Dieci anni sono un periodo rilevante per una compagnia dall’anima composita. Fattoria Vittadini, atelier di danzatori di scuola Paolo Grassi che ha festeggiato i due lustri di vita con una “personale” a Milano, si dimostra gruppo coeso tra i più vivaci e meno accademici della scena contemporanea italiana.
La forza di Fattoria Vittadini sta nell’inesauribile progettualità; nella presenza simultanea di stili e gusti eterogenei; nelle frequenti interazioni con danzatori, coreografi e performer esterni; nella possibilità, riconosciuta a ciascun artista, di perseguire una propria ricerca individuale fuori dal collettivo. Ne nascono spettacoli dai ritmi e dai tempi non estetizzanti. Anche la contemporaneità si colloca in una dimensione inattuale.
I tre lavori presentati a dicembre a Teatro i e Zona K a conclusione di “It’s a little bit messy”, rassegna di danza organizzata da Fattoria Vittadini proprio in occasione di questi dieci anni, sono un esempio dello sperimentalismo stilistico e contenutistico della compagnia.
“Bastarda” (di Noemi Bresciani, Desirée Sacchiero, Irene Petra Zani) è una riflessione sul tema dell’identità ibrida. La protagonista è un essere androgino e terraqueo: sembra affiorare da un antro senza memoria. Un mantello sonoro composto di mitili diventa vela, scialle, simulacro. È un vello stregato che accompagna l’attività oracolare di questa specie di Sibilla.
Noemi Bresciani si muove solenne e guardinga. Danza su se stessa, il respiro perso, lo sguardo allucinato. Emette stridori. Produce echi sinistri. Partorita dal caos, affiora nel presente come magma che mischia luce e tenebre, che semina mostruosità e bellezza.
La coreografia evoca una trasformazione perenne tra cigolii e precipizi. Il gracchiare delle cozze raschiate, pulite, cotte in un’enorme marmitta, diffonde nella sala un odore salmastro. La danza sghemba, tribale, si fa flessuosa. Ogni gesto è accennato, ermetico. La performer, in una sequela di metamorfosi, armeggia con la vita per liberarsi del peso della materia e sublimare nell’arte la propria natura selvaggia.
“Eutropia” (progetto e coreografia di MariaGiulia Serantoni, con Chiara Ameglio, Cesare Benedetti e la stessa Serantoni per la drammaturgia di Irene Pozzi) è una danza sinuosa ispirata alle “Città invisibili” di Italo Calvino.
La scena diventa città, dimensione dinamica e utopica in cui convivono vibrazioni, luci e suoni. È una realtà a specchi di amenità e lentezze, di relazioni e meditazioni. In una sorta di Lego spirituale, gli oggetti scenici sono smontati e ricomposti.
Luci piane creano una dimensione estetica dell’abitare. Sulla disgregazione prevale l’unità geometrica e lineare. È una sinergia di corse, movimenti, respiri simultanei. Percussioni di piatti, stoviglie e posate creano una sinfonia quotidiana. Un’armonia di voci assorbe lo spettatore in un labirinto mutevole.
“Vanitas” (concept di Francesca Penzo e Jacques-André Dupont, anche interpreti insieme a Vilma Trevisan) ribalta l’idea della morte come tabù. Sovverte l’iconografia barocca che rappresentava il trapasso come esperienza estrema, accompagnata da una riflessione sulla vanità dei beni terreni e sull’insipienza di coloro che s’affannano a conseguirli.
Per Francesca Penzo la morte non è fine, ma inizio. Inquadrata in una dimensione circolare, la vita non si esaurisce con la morte perché il corpo si trasforma in una fioritura di microorganismi. Nella metamorfosi che tutto rimescola avviene il trionfo degli impulsi vitali. Tra delicati paesaggi sonori affiora una concezione “ecologica” dell’esistenza. La decomposizione, descritta con acribia scientifica da una voce femminile fuoricampo, avvia una sequenza di movimenti fissi, schematici. Diventa danza.
Due donne fanno da corteo velato a un uomo nudo. È un rito propiziatorio che guida la trasfigurazione. Il corpo maschile si flette e accartoccia. Germoglia sopra di esso una danza sensuale, un rituale di immagini che uniscono microcosmo e macrocosmo e rimbalza verso il trascendente. Non è danza macabra, non c’è nulla di orrido. È levigatezza di pulsioni e colori, che sanciscono, in un patto leonino, l’euritmia tra uomo e universo.
BASTARDA
di Fragile Artists (Noemi Bresciani, Desirèe Sacchiero, Irene Petra Zani)
concept e drammaturgia Irene Petra Zani
regia, coreografia e interpretazione Noemi Bresciani
aiuto regia Desirèe Sacchiero e Irene Petra Zani
ideazione e creazione dell’opera PELLE Desirèe Sacchiero
musiche Giacomo Cella e Desirèe Sacchiero
fotografia e art direction Desirèe Sacchiero
disegno luci Andrea Rossi
con la partecipazione straordinaria di Paola Tintinelli
con il sostegno di Teatro Akropolis (Sestri Ponente); Spazio Teatro Invito (Lecco); El Otto – espacio de creaciòn de circo y teatro (Barcellona); Manifattura K (Milano)
Anno di produzione: 2016/2017
durata: 45’
applausi del pubblico: 2’ 20”
Visto a Milano, Teatro i, il 14 dicembre 2017
Prima assoluta
EUTROPIA
Progetto e coreografia MariaGiulia Serantoni
Assistente alla coreografia Maria Focaraccio
Interpretazione e creazione Chiara Ameglio Cesare Benedetti, MariaGiulia Serantoni Drammaturgia Irene Pozzi
Testi Alessandra Bordino
Musiche Stella Sesto
Ideazione scenografica Giacomo della Maria
Realizzazione scenografie Luca Negri
Costumi Arianna Fantin
Supervisione Tecnica Andrea Parolin
Produzione Fattoria Vittadini
con il sostengo di LaborGras Berlino
Anno di produzione 2017
durata: 20’
applausi del pubblico: 2’ 30”
Visto a Milano, Zona K, il 16 dicembre 2017
Anteprima
VANITAS
Concept Francesca Penzo, Jacques-André Dupont
Coreografia Francesca Penzo
Interpreti Vilma Trevisan, Jacques- Andrè Dupont, Francesca Penzo
Lavoro sui media Jacques-André Dupont
Sound design Clément Destéphen
Scene e costumi Gabriella Stangolini
Luci Giulia Pastore
Produzione Fattoria Vittadini, Festival Oriente Occidente
Con il sostegno di Piemonte dal Vivo; Leggere Strutture Bologna; Videophonic Residences Lione; DiDstudio Milano
Anno di produzione 2017
durata: 25’
applausi del pubblico: 2’ 45”
Visto a Milano, Zona K, il 16 dicembre 2017