La sirena livida di Teatro delle Moire: Vous êtes pleine de désespoir

Photo: Michela Di Savino
Photo: Michela Di Savino

È un’area smisurata fredda e asettica, ricavata da un capannone dalle pareti nivee, lo Spazio O’ di via Pastrengo a Milano. Qui il Teatro delle Moire ha suggellato la 18^ edizione di Danae Festival con “Vous êtes pleine de désespoir”, creazione nata dalla collaborazione con Alessandro Bedosti, attore e danzatore dal percorso sempre più intimista con alle spalle sodalizi importanti (tra gli altri Socìetas Raffaello Sanzio e Abbondanza/Bertoni).

Appendice dicembrina di Danae, “Vous êtes pleine de désespoir” (“Voi siete piena di disperazione”) è una performance in cui ad affiancare lo stesso Bedosti sono Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani.

È una rielaborazione del mito della sirena. Siamo in una dimensione ipnotica. Ma se la parola “mito” in greco significa “racconto”, qui siamo al grado zero della narrazione, perché di parola non ne viene usata neppure una.
Lo spettacolo, decisamente ermetico, si apre a diverse interpretazioni. Del resto, il termine “mito” è in qualche modo connesso con il disarticolato suono onomatopeico che nasce dall’atto di serrare le labbra. Appartengono allo stesso campo semantico parole come “muto”, “mistico, “mistero”. Ognuna di esse è adatta – con sfumature diverse – a rendere la persistente afasia e l’impenetrabilità di quest’ultima produzione delle Moire.

In un silenzio meditativo, tutto è ghiaccio e vuoto cosmico. Due uomini in bianco sembrano refrattari a qualunque sensazione. Sono smarriti nella vertigine spazio-temporale. Anche le luci sono algide, diffondono un chiarore uniforme su uno spazio scenico senza soluzione di continuità tra palco e platea.
Un suono sordo ossessivo echeggia come mantra. È un sibilo sbilenco. Qualcosa viene trascinato dall’esterno: è un corpo femminile nero, pesante, dalle fattezze irriconoscibili, avvolto in un cellophane. È una presenza-assenza dai connotati generici. Depositato su una lastra bianca, quel corpo è un reperto dal passato misterioso. Pur nella propria consistenza amorfa, impone al pubblico una quiete senza respiro, mentre le due figure maschili producono pose insondabili: sguardi disperati, gesti di dolore, oppure indifferenti corse incappucciate.

La morte campeggia in scena e ha l’aspetto di una livida sirena naufragata. Ma a naufragare è soprattutto la parola. È un monito contro l’oratoria ipertrofica, contro la logorrea vuota ed estetizzante. Ora i gesti lenti, solenni, svelano un’intrinseca religiosità. La morte è sentimento primitivo. È caos, cecità. È solitudine che s’insinua nella fragile sorte umana. C’è sgomento e ansia negli sguardi dei due uomini. Persino i loro gesti più banali serbano qualcosa di sacro.

Il tempo fuori della scena scorre lento e inesorabile. La quiete è disfacimento. Sul finire, una figura maschile incede in scena barcollante con l’aiuto di un girello. Si rinnova quel senso di caducità che una cortina di cellophane non basta a nascondere.

Con “Vous êtes pleine de désespoir” la disperazione pare prendere possesso della scena. Una quiete soprannaturale s’impadronisce di noi. Siamo pervasi dal silenzio. Ci allontaniamo muti, senza osare un applauso.
La performance in sordina di De Santis, Nicoli Cristiani e Bedosti ci rende religiosamente uomini. Ci scardina dalle nostre protezioni. Senza diaframmi, ci proietta nel nostro destino. Siamo svelati in una nudità primordiale. Siamo fragili, soli, innocenti. Il gesto essenziale, scavato dai performer, rivela in senso radicale la nostra condizione umana.

VOUS ÊTES PLEINE DE DÉSESPOIR – UNA SIRENA
di e con Alessandro Bedosti, Alessandra De Santis, Attilio Nicoli Cristiani
scena Adriana Renna
costumi Elena Rossi
con l’accompagnamento di Cinzia Delorenzi, Antonella Oggiano, Filippo M. Ceredi
foto Michela Di Savino
residenza artistica Olinda
produzione Teatro delle Moire
con il contributo di NEXT/Regione Lombardia e Fondazione Cariplo
grazie a Luca Scarlini per i materiali e le suggestioni sulla figura della Sirena

durata: 45’

Visto a Milano, Spazio O’, il 13 dicembre 2016
Prima assoluta

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