione ALDES e OperaEstate Festival
durata 20’
applausi 1’

Visti a Ancona, Teatro delle Muse, il 22 febbraio 2013
TUTTO IN 1 GIORNO DANZA FESTIVAL

PORTRAIT SERIES – P.S. MARTINA LA RAGIONE | P.S. STEFANO CIPICIANI
regia e coreografia Simone Sandroni
creazione/interpretazione Martina La Ragione, Stefano Cipiciani
scenografie/costumi Lenka Flory
produzione Deja Donne con il sostegno di MiBAC, Regione Umbria, Comune di Tuoro sul Trasimeno, Fontemaggiore
durata 1h
applausi 2’

Visto a Ancona, Teatro Studio alla Mole, il 23 febbraio 2013
OFF/Side Teatro del Presente

 

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  1. says: Klp

    Gentile Marco,
    Grazie per la precisazione. Abbiamo cercato di darne evidenza all’interno dell’articolo.
    Buon lavoro
    la redazione

  2. says: Marco D'Agostin

    Gentile Stefania Zepponi,
    Le scrivo a nome del gruppo foscarini:nardin:dagostin.
    Le chiediamo di apportare un piccolo accorgimento all’articolo che ha dedicato al nostro lavoro e a quello di Win Vandekeybus.
    Come segnalato infatti anche dal programma di sala, quello che abbiamo presentato in occasione della manifestazione Tutto in 1 GIorno non è il nostro spettacolo “Spic & Span”, che ha una durata di 45 minuti e che viene di solito presentato in contesti teatrali con allestimento, costumi, musiche diversi.
    Dopo un dialogo con la direzione artistica dell’evento, infatti, abbiamo deciso di preparare una versione pensata specificatamente per il luogo e per il contesto in oggetto, e che dunque è risultata essere sostanzialmente differente dal nostro lavoro completo.
    Il nome che abbiamo dato a questa azione è “Spic & Span_late & light version”.
    La ringraziamo per l’attenzione,
    Marco D’Agostin

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