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Rue Vandenbranden, la via di Peeping Tom verso l’estimità

Peeping Tom
Peeping Tom
Peeping Tom (photo: auditorium.com)

Contrariamente a quanto di solito accade nella danza contemporanea, così scarna nella scenografia, è molto teatrale il set scelto per l’ultima creazione di Peeping Tom, compagnia di danza belga tra le più innovative, che – dopo una trilogia “domestica” (composta dai recenti spettacoli “Le Jardin”, “Le Salon” e “Le Sous Sol”) – ha sentito il bisogno di confrontarsi con l’esterno e con il concetto di‘extimité’, termine coniato dallo psichiatra francese Jacques Lacan in opposizione a ‘intimité’.

E questa estimità serpeggia per tutto lo spettacolo, durante il quale buffi personaggi di un piccolo centro montano si scontrano e si rincorrono per nascondere le loro solitudini. Ecco allora che la coppietta felice non lo è più tanto, gli amici si tradiscono e la donna sola incinta è vittima del pregiudizio. Personaggi ai margini, quasi derelitti, che invadono il palco e si ritraggono.

La scena è una via, come suggerisce il titolo, “32, rue Vandenbranden”: un paesaggio di provincia con neve e case prefabbricate che fa pensare a Jon Fosse o a qualche altro drammaturgo scandinavo.
Sullo sfondo un cielo sconfinato (un ciclorama di trenta metri per otto) che è il contrario della condizione dei protagonisti, antitesi della situazione rappresentata. Un cielo che potrebbe sembrare la salvezza ma non lo sarà.
Dopo queste premesse ci aspetteremmo un dramma con personaggi innevati, mentre troviamo gesti e movimenti di una danza veramente innovativa. Una danza che esalta un intrico di rapporti spesso malati, di solitudini annunciate: un continuo gioco corporeo fatto di sparizioni, sovrapposizioni e annullamento della forza di gravità. È una danza che sfida la grazia ma ispira fiducia, che annulla i cliché e intenerisce, spingendo il corpo oltre il proprio limite, e declinando la fisica oltre il suo significato.
La danza diventa così anche un atteggiamento ironico, soprattutto grazie ai due danzatori asiatici che interpretano la coppia di amici.

Che succede, di fatto, nello spettacolo? C’è l’attesa per un fidanzato, un’intimità domestica violata, un voyeurismo che sembra normalità. I giovani protagonisti entrano ed escono continuamente da queste casupole a elemosinare brandelli di umanità.
Attraverso stili di danza personalissimi va in scena la definitiva condanna di un Nord del mondo freddo nei sentimenti oltre che nelle temperature. Il tutto si compie utilizzando parole che non hanno bisogno di essere capite, corpi ingarbugliati o in perfetta coordinazione, musica classica e Pink Floyd cantati dal vivo.

Più del teatro, più della danza. Capita di rado di assistere a uno spettacolo pensando di essere di fronte a qualcosa di veramente nuovo. Ogni tanto accade.

32, RUE DE VANDENBRANDEN
ideazione, direzione: Gabriela Carrizo e Franck Chartier
danza, creazione: Seoljin Kim, Hun-Mok Jung, Marie Gyselbrecht, Jos Baker, Sabine Molenaar, Eurudike De Beul
drammaturgia: Nico Leunen, Hildegard De Vuyst
scenografia: Peeping Tom, Nele Dirckx, Yves Leirs, Frederik Liekens
costruzione set: KVS-atelier, Frederik Liekens
design luci: Filip Timmerman, Yves Leirs
costumi: Diane Fourdrignier, Hyo Jung Jang
durata: 1h 21’
applausi del pubblico: 5’ 05’’

Visto a Roma, Auditorium Parco della Musica – Sala Petrassi, il 26 febbraio 2011

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