Gul, uno sparo nel buio: Gemma Carbone racconta il caso Palme

Gemma Carbone in Gul (photo: Musardo)
Gemma Carbone in Gul (photo: Musardo)

“La politica sta volendo e scegliendo”. Così lo svedese Olof Palme, pochi anni prima di diventare primo ministro del suo Paese, iniziò un suo discorso al Congresso del Partito Socialdemocratico nel 1964.

Poche parole, ripetute in lingua originale come un mantra, inducono all’ascolto silenzioso. È con quest’eco che inizia il monologo a più voci “Gul, uno sparo nel buio”, di e con Gemma Carbone (supportata alla drammaturgia da Giancarlo De Cataldo, Giulia Maria Falzea e Riccardo Festa), regia della stessa Carbone, che abbiamo visto all’Elfo Puccini di Milano nell’ambito della rassegna “Nuove storie. Politica, potere, passione”: sei spettacoli d’impegno civile per riscoprire il valore politico del teatro.

“Gul”, come “giallo” in svedese. Un poliziesco socio-politico sull’omicidio Palme, avvenuto nel 1986. Al centro, il racconto dalla poliziotta scandinava Hanna, che attraversa una Stoccolma algida per raggiungere il luogo del delitto e iniziare le indagini.
Nell’inchiesta è centrale anche la voce di Lisbeth, moglie del primo ministro, con lui al momento del delitto. C’è poi la sorprendente parabola dell’assassino, prima arrestato e poi assolto, che confesserà il crimine sedici anni dopo, quando è ormai caduto in prescrizione. Infine il capo della polizia, che svelerà ad Hanna molti anni dopo la verità sul caso. Resta centrale il personaggio di Hanna, derisa dai superiori ma ostinata nella ricerca di una realtà sfuggente.

“Gul, uno sparo nel buio” è qualcosa di più di un giallo socio-politico. È una riflessione sulla nostra storia recente e sulle sue ferite aperte: uccidere il primo ministro svedese socialista ha significato spezzare gli ideali di giustizia sociale e progresso che stava portando avanti con pertinacia. Se Palme prefigurava un uomo misura di tutte le cose, la nostra società delinea un mondo virtuale che è illusorio pensare di governare attraverso lo schermo di un computer. Ecco allora che lo spettacolo si fa scavo nella memoria e nel ricordo.

In scena Gemma Carbone offre voce e vigore a vari personaggi. Con padronanza dei linguaggi scenici, dà corpo alla determinazione di Hanna, al dolore della moglie del primo ministro, al cinismo di alcuni poliziotti. Si percepisce la mano di Giancarlo De Cataldo, magistrato e giallista oltre che drammaturgo e sceneggiatore, con cui i Cantieri Teatrali Koreja, coproduttori dello spettacolo, avevano iniziato a collaborare oltre vent’anni fa.

A far da cornice a quest’intrigo internazionale una scenografia semplice ma articolata: un fondale incastonato in tubi metallici che diventa ora scuro ora giallo, la scena del crimine e un raffazzonato angolo bar dentro l’ufficio della polizia, creato con un semplice cassettone da attrezzi di teatro. A scandire la narrazione, l’uso delle luci e la musica, da David Bowie alla cantante finlandese Arja Saijonmaa.

A fare da sfondo una sovrapposizione di piani temporali: la Svezia degli anni ’80, i giorni nostri, il sogno di un’Europa democratica e progressista, il confronto con il panorama sociopolitico contemporaneo.
Alla fine di questo giallo, si fa fatica a ricomporre i tasselli non della vicenda narrata, ma della Storia in quanto tale, di cui forse non abbiamo imparato la lezione.

GUL. UNO SPARO NEL BUIO
di Gemma Carbone, Giancarlo De Cataldo, Giulia Maria Falzea, Riccardo Festa
regia Gemma Carbone
costumi di Marika Hansson
musiche di Harriet Ohlsson
luci e scene di Gemma e Carlo Carbone
con Gemma Carbone
assistenti alla regia Giulia Maria Falzea e Riccardo Festa
coproduzione Cantieri Teatrali Koreja e Naprawski (SE)

durata: 1h’ 10’
applausi: 3’ 50’’

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 29 maggio 2019
Nuove Storie. Potere Politica Passione

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