Tropicana. Gli anni da bere troppo ghiacciati di Frigoproduzioni

I protagonisti di Tropicana (photo: Angelo Maggio)
I protagonisti di Tropicana (photo: Angelo Maggio)

I frivoli anni Ottanta sono un tema con cui la drammaturgia contemporanea ha fatto i conti più volte negli ultimi tempi: da “Stasera sono in vena” di Oscar De Summa, che dipingeva il decennio come un periodo in cui soldi e droga distraevano dal disastro imminente, a “Letizia forever”, con Rosario Palazzolo, che li rappresentava come anni “fabulosi” per certe fasce sociali, assurte a un benessere nuovo ma passeggero.

Frigoproduzioni solca il sentiero del decennio edonistico da una prospettiva originale: una canzone simbolo dell’estate e della leggerezza, che è in realtà un inquietante grido di denuncia di una società lobotomizzata davanti a uno spot televisivo, inconscia della deriva alle porte.
La canzone in questione è “Tropicana” del Gruppo Italiano, band-meteora scomparsa dalle scene poco dopo il successo grande e inaspettato del singolo. “Tropicana” fu hit dell’estate 1983 insieme all’altrettanto celebre “Vamos alla playa”, anch’esso in apparenza vacanziero, anch’esso non privo di riferimenti a temi forti come il rischio nucleare.
Nacque quell’anno la parola “tormentone”.

I componenti di Frigoproduzioni immaginano di essere i membri del Gruppo Italiano e mettono in scena, in un gioco metateatrale, un’ipotetica genesi della canzone.
L’autore (Francesco Alberici) racconta di un sogno apocalittico, in cui l’esplosione del vulcano, i danni dell’atomica e una città che brucia non riescono a catturare l’attenzione di un gruppo di amici che – serenamente intento a ballare con musica jazz in sottofondo – rimane immobile di fronte allo spot di un succo di frutta.
Il tema è angosciante, ma il chitarrista conosce il modo per farlo diventare un successo: mettere le parole forti del brano su un calypso orecchiabile, una struttura perfetta che non consenta margini d’errore.
La band è molto fragile e slegata. Tra malumori e litigi, ogni componente riesce a ritagliarsi lo spazio per un monologo. Scopriamo così le diverse anime del gruppo: l’autore, la cantante, il chitarrista, l’aiutante.
L’autore non è riconosciuto come capo. È il primo a rivelarsi, svelando al pubblico un meccanismo che poi sarà ripetuto tante volte quanti sono gli interpreti, con un gioco che così risulterà prevedibile.

La cantante (Claudia Marsicano), vero talento della lirica, fine conoscitrice della musica classica, dell’opera e del jazz, con anni di Conservatorio alle spalle e una passione che la segue dall’infanzia insieme al disagio di abitare un corpo ingombrante, è consapevole di prestare la voce a canzonette. Si piega alla dittatura del mercato per una crisi più esistenziale che economica. Mentre il chitarrista autodidatta (Daniele Turconi) incarna la visione più lucida e disincantata. È colui che ha studiato e conosce le regole del mercato e vorrebbe fare di “Tropicana” una canzone commerciale. È sua la riflessione sul mercato e sui meccanismi di realizzazione di un successo. C’è infine l’aiutante (Salvatore Aronica), il più giovane e buffo dei personaggi, immaturo e infantile, alla ricerca di un ruolo che il futuro successo del Gruppo Italiano avrebbe potuto dargli.

La riflessione tocca aspetti come il rapporto tra l’arte e il mercato e la superficialità del pubblico, riflesso di una società distratta dal refrain mellifluo della pubblicità.
Lo spettacolo si svolge su diversi piani: da una parte gli attori che, in modo realistico, interpretano i componenti della band; dall’altra gli stessi attori che diventano i protagonisti del testo della canzone; infine il piano metateatrale, in cui man mano si svela al pubblico la finzione, un gioco che tuttavia vira verso una sterile autoreferenzialità in assenza di un collante drammaturgico. Diventa escamotage posticcio dal quale resta fuori qualsiasi coinvolgimento emotivo.

A dare ritmo allo spettacolo alcune idee registiche riuscite, come l’uso della luce a scandirne i piani (realismo, finzione, metateatro), ma che qui sembra limitarsi ad un’unica scena ad effetto: quando un faro illumina i volti dei componenti intenti a sorseggiare la bevanda Tropicana davanti a una tv immaginaria.
Funziona la scenografia essenziale, composta principalmente da un grande telo verde, impreziosita da pochi oggetti di scena (delle bottigliette di vetro del succo di frutta Tropicana e gli strumenti musicali): si rivela un ottimo contrappunto al caleidoscopico lavoro. Riuscito anche l’utilizzo delle musiche, dalla hit che dà il titolo agli altri brani, solo citati o brevemente accennati dalla chitarra di Turconi.

Tropicana
un progetto di FRIGOPRODUZIONI
produzione Teatro i – Associazione Culturale Gli Scarti
con Claudia Marsicano, Daniele Turconi, Salvatore Aronica, Francesco Alberici
drammaturgia di Francesco Alberici
creazione collettiva a cura di Francesco Alberici
aiuto regia Daniele Turconi, Claudia Marsicano

durata: 50’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro i, il 14 ottobre 2017

0 replies on “Tropicana. Gli anni da bere troppo ghiacciati di Frigoproduzioni”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *