25 anni di Colline Torinesi: un festival diffuso per festeggiare un intero anno

Isabella Lagattolla e Sergio Ariotti (photo: Andrea Macchia)
Isabella Lagattolla e Sergio Ariotti (photo: Andrea Macchia)

Come è accaduto per molti festival, anche quello delle Colline Torinesi, che avrebbe voluto festeggiare i suoi 25 anni, non si è arreso al Coronavirus e ha deciso di programmare un’edizione speciale.
I direttori artistici Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla ci illustrano in questa chiacchierata i modi e i tempi scelti.

Anche quest’anno, in un momento così difficile, ce l’avete fatta. Quali difficoltà avete dovuto superare?
Come tutti, durante il periodo di quarantena abbiamo a lungo riflettuto su come e quando recuperare titoli e date di un festival che festeggiava la 25esima edizione, e dunque aveva un cartellone importante, con tante prime nazionali e alcune presenze internazionali significative.
In un primo momento sembrava consigliabile dover interrompere per un anno il ritmo della manifestazione, come ha fatto la maggior parte dei festival teatrali europei di primavera. Una decisione anche relativa al fatto che le compagnie non potevano provare e quindi presentare i nuovi spettacolo al debutto, e che le internazionali non potevano arrivare in Italia causa chiusura delle frontiere.
Successivamente ci siamo reinventati un percorso di avvicinamento all’edizione 25 attraverso i social, presentando ogni martedì – da giugno a dicembre 2020 – uno o più protagonisti della storia del festival, con cui dialogare approfondendo le tematiche affrontate e riandando con la memoria alle immagini del loro passaggi a Torino e dintorni.
Solo a fine maggio, in accordo con Valter Malosti e la Fondazione TPE, abbiamo progettato una edizione “diffusa” del festival da agosto ’20 a marzo ’21, che corresse parallela alla stagione teatrale di TPE.

Quali sono state le idee che vi hanno guidato nell’organizzare il Festival delle colline torinesi fino ad oggi?
Il festival, fin dalla sua nascita, ha posto al centro dell’attenzione gli artisti e il loro lavoro, la scoperta dei giovani e quella di compagnie internazionali poco conosciute in Italia: in una parola chiave, l’accompagnamento del processo artistico è alla base del nostro lavoro fin dalla prima edizione collinare. I primi anni sono stati incentrati anche sulla riscoperta di ville e castelli della collina torinese per lo più sconosciuti, e su una riflessione sui linguaggi dello spettacolo. Proprio per il presupposto dell’accompagnamento abbiamo deciso di offrire agli artisti e al pubblico una doppia occasione di confronto, in stagione e a giugno 2021.

Il festival avrà quindi forti relazioni gli altri enti torinesi e con le loro programmazioni. Come vedete questa nuova composizione delle cose?
Armonizzarsi con le programmazioni di altri enti teatrali torinesi a partire dall’autunno è in realtà diventato piuttosto complicato, perché tutti hanno la necessità di riposizionare gli spettacoli saltati nel periodo di chiusura forzata. La collaborazione del TPE, che da due anni organizza e gestisce amministrativamente il festival, è stata decisiva e dirimente per progettare insieme una stagione che alterni armonicamente entrambe le proposte di spettacolo.

Come sarà strutturata dunque questa edizione?
La 25esima edizione durerà un anno intero, da giugno 2020 a giugno 2021, dato che gli spettacoli non recuperati saranno presentati nella nuova edizione “regolare”, nel mese di giugno 2021. Gli altri saranno inseriti nella stagione della Fondazione TPE, mentre i primi due appuntamenti faranno parte della stagione estiva SummerPlays organizzata dal Teatro Stabile di Torino e dalla Fondazione TPE stessa.
Il nuovo festival diffuso, così ci è piaciuto chiamarlo, di cui fanno parte sette compagnie italiane e tre straniere, per un totale di 35 recite, sarà distribuito tra fine agosto 2020 e inizio marzo 2021, per accompagnarci gradualmente, con due appuntamenti al mese, alla nuova edizione 25 compattata nel giugno 2021.

Con questa emergenza sanitaria, sono cambiate le domande che deve porre il teatro allo spettatore?
Più che le domande da porre è importante intercettare l’orizzonte d’attesa del pubblico. Le conseguenze della chiusura forzata, unite alle rigide disposizioni in materia di accesso alle sale teatrali, non ci permettono ancora di valutare la reale volontà di tornare a frequentare i teatri.
Agli spettatori chiediamo fiducia, per uno sforzo di immaginazione di noi programmatori davvero difficile.

Come vedete il futuro del festival? Avete già in mente qualche idea?
Non riusciamo ancora a pensare chiaramente al futuro. Fino al 2021 cercheremo di recuperare i progetti già ideati e di far venire a Torino gli spettacoli internazionali che non siamo riusciti a intercettare nel 2020. In autunno riprenderemo a confrontarci con i colleghi europei… e non escludiamo qualche nuova scoperta!

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