Mio Eroe. Una voce, quella di Giuliana Musso, per mille silenzi

Photo: giulianamusso.it
Photo: giulianamusso.it

E’ bene dirlo subito: Giuliana Musso, attrice e autrice veneta poi adottata da Udine, è un’artista che vale la pena seguire.
Sa essere lieve e intensa come pochi, e arriva in scena solo con l’indispensabile.

Nelle sue drammaturgie o “testimonianze”, come lei stessa preferisce chiamarle, portate sul palco con grande aderenza ed efficacia, si avverte sempre un profondo rispetto sia per quelle vite a cui attinge, sia per il pubblico di cui è a servizio come punto d’osservazione e incontro.
Nei suoi spettacoli l’attrice rimane in filigrana, così come la scuola e la tecnica raffinata che le appartiene. L’intento non è quello di accentrare su di sé l’attenzione, ma di portare lo spettatore a vedere oltre ciò che è “teatro”, stimolando in questo modo la partecipazione.

Accade anche nell’ultimo lavoro autoriale “Mio Eroe”, in cui si coglie effettivamente tutta la viva emozione di cui sono pregni i racconti delle tre madri che ne compongono la drammaturgia; così come i dettagli espressivi delle stesse, le inflessioni dialettali, il pensiero riflessivo o avventato, come se questo nascesse nell’immediato.

Il lavoro presentato al Teatro di Ca’ Foscari di Venezia, e fresco di premio alla quarta edizione di Cassino Off 2017, raccoglie in tre lineari e intensi racconti il tema della guerra. In particolare, è ispirato alla biografia di alcuni dei 53 militari italiani che hanno perso la vita in Afghanistan durante la missione ISAF tra il 2001 e il 2014.
Le voci inconsolabili, ma lucide, in cui si avvicendano ricordi, interrogativi, incredulità, amore e dolore, sono quelle delle madri di Mauro, Stefano e Micky.
Le voci sono tre, ma la loro eco parla in qualche modo anche per tutte le altre.

Con la diversità dello sguardo, i piccoli cambiamenti gestuali (la seduta di tre quarti, la mani raccolte, la camminata avanti e dietro per l’intimo giardino di rose in cui è ambientato il tutto) e attraverso spostamenti lessicali la Musso è come se cambiasse fisionomia, e quelle tre donne diventano ben visibili e presenti. Così come lo sono i tre ragazzi: i loro caratteri, alcune vicende dello loro vita, le aspirazioni, le scelte.

Ne emergono ritratti nitidi, tridimensionali, che svelano cosa si nasconde dietro il viso sorridente di foto anonime, veloci e sfocate che appaiono solitamente nei mezzi di comunicazione, dove le guerre si raccontano.
Quel chiamare materno il proprio figlio “mio eroe” arriva come un bellissimo e commovente atto d’amore, di stima e comprensione.
Ci sono abissi di dolore mimetizzati in ogni racconto, che pur nella drammaticità, e nell’impulso di rabbia e passione che a volte prende il sopravvento, mantiene pur sempre una certa integrità e umiltà; in questo si contraddistingue ancora una volta l’attrice, che non cerca di cavalcare il dolore, la tragedia, ma accompagna ogni racconto con affezione, autenticità e discrezione.

Mentre i racconti si dipanano al suono grave del violoncello, ci si sente avvolti e coinvolti, come in una sorta di abbraccio che stringe a sé e commuove.
In quel piccolo giardino di rose, che pare evocare in modo terribile la Valle delle Rose, così come viene tradotta in italiano la zona calda del Gulistan afghano, “Mio Eroe” diventa sì un altare alla memoria e alla vita, ma nella sua alta semplicità è anche uno sguardo etico e politico, un discorso pacato e intelligente sui paradossi, i conflitti di potere, sulla mancanza di risposte che abbiano un senso, un valore per tutti.
In scena il 21 aprile a Verbania.

Mio Eroe
di e con Giuliana Musso
con la complicità di Alberto Rizzi
scene e assistenza Tiziana De Mario
musiche eseguite da Andrea Musto
direzione tecnica Claudio “Poldo” Parrino
foto Adriano Ferrara
organizzazione Miriam Paschini
produzione La Corte Ospitale

duranta: 1h 15′
applausi del pubblico: 2′ 10″

Visto a Venezia, Teatro Ca’ Foscari, il 15 marzo 2017

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