Nella recente recensione dello spettacolo “Gioventù Senza” del Teatro Filodrammatici, avevamo notato come, nelle ultime due stagioni teatrali, almeno quattro spettacoli avessero come protagonista una classe, e come nel momento difficilissimo che stiamo vivendo, in cui ogni cosa, anche la più limpida e lampante, viene messa malamente in discussione, la questione dell’educazione dovesse tornare al centro di ogni riflessione culturale, e che soprattutto il teatro dovesse rendersi disponibile a farlo. E, aggiungeremmo ora, non solo il teatro visto, ma anche e soprattutto quello fatto e recitato da chi abitualmente questo mestiere non lo fa. Il teatro in questo caso risulta non solo un’arma fondamentale per conoscere le proprie capacità e possibilità, ma anche di coinvolgimento e di riflessione sull’esistente.
Lo sanno molto bene i migliaia di operatori che nel nostro Paese realizzano progetti non solo nelle scuole, ma anche in tutte le altre entità educatrici e teatrali presenti.
Tutto ciò è stato fortemente ribadito in tre esperienze assai diverse tra loro, con cui abbiamo interagito all’inizio di questo mese. Iniziamo dalla più celebrata, anche se in questo caso parzialmente deludente, “Hillbrowfication”, andato in scena in esclusiva italiana all’Arena del Sole di Bologna, un progetto performativo curato dalla celebre coreografa Constanza Macras, argentina di nascita ma operativa a Berlino, che ha coinvolto, dopo una serie di appositi laboratori, bambini e giovani tra i 7 e i 23 anni provenienti dal quartiere Hillbrow di Johannesburg, una zona assai tormentata della città sudafricana.
In scena i ragazzi avrebbero dovuto esemplificare con la danza tutte le valenze contraddittorie, permeate di xenofobia e violenza, che imbevono il luogo in cui abitano. Abbiamo usato il condizionale perché l’esibizione a cui abbiamo assistito, al di là della valenza sociale di aver permesso ai suoi esecutori di connettersi con i linguaggi liberatori della danza, uscendo per di più dal proprio ghetto per esibirsi in tutto il mondo, ci è parsa molto convenzionale, ponendo in scena in modo superficiale tutti gli stereotipi dell’immaginario occidentale sull’Africa, mescolati a temi di ordine sociale, presentati però in modo generico.
Di “Hillbrowfication” ci sono rimaste comunque in mente le ultime due scene, corroborate da un ritmo ossessivo che si è riverberato in modo coinvolgente e liberatorio non solo sugli esecutori ma anche su tutto il pubblico.
A pochi chilometri da Bologna, al Teatro Laura Betti di Casalecchio, all’interno del progetto pilota Generazioni a Teatro (G. a T.), agito tra diverse scuole superiori dell’area metropolitana di Bologna e il teatro, sostenuto dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, siamo stati testimoni di un vero e proprio evento che ci ha invece colpito non solo per i suoi aspetti sociali, ma anche per quelli teatrali, e soprattutto per la profondità dei messaggi messi in campo e condivisi dai ragazzi in scena.
Si è trattato di “Bluebird”, uno spettacolo-esperimento basato su un film muto del 1918 di Maurice Tourneur (lo stesso regista del celebrato “Bacio della Pantera” del 1942), tratto da “L’uccellino azzurro”, famoso lavoro teatrale di Maurice Maeterlinck.
In scena trentadue studenti dell’ITCS Salvemini, tredici giovani musicisti provenienti dal Liceo Da Vinci, Liceo Laura Bassi e IIS Aldini-Valeriani per un progetto che vede la direzione di Massimiliano Briarava e il coordinamento di Maria Ghiddi e Cira Santoro, preparati attraverso diversi laboratori di drammaturgia, recitazione, danza, videomaking, canto corale e musica, quest’ultimi tenuti da Arianna Rinaldi e Davide Fasulo.
I ragazzi, tra l’altro, hanno partecipato a incontri e visioni con altri artisti, ospiti della stagione del Laura Betti.
La trama è quella che vede al suo centro due bambini, Tyltyl e Mytyl, a cui viene affidato dalla fata Berylune il compito di trovare il favoloso uccellino azzurro, capace di dare la felicità a chi lo incontri. Da lì parte un viaggio meraviglioso che li porterà a riconsiderare la loro visione del mondo, trovando un’anima in ogni cosa, e utilizzando la bellezza come metro di giustizia.
I ragazzi partecipano in scena con la parola e i suoni, reinterpretando le immagini del film in un gioco bellissimo tra realtà e finzione, condividendo essi stessi, emozionalmente e in egual modo, il viaggio di Tyltyl e Mytyl.
Per la terza esperienza raggiungiamo a Bologna la Sala Leo de Berardinis dell’Arena del Sole, dove è stato presentato “Politico Poetico”, il nuovo progetto artistico e di cittadinanza attiva del Teatro dell’Argine che segue “Futuri Maestri”, il progetto che ha visto, a partire da ottobre 2015 e fino a giugno 2017, entrare il teatro in decine e decine di classi della città di Bologna, della regione e non solo, per chiedere a migliaia di allievi e allieve cosa pensano del mondo in cui vivono e come vorrebbero cambiarlo, dialogando su cosa li indigna e cosa li attrae, cosa li spaventa, e cosa li emoziona, e per cosa sono disposti al sacrificio, mettendoli anche a contatto con intellettuali, scrittori e poeti.
Alla fine, decine e decine di ragazzi di diversa età hanno restituito tutto questo percorso, mettendosi in scena all’Arena del Sole, giocando con testi importanti, da Sofocle ad Ariosto e Pasolini, ripensati con spirito libero ed immaginifico.
Il nuovo progetto “Politico Poetico” è rivolto a ragazze e ragazzi dai 14 ai 20 anni e verrà articolato in due azioni che si svilupperanno fino a giugno 2020: il Parlamento, un laboratorio di cittadinanza attiva organizzato in decine di tavoli a tema, con centinaia di ore dedicate a laboratori, conferenze, serate pubbliche, sulle problematiche dello sviluppo sostenibile, proposte nell’Agenda 2030, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite; e il Labirinto, uno spettacolo immersivo ed esperienziale che proverà a comprendere e a dare voce ad un’altra adolescenza, quella che nelle nostre città è più fragile e nascosta.
Come si evince dalle tre esperienze messe in campo, seppur in maniera diversa, il teatro agito direttamente sul palcoscenico può diventare veramente un’arma potente per tentare di cambiare i meccanismi obsoleti e spesso deleteri che muovono le azioni degli esseri umani nel mondo.