La stagione ricomincia. Si torna a teatro, e ai testi. Così l’Arena del Sole di Bologna apre la sua nuova stagione, proponendo una lettura scenica di produzione ERT: un lavoro incentrato sulla pregnanza della parola. Una scelta cauta, ma necessaria, che appare dettata dalle esigenze delle nuove norme (di distanza, di sicurezza) che il Covid impone anche all’arte e al teatro.
Questa versione di “Dialoghi di profughi” di Bertolt Brecht nasce in pieno lockdown e fa il suo debutto in radio lo scorso 15 giugno (peraltro, giorno in cui è avvenuta la riapertura dei teatri in Italia) andando in onda su Rai Radio Tre. Ora finalmente fa capolino sulla ribalta, mantenendo però la sua stessa impostazione radiofonica.
Il palco è rigorosamente vuoto, solo lo sfondo lo riempie, colorandosi in maniera diversa, grazie all’effetto delle luci, ad ogni cambio scena. Protagonista indiscusso dello spettacolo è il testo, e chiaramente chi lo veicola: un attore, Lino Guanciale, e una musicista, Renata Lackò, entrambi fissi sul palco, posizionati a debita distanza fra loro.
In sala, pure gli spettatori sono distanziati e indossano la mascherina. Cose scontate da dire, un po’ meno da vivere. L’esperienza teatrale inevitabilmente ne viene marchiata, quella distanza ha delle ripercussioni sia su chi il teatro lo fa, sia su chi lo fruisce.
Viene da chiedersi dove ci porterà questo Covid, quanto ancora potrà limitarci nella vita e nell’arte, eppure, come spesso accade a teatro, i così detti “limiti” sono in realtà vincenti.
Vincente è la scelta del testo, fra i meno conosciuti del regista e drammaturgo tedesco (scritto durante il suo esilio in Finlandia), ma estremamente toccante per la leggerezza con cui affronta il tema della miseria umana ai tempi della II guerra mondiale, in sei dialoghi che riescono a raccontarci anche qualcosa dell’oggi che ci appartiene.
Corre l’anno 1940. Due uomini di estrazione sociale molto diversa fra loro, entrambi profughi tedeschi ad Helsinki, s’incontrano per la prima volta nel ristorante della stazione dei treni, al loro arrivo in Finlandia. Ziffel è alto, ha le mani lisce ed è un fisico-intellettuale, la sua “colpa” rispetto al regime fu quella di pensare troppo. Kalle invece è basso, ha le mani “metallurgiche” ed è socialista. I due, finemente interpretati dallo stesso Lino Guanciale, si legano, seppur nelle loro stranezze e differenze, nel desiderio di confrontarsi dialetticamente su tutta una serie di temi. Quasi come vecchi amici, ogni volta che s’incontrano, questi due sconosciuti snocciolano le proprie idee di fronte a una birra, anche se una vera e propria birra non è. Condividono esperienze personali, racconti d’infanzia, riflessioni esistenziali e battute, dandosi man forte nella loro diversità d’opinioni riguardo la dittatura, la democrazia, l’istruzione, l’ingiustizia, i soprusi, la crudeltà dell’esercito tedesco, le differenze di classe, il proletariato, la povertà, la pornografia, la poesia.
Divertente e amaro, lo spettacolo porta lo spettatore a riflettere sulla fragilità dell’uomo nella società di oggi. Una società, quella occidentale, che solo in apparenza fornisce schemi e certezze, ma che al suo interno cela precarietà ed insicurezze dalle radici profonde, che con la pandemia stanno affiorando in maniera più evidente per tutti.
Lo spettacolo è ben eseguito in ogni sua parte da entrambi gli interpreti. La recitazione di Lino Guanciale è coinvolgente e ricca di piccole sfumature, che differenziano in maniera chiara ed efficace le voci e le movenze dei due personaggi, anche nei momenti più serrati di dialogo.
Il violino di Renata Lackò accompagna la lettura in maniera equilibrata, scandendo con precisione il susseguirsi delle scene. Unica pecca dello spettacolo: una sorta di freddezza che si avverte fra i due performer, che eseguono con maestria il proprio ruolo, in mancanza di una forte complicità.
Dialoghi di profughi
Di Bertolt Brecht
Traduzione Margherita Cosentino
Con Lino Guanciale
Arrangiamenti e musiche dal vivo Renata Lackò
Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
Visto a Bologna, Arena del Sole, il 6 ottobre 2020