4000 miglia: Angela Ruozzi porta in Italia l’avvincente testo di Amy Herzog

4000 miglia (ph: Alice Vacondio)
4000 miglia (ph: Alice Vacondio)

Il progetto di MaMiMò ed Emilia Romagna Teatro è vincente e appassiona il pubblico al suo debutto a Bologna

La curiosità e l’interesse per la drammaturgia contemporanea anglofona ha portato la regista Angela Ruozzi, della compagnia teatrale MaMiMò di Reggio Emilia, a misurarsi con la scrittura di Amy Herzog, autrice statunitense pluripremiata, particolarmente intrigante per la sua capacità di parlare del presente attraverso la costruzione psicologica dei personaggi.
L’attenzione della regista italiana ricade in particolar modo su “4000 miles”, testo vincitore dell’Obie Award nel 2011, nonché finalista al Premio Pulitzer per la drammaturgia nel 2013.

Ancor prima di dedicarsi all’allestimento, Angela Ruozzi si è cimentata lei stessa nella traduzione del testo originale, entrando così nell’universo della Herzog attraverso un lento percorso conoscitivo. Benché quella prima stesura sia stata poi abbandonata per affidarsi alla traduzione professionale di Monica Capuani, la messa in scena ha certamente beneficiato di quel primo atto creativo, permettendo alla regista di interiorizzare la drammaturgia a partire da un processo del tutto personale di rielaborazione linguistica.

Il testo propone con frizzante leggerezza un intenso intreccio familiare, ambientato ai giorni nostri, che si snoda dal momento in cui Leo, un ventenne un po’ hippy, piomba senza preavviso a casa della nonna Vera, che abita da sola all’età di novantadue anni nel cuore di West Village, a Manhattan.
L’anziana signora, rimasta vedova del secondo marito, trascorre le giornate pressoché chiusa in casa, faticando ad affrontare l’insorgere delle difficoltà legate alle vecchiaia. Le fanno compagnia gli innumerevoli ricordi di una vita e gli ideali comunisti ai quali è ancora fortemente legata.
Leo invece è in piena crisi identitaria post-adolescenziale. In cerca della propria strada, si cimenta in un lunghissimo viaggio coast to coast, ma al suo rientro tutti i problemi da cui fuggiva tornano nuovamente ad assalirlo, e lui non riesce ad esprimere in maniera chiara il proprio sentire.

Il tema portante dello spettacolo, il viaggio, si presenta al pubblico già dalla prima scena, con l’arrivo di Leo in bicicletta con zaino e sacco a pelo. È stremato dopo l’estate in sella da Seattle a New York. Ha bisogno di una doccia, di mangiare, di riposarsi; la nonna lo accoglie amorevolmente, nonostante il suo arrivo improvviso le generi tensioni. La comunicazione tra i due in effetti non è certo facile: ogni qual volta Vera provi a chiedere delle spiegazioni, Leo diventa immediatamente irrequieto, arrogante, difficile da trattare. La nonna, dal canto suo, abituata a gestirsi in solitudine, tende a isolarsi: dimentica d’accendere l’apparecchio acustico, spesso le mancano le parole e non riesce ad esprimersi come vorrebbe…
Eppure, poco alla volta, tra incomprensioni e conflitti generazionali, i problemi che li tormentano verranno allo scoperto. In particolare saranno le vicende di Leo (una storia d’amore finita male e i sentimenti confusi nei confronti della sorella adottiva) ad invadere sempre di più la lenta e pacata quotidianità della nonna, che si ritrova a dover gestire anche le visite di Beck, ex fidanzata di Leo, e l’apparizione di una nuova fiamma, Amanda. In realtà l’impeto giovanile del nipote e tutto il trambusto emotivo che porta con sé risultano uno stimolo per l’anziana signora, che riesce a ritrovare dei lati nascosti di sé che sembravano essersi spenti.
Giorno dopo giorno, nonna e nipote scopriranno così di avere molte cose in comune, e tra loro s’instaurerà un profondo legame di amicizia.

Ecco emergere dunque il vero nucleo tematico dello spettacolo: il viaggio interiore che i personaggi devono compiere per riuscire a rielaborare il lutto. Vera deve accettare la perdita del marito e trovare un nuovo equilibrio, una nuova vitalità per potersi godere l’ultima fase della vita… Leo invece deve affrontare un trauma terribile per la sua giovane età: la morte improvvisa del migliore amico, investito da un camion mentre pedalavano assieme nel Kansas.
L’arco drammaturgico si conclude quando Leo e Vera troveranno gli strumenti per supportarsi a vicenda, riuscendo a compiere un percorso di crescita e maturazione che li legherà in maniera indissolubile.

Questa la trama, che abbiamo ritenuto importante raccontarvi, seppur a grandi linee, trattandosi di un testo ancora sconosciuto in Italia, che finalmente, dopo i grandi successi riscossi prima a Broadway, poi in Gran Bretagna e in Australia, arriva alle nostre platee debuttando al Teatro delle Moline di Bologna, grazie alla coproduzione con ERT.

La sera della prima si respira una certa eccitazione all’ingresso del teatro per questo debutto nazionale. Mentre il pubblico fa il suo ingresso in sala, viene distribuito un piccolo libricino con l’indicazione di sfogliarlo ogni qual volta la luce lo consenta. Dopo che tutti hanno preso posto, trascorrono ancora un paio di minuti prima dell’entrata degli attori, dando così il tempo agli spettatori d’osservare la scena e di sfogliare il libretto ricevuto. Questa scelta registica risulta particolarmente attraente, generando una certa curiosità tra gli spettatori che chiacchierano tra loro, scambiandosi le prime impressioni.
Il libro si presenta come una sorta di diario di viaggio, ricco di foto, appunti, ricordi… Diviso in sezioni, introduce i personaggi visivamente, mettendoci in contatto diretto con la loro intimità, fatta di dubbi, paure, ma anche di sogni, speranze e buoni propositi.

La scena, illuminata in maniera soffusa, raffigura un raffinato salotto con un grande divano centrale, un tappeto spesso e pesante, quattro piantane e pile di libri antichi che delimitano lo spazio. Tutto si svolgerà in quest’ambiente, ad eccezione di qualche scena nel terrazzino che si intravede sullo sfondo dell’abitazione.
L’impostazione cinematografica dello spettacolo, a partire dal casting (la Ruozzi ha selezionato gli attori per età e caratteristiche somatiche affinché aderissero alle specificità dei personaggi pensate dalla Herzog), indirizza la recitazione verso una ricerca oculata del naturalismo, sia nella verbalizzazione sia nella fisicità. In fase di prova Ruozzi ha guidato gli attori utilizzando approcci creativi differenti in base alle specifiche esigenze attoriali. La regista racconta, ad esempio, che con Lucia Zotti (Vera) ha lavorato per ripetizione, partendo dalla creazione di una partitura fisica meticolosa per poi arrivare a “sporcarla” lasciando margini all’improvvisazione. Invece con gli attori più giovani (Alessio Zirulia, Lorena Nacchia e Annabella Lu) avrebbe lavorato al contrario, guidandoli prima nella costruzione dei personaggi attraverso l’improvvisazione per poi andare a chiudere e a fissare le partiture fisiche. Colpisce dunque il modo in cui questo gruppo di attori – così diversi tra loro per età ed esperienza -, assieme per la prima volta, abbia saputo amalgamarsi, facendo squadra in appena quattro settimane di prove.

L’interpretazione della Zotti è strepitosa: si distingue per la raffinatezza delle espressioni facciali e per la sapiente modulazione della voce; rappresenta il personaggio di Vera con la dovuta leggerezza e ironia, riuscendo a restituirla in tutto il suo spessore. Magistrale l’interpretazione di Alessio Zirulia nel ruolo di Leo: la fisicità caotica e dirompente con cui incarna il fervore giovanile del suo personaggio denota uno spiccato talento per la recitazione d’impronta naturalistica, riuscendo a conferire estrema spontaneità e credibilità a lunghe sequenze di azioni quotidiane. Quel che colpisce, oltre all’illusione di veridicità, è il modo in cui l’attore esplora la dimensione sensoriale in stretto collegamento con l’emotività del personaggio. Tutto ciò si ritrova anche nell’approccio alla parola detta, optando perlopiù per un ritmo concitato, adottando un’ampia gamma di tonalità e di registri vocali che spesso cambiano in maniera repentina, rispecchiando così il carattere volubile del suo personaggio.

Le attrici più giovani (scovate dalla Ruozzi scandagliando le accademie per ricoprire i ruoli minori) contribuiscono all’allestimento con fresca energia: Lorena Nacchia si cala nel personaggio di Rebecca con misura ed equilibrio, giostrando l’enfasi coerentemente con gli stati d’animo di una ventenne in tumulto amoroso; Annabella Lu invece si lancia nel ruolo di Amanda con impeto e fervore, sfruttando il potenziale seduttivo insito in una bella ragazza piena di ambizioni.

Sposando appieno l’intenzionalità dell’autrice, la regia si mette a servizio totale della tragicommedia, guidando gli attori in un lavoro certosino di esplorazione del sotto testo, lasciando poi ampio spazio alla creatività di ciascun attore. Il risultato è uno spettacolo estremamente coinvolgente per il pubblico, che si ritrova avvinghiato agli accadimenti interiori dei personaggi, partecipando al loro pathos come fosse il proprio. Questa forte sensazione di vicinanza è amplificata dalla scelta registica di creare dei brevi momenti, tra una scena e l’altra, in cui pubblico può decantare gli accadimenti: in scena le luci si fanno soffuse, mentre una maggiore illuminazione a favore di pubblico lascia nuovamente spazio al libretto. Gli spettatori si ritrovano così ad interagire con i personaggi in maniera del tutto personale, instaurando uno stretto legame di vicinanza ad ogni pagina che sfogliano.

Felici di aver assistito alla prima di questo spettacolo, ci auguriamo che la scena teatrale del nostro Paese sappia raccogliere sempre più spesso gli stimoli che giungono dall’incontro con autori contemporanei di altre nazionalità; nella speranza che anche in Italia si possa investire maggiormente in produzioni di nuova drammaturgia che, come abbiamo visto, quando è ben fatta, riesce ad attrarre la curiosità del pubblico avvicinandosi maggiormente alla quotidianità delle persone, così come è riuscita a fare Amy Herzog in modo a dir poco sublime.

4000 MIGLIA
di Amy Herzog
traduzione Monica Capuani
regia Angela Ruozzi
con Lucia Zotti, Alessio Zirulia, Lorena Nacchia, Annabella Lu
scene e costumi Stefano Zullo
luci Giulia Pastore
grafica Eva Miškovičová
produzione MaMiMò, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

Durata: 1h 30′
Applausi del pubblico: 2′

Visto a Bologna, Teatro delle Moline, il 21 febbraio 2023

 

 

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