La scuola delle mogli di Arturo Cirillo. Il teatro comico e tragico di Molière

La scuola delle mogli (photo: Luca Del Pia)
La scuola delle mogli (photo: Luca Del Pia)

Tempo fa, rispondendo ad una nostra domanda, Arturo Cirillo ci confessò come si trovasse sempre a suo agio con il teatro di Molière. La riconferma di quelle parole è arrivata assistendo con grande divertimento ed adesione alla versione che il regista napoletano ha tratto da “La scuola delle mogli”, presentato al Teatro Elfo Puccini di Milano.

La commedia fu rappresentata per la prima volta il 26 dicembre 1662 nel Teatro del Palais-Royal e vede al centro della trama il ricco parvenu Arnolfo, interpretato dallo stesso Cirillo, che per mascherare la sua umile origine si fa chiamare Signor del Ramo. Il nostro, avendo avuto la disgrazia di essere tradito dalla moglie, affinché la cosa non possa più avvenire, dopo averla adottata, educa in tal senso la giovanissima Agnese, ponendola in una casa lontana dalle tentazioni, governata da due servi carcerieri, in modo che, diventata grande, non si possa innamorare di nessun altro uomo, se non di lui.

Al centro della scena Cirillo pone dunque la casa in cui vive la ragazza, una specie di “casa di bambola” girevole, stilizzata, di cui all’occorrenza si mostra l’interno con la camera-prigione di Agnese e l’esterno con una finestra assai “tentatrice” (le scene sono firmate da Dario Gessati), che si affaccia su una piazzetta dove avvengono gli incontri tra i vari personaggi.
Ed è proprio sotto questa casa che passa Orazio, figlio di Oronte, un amico di Arnolfo, il quale si invaghisce della ragazza e, non potendo fare a meno di lei, confessa le sue pene d’amore, dovute alla gelosia furiosa del futuro anziano marito della sua amata, ovviamente proprio ad Arnolfo, senza minimamente comprendere di averle confidate al suo rivale, a sua volta sempre più offeso ed imbestialito per il tradimento.
Va da sé che questo escamotage scenico mette in campo una serie di esilaranti meccanismi drammaturgici, compresi un decalogo per la moglie perfetta e agnizione finale, che pongono tutte le cose al loro posto, con grande scorno ovviamente del protagonista.

La leggerezza propria della farsa, attraverso la grande arte ormai matura di Molière, diventa una sorta di vera lezione, non certo nei confronti di Agnese per farla diventare una buona moglie, semmai di alta moralità per tutti, dove solo l’amore e l’intelligenza trionfano, e dove il cinismo di una società perbenista viene messo alla berlina.
Ma “La scuola delle mogli” si mostra sottilmente anche come una commedia a tratti melanconica, dove fa capolino l’affettuosa compassione per il povero Arnolfo, sconfitto dalla sua stessa caparbia ricerca della felicità, un personaggio a cui Cirillo offre credibilità di accenti, pur nella scelta della concitata recitazione che caratterizza l’impostazione del tutto.
L’interprete-regista impone infatti alla commedia un ritmo sì intriso di grazia, ma al contempo immerso in un convincente dinamismo contemporaneo, complici i movimenti a guisa di balletto dei protagonisti e della casa che gira spesso su sé stessa: Orazio (un ottimo Giacomo Vigentini) a suon di rap e hip hop ( le musiche sono di Francesco De Melis) diventa una specie di adorabile gaglioffo, con tanto di cappello da baseball, che si fa amare per la sua effervescente giovinezza, sempre protesa verso il futuro.
Valentina Picello dal canto suo delinea un’adorabile Agnese, bambola vestita di rosa, che pian piano prende vita, affermando la propria dignità di essere umano, finalmente indipendente, nella sua riconquistata felicità.
In scena fino al 10 marzo.

La scuola delle mogli
di Molière
traduzione di Cesare Garboli
regia Arturo Cirillo
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
musiche Francesco De Melis
luci Camilla Piccioni
con Arturo Cirillo, Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzigallo, Giacomo Vigentini
produzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile di Napoli

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 3 marzo 2019

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