L’Agnese di Leo Muscato. Il Regio di Torino riscopre Paer

La prima rappresentazione moderna dell'Agnese (photo: Edoardo Piva)|Photo: Edoardo Piva
La prima rappresentazione moderna dell'Agnese (photo: Edoardo Piva)|Photo: Edoardo Piva

Il marzo del Teatro Regio di Torino guarda fuori dal repertorio e apre porte e finestre al poco noto “Agnese” di Ferdinando Paer (1809). È effettivamente aria fresca: questo dramma semiserio in due atti (tratto dalla commedia “Agnese di Fitz-Henry” di Filippo Casari, che a sua volta attinge al romanzo “The Father and the Daughter di Amelia Opie”), segregato nel dimenticatoio per lungo tempo, torna alla ribalta per la colorata e intelligentemente ironica regia di Leo Muscato, che accompagna le partiture proposte al loro meglio – tutta l’opera del 1809, più le arie di Ernesto e di Agnese del 1819, e il duetto tra i due del 1824.

Qualche dato storico può fornirci una misura della portata innovativa di questa scelta. Ferdinando Paer (parmense di origini tedesche) era un personaggio assai in vista nella sua epoca: fu maestro di composizione di Liszt, introdusse Bellini al mondo della musica e Napoleone se lo garantì come compositore di corte. In mezzo a più di una cinquantina di opere, l’”Agnese” godette di un notevole successo: venne portata a Napoli, Dresda, Roma, Venezia, Milano; poi Berlino, Monaco, Londra, fino ad approdare Théâtre Italien di Parigi nel 1819, del quale poi divenne direttore. In Francia venne apprezzato l’equilibrio delle parti, l’ottima fattura – quasi artigianale -, la tenera umanità, in netto contrasto con la “ridondanza” e l’impulso di Rossini, che in quegli stessi anni trionfava sui palcoscenici italiani.
E’ da questo accostamento al celeberrimo compositore pesarese che s’inquadra il valore storico dell’”Agnese”: è un opera di transizione, un ponte fra due codificazioni musicali che non possono essere studiate come mondi espressivi scissi l’uno dall’altro. Paer vede una strada e la imbocca, forte di una formazione che gli permette di vedere più da vicino le radici del nascente e prolifico corso artistico: il Romanticismo.

Ecco perché l’”Agnese” al Regio pone tante domande e nutre la curiosità di chi ama la musica: perché è giaciuta nell’ombra a lungo e chiede di riproporre il suo passato prestigio – perché nel corso dell’Ottocento non c’è stato solo Rossini, o Donizetti, o Puccini.

Il regista Leo Muscato sfrutta l’occasione non solo per firmare questo inatteso “ritorno”, ma anche per tirare fuori la favola che soggiace alla narrazione, come a ribadire che Paer era sì buon artigiano, ma anche buon sognatore. “Da anni porto avanti una ricerca sulle chiavi interpretative: se ci si limita al registro naturalistico questa storia si impoverisce – afferma Muscato – Se ne esaltiamo invece l’aspetto ironico e surreale, si apre un mondo di significati”.

Agnese è una storia assai semplice, di pochi essenziali tratti – e per questo forse non sempre leggera nel suo scorrere: la giovane Agnese (María Rey-Joly) per amore del bellimbusto Ernesto (Edgardo Rocha) aveva abbandonato il padre Uberto (Markus Werba), sfuggendo per sette anni alle sue ricerche, e ora che ha scoperto che il suo amante la tradisce, cerca il genitore per chiedergli perdono.
Uberto era diventato pazzo dopo la fuga della figlia ed è ricoverato in un ospedale, gestito da Don Pasquale (Filippo Morace). Sarà una canzone d’infanzia a riportare la pace e la conciliazione nella casa di Uberto, e la vicenda si chiuderà nei più felici dei modi.

Su una trama piuttosto debole agisce efficacemente la musica, brillante e misurata, eseguita dall’Orchestra e Coro del Teatro Regio diretta magistralmente da Diego Fasolis (che già aveva portato “Agnese” a Lugano una decina di anni fa), che fa scaturire dal piccolo organico timbri e colori di speciale bellezza.
Scene (curate da Federica Parolini), luci (Alessandro Verazzi) e costumi (Silvia Aymonino) suggeriscono i primi anni del XX secolo, creando il mondo lieve e giocoso che il regista si è proposto di far abitare ai suoi personaggi. Le vicende si aprono letteralmente al pubblico dentro scatole che sono confezioni di medicinali, carillons, scatole magiche, creando un fondale che ricorda i calendari con le finestrelle da aprire giorno per giorno. Il tutto contribuirebbe a ravvivare un plot altrimenti un poco spento, ma quel che non riesce sempre a spiccare è la forza dei personaggi e la loro definizione.
Il soprano spagnolo María Rey-Joly è energica ed espressiva, talora accattivante nel suo trasporto, e convince più del tenore Edgardo Rocha, alle volte debole e poco in risalto rispetto all’accompagnamento musicale. Divertente e vivace la performance di Filippo Morace, efficacemente larmoyant la voce di Markus Werba. Particolarmente graziose e dotate sono l’amica di Agnese Carlotta (Lucia Cirillo) e la cameriera Vespina (Giulia Della Peruta). Buone esecuzioni insomma, ma manca la naturalezza, la vitalità e la fluidità del dispiegarsi delle interiorità dei personaggi – delle bozze umane di cui s’indovinano le caratteristiche principali ma i cui gesti e comportamenti risultano essere meccanici.
La chiave interpretativa di Muscato sopperisce a questa fiacchezza drammatica e la inonda di luce nuova. Il topos della follia diventa il pretesto per far scaturire la tempesta d’apertura, il peregrinare dell’eroina, i disegni di tombe che Uberto immagina per la figlia perduta. La follia diventa favola e, con colpo d’arte, lieto fine.

In scena fino a domenica 24 marzo.

Photo: Edoardo Piva
Photo: Edoardo Piva

Agnese
Dramma semiserio in due atti
Libretto di Luigi Buonavoglia
dalla commedia Agnese di Fitz-Henry di Filippo Casari
Musica di Ferdinando Paer
Edizione critica a cura di Giuliano Castellani
Prima rappresentazione in epoca moderna

Personaggi                                                                                       Interpreti
Agnese, figlia di Uberto                                                                 soprano María Rey-Joly
Uberto, padre d’Agnese                                                                 baritono Markus Werba
Ernesto, marito di Agnese                                                             tenore Edgardo Rocha
Don Pasquale, intendente dell’Ospedale dei pazzi                   basso Filippo Morace
Don Girolamo, protomedico                                                         tenore Andrea Giovannini
Carlotta, figlia di Don Pasquale                                    soprano Lucia Cirillo
Vespina, sua cameriera                                                  soprano Giulia Della Peruta
Il custode dei pazzi                                                          basso Federico Benetti
Una bambina di sei anni, figlia di Agnese                  Sofia La Cara
Esmeralda Bertini (14, 17)

Maestro al cembalo Carlo Caputo
Direttore d’orchestra Diego Fasolis
Regia Leo Muscato
Scene Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Luci Alessandro Verazzi
Assistente alla regia Alessandra De Angelis
Assistente alle scene Anna Varaldo
Maestro del coro Andrea Secchi
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Nuovo allestimento

Durata approssimativa: 3h 10′

Visto a Torino, Teatro Regio, il 12 marzo 2019

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