Il Tamerlano di Livermore tra rivoluzione bolscevica e cinema

Placido Domingo nel Tamerlano di Händel (photo: Brescia/Amisano - Teatro alla Scala)
Placido Domingo nel Tamerlano di Händel (photo: Brescia/Amisano - Teatro alla Scala)

L’amore incondizionato per l’opera barocca ci porta al Teatro alla Scala per assistere, 15 anni dopo averla ascoltata dal vivo per la prima volta a Lille, al “Tamerlano”, opera seria in tre atti che il grande compositore tedesco, naturalizzato inglese, George Frideric Handel scrisse per la compagnia teatrale Royal Academy of Music, società che a Londra operava sotto la concessione reale per la produzione di opere italiane, su un testo di Nicola Francesco Haym, composto mescolando il “Tamerlano” di Agostino Piovene con un altro libretto, il “Bajazet” proveniente da “Tamerlan, ou La Mort de Bajazet” di Nicolas Pradon.

L’opera fu eseguita per la prima volta al King’s Theatre di Londra il 31 ottobre 1724, e in seguito prodotta ad Amburgo con il recitativo in tedesco e le arie in italiano.
Dimenticata per molto tempo, come accadde spesso per queste opere, fu riportata in cartellone in epoca moderna, la prima volta a Karlsruhe nel 1924. La produzione vista alla Scala è stata realizzata in coproduzione con il Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia.

Protagonista dell’opera è Tamerlano, il famoso imperatore tartaro, difensore di letterati e costruttore dei bellissimi palazzi che orlano Samarcanda, vissuto alla fine del ‘300, che all’inizio del capolavoro di Handel ha sconfitto e fatto prigioniero il sultano ottomano Bajazet.
Il principe greco Andronico, alleato del vincitore, che ama – corrisposto – la di lui figlia Asteria, ottiene dall’imperatore che Bajazet sia liberato. Di Asteria, come spesso accade nell’opera lirica, è innamorato anche Tamerlano, che era però destinato a sposare Irene, la principessa di Trabisonda. Tamerlano, che ignora l’amore tra i due giovani, decide diversamente, preferendo dare Irene in moglie ad Andronico, invogliandolo a conquistare per sé Asteria. Lei, smarrita, pensa di essere stata tradita da Andronico e decide di accettare la proposta di Tamerlano per salvare il padre. Ma Bajazet nega il consenso alle nozze di Asteria con Tamerlano, e consiglia ad Andronico di rassicurare Asteria sul loro amore. Andronico esita, temendo di nuocere a Bajazet.

A fronte di tutti questi legami amorosi e di potere, fra tentativi di suicidio e di assassinii, i tre atti dell’opera si consumano attraverso arie che esprimono i vari sentimenti di Tamerlano, Bajazet, Andronico, Asteria, Irene, a cui si aggiunge il confidente di Andronico, Leone.

Alla fine dell’opera l’imperatore, scosso da tutti questi eventi dagli affetti contrastanti e colpito dal suicidio di Bajazet, nonché dalle suppliche di Irene, perdona Asteria e Andronico, consentendo alle loro nozze. L’opera si conclude con un duetto d’amore tra Tamerlano e Irene, mentre il coro canta della capacità dell’amore di salvare la luce dal buio.

Il regista Davide Livermore trasporta il Tamerlano in tempi più prossimi a noi e in altri lidi, trasformando la guerra fra Turchi e Tartari nella rivoluzione bolscevica: l’imperatore tartaro, che tiene rinchiuso nel suo palazzo il sultano sconfitto Bejazet e sua figlia, si trasforma in Lenin/Stalin, e lo fa arrivare in scena con il famoso treno proveniente da Zurigo; Bejazet diventa lo Zar Nicola II, mentre Andronico, il principe greco un po’ idealista alleato di Tamerlano, diventa l’eroe positivo col carattere in qualche modo di Trotskij; Leone dal canto suo è trasformato in Rasputin.

Le opere di Handel sono costruite per la quasi totalità dei casi in sublimi arie singole, dove le relazioni tra i personaggi, come pure l’impianto più prettamente teatrale, vengono ridotti al lumicino, anche se quest’opera contiene tra gli altri un trio, un arioso e due meravigliosi duetti oltre al coro finale.
Per ovviare a ciò il regista Livermore, aiutato dalle scene ideate in collaborazione con Giò Forma e dai sontuosi costumi di Mariana Fracasso, concepisce il suo Tamerlano come una specie di divertissement che trasferisce l’opera durante la rivoluzione bolscevica.
Come accade spesso nelle regie di Livermore (“Ciro in Babilonia”, “Turco in Italia”) il cinema all’inizio irrompe sul palco con immagini che rimandano al maestro russo Ėjzenštejn, ma anche all’Anna Karenina di Clarence Brown, tratto dall’omonimo romanzo di Lev Tolstoj con la Garbo.
Il cinema è omaggiato anche con alberi che scorrono nella Russia innevata, scoppi di bombe, turbini di cicloni e nuvole tempestose.

Dopo il primo atto, in cui troneggia il treno di Tamerlano/Lenin, ecco l’interno e l’esterno del Palazzo d’Inverno, dominato da un enorme bandierone rosso, e poi da una grande scalinata, mentre in scena i soldati delle due fazioni si fronteggiano con begli effetti di moviola al contrario e di slow motion.

Tamerlano è interpretato in modo lusinghiero dal contraltista americano Bejun Mehta, anche se a lui Handel concede non molto spazio, e infatti insieme a Placido Domingo (Bajazet), di cui parleremo dopo, la vera star dell’opera è il controtenore Franco Fagioli (Andronico), che man mano prende scena e sostanza di voce, interpretando in modo stupefacente le sue arie, soprattutto quelle del secondo atto (“Cerco invano di Placare l’amor mio”, “ Più di una tigre altero”, “No, che del tuo gran cuor”).
Placido Domingo presta la voce e le sue sembianze a Bajazet. Il timbro e il fraseggio del vecchio leone della scena sono inconfondibili (bellissimo il suo “Cara figlia”), ma nelle arie di furore (“Empio, per farti guerra”, “Ciel e terra armi di sdegno”) la voce fatica e non poco.
Asteria, la figlia di Bajazet contesa tra Tamerlano e Andronico, è Maria Grazia Schiavo, assai brava e agile nelle cadenze, e sempre in linea con il fraseggio hendeliano.
Irene è interpretata dal mezzosoprano Marianne Crebassa, che regge molto bene il suo ruolo, sia nel portamento che nella voce. Corretto il Leone di Christian Senn.
Infine Diego Fasolis, che con l’Orchestra del Teatro alla Scala dotata di strumenti antichi restituisce in modo soddisfacente tutte le sfumature dell’animo umano che quest’opera possiede.
In scena fino al 4 ottobre.

Tamerlano
di Georg Friedrich Händel
Opera in tre atti
Libretto di Nicola F. Haym da Agostino Piovene
Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Direttore Diego Fasolis
Regia Davide Livermore
Scene Davide Livermore e Giò Forma
Costumi Mariana Fracasso
Lighting Designer Antonio Castro
Video Videomakers d-Wok

CAST
Tamerlano Bejun Mehta
Bajazet Plácido Domingo (12, 19, 22, 25, 27 sett.) Kresimir Spicer (30 sett.; 4 ott.)
Asteria Maria Grazia Schiavo
Andronico Franco Fagioli
Irene Marianne Crebassa
Leone Christian Senn

durata: 4 h 15′ inclusi intervalli

Visto a Milano, Teatro alla Scala, il 25 settembre 2017

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