53^ Giornata Mondiale del Teatro. Warlikowski: cerco i miei maestri lontano dal palco

Krzysztof Warlikowski
Krzysztof Warlikowski
Krzysztof Warlikowski

“I veri maestri del teatro è più facile trovarli lontano dal palcoscenico. E in genere non hanno alcun interesse per il teatro come macchina che replica convenzioni e che riproduce cliché. I veri maestri del teatro cercano la fonte pulsante, le correnti viventi che tendono a oltrepassare le sale di spettacolo e le folle di persone curve a copiare un mondo o un altro. Noi copiamo, invece di creare mondi che si concentrino o che dipendano da un dibattito con il pubblico, dalle emozioni che si gonfiano sotto la superficie. Ma in realtà non vi è nulla che possa rivelare le passioni nascoste meglio del teatro”.

Inizia così il messaggio che Krzysztof Warlikowski, tra i più importanti registi europei della sua generazione, rivolge alla comunità mondiale teatrale in occasione, questo 27 marzo 2015, della 53^ Giornata Mondiale del Teatro sostenuta dall’International Theatre Institute.
L’uomo di teatro si rivolge infatti alla letteratura per trovare ispirazione e uno sguardo di riflessione diverso sul mondo. Lo fa citando grandi figure del passato ma anche nominando uno dei narratori a noi contemporanei più significativi, acuti ed incisivi, il sudafricano Coetzee:

“Il più delle volte mi rivolgo alla prosa per avere una guida. Giorno dopo giorno mi trovo a pensare a scrittori che quasi cent’anni fa hanno descritto profeticamente, ma anche in maniera misurata, il declino degli dei europei, il crepuscolo che ha immerso la nostra civiltà in un buio che deve ancora essere illuminato. Penso a Franz Kafka, Thomas Mann e Marcel Proust. Oggi vorrei anche includere John Maxwell Coetzee in quel gruppo di profeti.

Il loro senso comune della inevitabile fine del mondo – non del pianeta, ma del modello delle relazioni umane – e dell’ordine sociale e del suo sconvolgimento, è di grande attualità per noi qui e ora. Per noi che viviamo dopo la fine del mondo. Che viviamo davanti a crimini e conflitti che scoppiano ogni giorno in nuovi luoghi, persino più velocemente di quanto i media onnipresenti non riescano a seguire. Questi incendi diventano rapidamente noiosi e spariscono dalle cronache, per non tornare mai più. E ci sentiamo impotenti, inorriditi e circondati. Non siamo più in grado di innalzare torri, e i muri che ostinatamente costruiamo non ci proteggono da niente – al contrario, essi stessi chiedono una protezione e una cura che consumano gran parte della nostra energia vitale. Non abbiamo più la forza per cercare di intravedere ciò che sta oltre il cancello, al di là del muro. E questo è esattamente il motivo per cui il teatro dovrebbe esistere e il luogo dove dovrebbe cercare la sua forza. Per gettare uno sguardo laddove è vietato guardare.

“La leggenda cerca di spiegare ciò che non può essere spiegato. Poiché è radicato nella verità, deve finire nell’inspiegabile”: così Kafka descrive la trasformazione della leggenda di Prometeo.
Sento fortemente che le stesse parole dovrebbero descrivere il teatro. Ed è quel tipo di teatro, che è radicato nella verità e che trova la sua fine nell’inspiegabile, che auguro a tutti i suoi lavoratori, quelli sul palco e quelli tra il pubblico, e lo auguro con tutto il mio cuore”.

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