Al Rossini Opera Festival l’Ermione di Erath e Mariotti convince tutti

Ph: Amati Bacciardi
Ph: Amati Bacciardi

Nel cast Anastasia Bartoli, Enea Scala e Juan Diego Flórez

E’ sempre una grande gioia assistere dal vivo, per la prima volta, ad opere di cui abbiamo sentito solo parlare: con vero entusiasmo raggiungiamo Pesaro, quest’anno tra l’altro capitale italiana della Cultura, per la 45^ edizione del Rossini Opera Festival, il festival operistico dedicato a Gioachino Rossini, per assistere con grande curiosità a “Ermione” e “Bianca e Falliero”.

L’Ermione, definita dal suo autore come “azione tragica”, è stata composta dal musicista pesarese su libretto di Andrea Leone Tottola, che la trasse dalla tragedia “Andromaque” di Jean Racine, a sua volta basata sull’omonima tragedia di Euripide.
L’opera debuttò al teatro San Carlo di Napoli il 27 marzo 1819, con poco successo, forse perché alquanto anomala nell’alveo compositivo del suo autore, ma tant’è; comunque Rossini non si scoraggiò e pur, insoddisfatto, utilizzò parte della musica per altre opere (Bianca e Falliero, Eduardo e Cristina, Zelmira, Moïse et Pharaon).

La prima ripresa in tempi moderni avvenne, in forma di concerto, alla Chiesa dell’Annunziata a Siena nel 1977, diretta da Gabriele Ferro e, sempre in concerto, nel 1986 all’Auditorium Pollini di Padova diretta da Claudio Scimone, con Cecilia Gasdia, Chris Merritt ed Ernesto Palacio.
Invece, la prima rappresentazione in forma scenica avvenne nel 1987 proprio al ROF, protagonista Montserrat Caballé con Marilyn Horne, Rockwell Blake, Chris Merritt e la direzione di Gustav Kuhn. In seguito l’opera fu replicata in Italia, Europa ed America pur non essendo entrata nel consueto repertorio.

L’opera si svolge a Buthrote, capitale del regno dell’Epiro, dove il suo re Pirro, figlio di Achille, è tornato da Troia, portandosi con sé alcuni prigionieri troiani tra cui Andromaca, vedova di Ettore, con il figlio Astianatte, qua vivo e non gettato, come vuole la tradizione, dalle mura di Troia.
Il re, benché abbia promesso la sua mano a Ermione, figlia del greco Menelao, si innamora di Andromaca e vuole farla sua sposa, destando ovviamente la gelosia di Ermione e la riprovazione dei condottieri Achei, che non vogliono assolutamente questa unione: temono infatti di veder su un trono greco l’ultimo erede degli odiati troiani.

Intorno a questi fatti vediamo svolgersi l’opera, con Andromaca che, legata ancora alla memoria del suo Ettore, disdegna le profferte amorose di Pirro, che le vengono “suggerite” da Attalo, confidente del re, che le promette in cambio la salvezza dell’amato figlio Astianatte. D’altro canto Ermione, amando sinceramente Pirro, disprezza la rivale, che la priverebbe tra l’altro anche della corona. Ecco poi ad un certo punto arrivare Oreste, a capo dei soldati greci, giunto a Buthrote proprio per far rinsavire Pirro, imponendogli il rispetto dei patti con Ermione, ovviamente felicissima per il ritorno del figlio di Agamennone, giunto a ristabilire le cose come dovrebbero essere.

Tutto però si complica ulteriormente, perché Oreste è a sua volta innamorato di Ermione, che tuttavia non ricambia il suo sentimento, essendo promessa a Pirro. Il capo greco, intanto, impone a Pirro il sacrificio di Astianatte, in modo da allontanare ogni discendenza troiana da quel regno. Ma Pirro, davanti alla corte e alla stessa Ermione, chiede ad Andromaca di sposarlo, e la donna inaspettatamente accetta. La schiava troiana ha però in mente ben altro: ella infatti intende suicidarsi dopo il matrimonio, dopo aver però ottenuto da Pirro il solenne giuramento di salvare la vita al figlio.
Ermione, pazza di gelosia, chiede quindi a Oreste di uccidere Pirro. Oreste compie il delitto e porta alla donna un pugnale insanguinato. Ma Ermione, sempre più sconvolta, lo respinge furente, affermando che gli aveva chiesto l’uccisione del re in un momento di follia.
Il figlio di Agamennone, deluso dall’atteggiamento dell’amata, invoca disperato la morte, mentre Ermione si affida all’Eumenidi per vendicare l’omicidio. Tuttavia in quel momento arriva Pilade ad aiutare il fido amico Oreste, alla testa di un gruppo di fedeli greci. Il popolo di Buthrote è infuriato per l’uccisione di Pirro, e minaccia l’uccisione di tutti i congiurati. A Ermione, disperata, non resta che maledire Oreste che, per sua fortuna, inseguito dai soldati di Pirro, viene portato via dai suoi, in preda al delirio.

Un’opera, “Ermione”, definita da molti in qualche modo sperimentale, poiché rompe gli schemi a cui eravamo abituati con Rossini, senza vere e proprie arie, duetti o terzetti, ma divisa in grandi, seppur variegati, blocchi, con nel finale una grande scena madre per la protagonista.

Siamo davvero grati al ROF per averci consegnato questo raro gioiello, inzuppato di sentore classico, anche perché, ogni suo aspetto richiede uno sforzo artistico senza pari, sia visivamente, per rendere chiara e appetibile una vicenda così curiosa, sia musicalmente, con interpreti pronti a sostenere tessiture vocali molto ardite.

Numerosi i momenti da ricordare, a cominciare dalla curiosa sinfonia che si intreccia anche con il coro dei prigionieri frigi: “Troia qual fosti un dì”, fino alle cavatine spesso impervie che l’attraversano, e alla grande scena finale che vede Ermione protagonista.
Bellissimo poi il finale dell’atto primo che, nel solco rossiniano, in cui, come accade spesso, alla calma del primo concertato fa riscontro l’esagitato finale, Pirro cambia idea sul suo rapporto con Andromaca, preferendo Ermione, con il susseguente scorno di Oreste che sperava di consolidare il rapporto con lei.
Di grande e composito risalto la scena del secondo atto che vede protagonista Ermione, che ha bisogno di una vocalità diversificata e molto attrezzata: “Essa corre al trionfo… Amata l’amai l’adoro sprezzata e sento che mai quest’alma piagata l’acerba ferita potrà risanar”. Ma anche la tessitura vocale degli uomini è messa a dura prova con la cavatina di Oreste: “Reggia Abborrita” e l’aria di Pirro: “Balena in man del figlio”.

Come si evince dalla trama dell’opera, abbiamo riuniti nella capitale dell’Epiro una grande pletora di personaggi, quasi tutti reduci da una guerra che si è protratta per più di dieci anni, portando dolore e smarrimento da tutte e due le parti. Ognuno è alla ricerca di una nuova stabilità, con un affetto nuovo, scelto spesso in modo irrazionale, perciò suscettibile di cambio di idea, eccezion fatta per Andromaca, a cui interessa solo, e ad ogni costo, la salvezza di Astianatte.

La guerra e il bisogno sono ben enunciati dai video di Bibi Abel, contrassegnati sotto una luna incombente da grandi nuvoloni neri e da una spiaggia quieta e riposante che rifugge ricordi amari. La regia del tedesco Johannes Erath, con le scene di Heike Scheele e costumi di Jorge Jara, immette tutti gli avvenimenti in tre cornici sceniche concentriche, illuminate al neon, che danno di volta in volta consistenza alle parti del racconto.
I personaggi, la maggior parte in abiti moderni, sono tutti ben caratterizzati: Ermione è sempre protesa a vincere la propria causa tra i poteri contrapposti di Pirro e Oreste; Andromaca in attesa della sua incerta sorte con il povero Astianatte buttato qua e là come un fantoccio; Pirro è invece visto come un giovinastro pieno di sé, arrogante e sbruffone; Oreste di bianco vestito arriva all’improvviso, perché solo lui sa come mettere le cose a posto, rimanendone però invischiato: Infine una Ermione sempre in balia degli avvenimenti.
Su tutti, in una specie di corte dei miracoli, in cui Fenicio dirige il tutto, muovendosi languidamente, mentre il coro sembra guardare con apprensione i protagonisti spesso impegnati ad ubriacarsi su una tavolata non certo doviziosamente imbandita. Tra loro per tutto lo spettacolo si muove un Eros di bianco vestito con, come di prammatica, una freccia illuminata, che non sapendo dove colpire, alla fine si rivolge contro lo stesso Dio dell’amore, che ne resta ucciso.

Azzeccata anche l’idea di Erath di utilizzare la passerella tra orchestra e platea con giusta simbologia, attraverso l’alternanza dei sentimenti che uniscono Ermione e Pirro, ed Ermione e Oreste, che si avvicinano e si attraggano a seconda del caso. In definitiva, una bellissima regia che se all’inizio sconcerta, entrando poi piano piano se ne osservano invece tutte le giuste e importanti sfumature, che si ricollegano perfettamente alla direzione, sempre di grande forza ed efficacia, di Michele Mariotti: con l’Orchestra sinfonica nazionale della Rai ne segue i tortuosi avvenimenti sempre con giusto piglio drammatico.

Il cast si fa ammirare tutto, a incominciare da Anastasia Bartoli, che nella grande scena del secondo atto, gettandosi a capofitto in una vocalità davvero difficile, riesce con grande efficacia ad esprimere i multiformi sentimenti che le sono offerti: tradita da Pirro si lascia andare a una follia malcelata, per poi passare ad accenti vendicativi, dando smalto ad un personaggio così complesso come Ermione.
Enea Scala affronta in modo efficace il personaggio di Pirro, riconsegnandogli tutta l’allure di sbruffone, ma nel medesimo tempo di innamorato che esprime con giuste emozioni e corrette agilità in “Balena in man del figlio”.
Generosissimo come sempre Juan Diego Flórez nei panni di Oreste, che in verità non gli apparterrebbero completamente, data la caratteristica particolarità della sua voce tenorile che ben conosciamo, e infatti deve faticare molto ad essere naturale quando affronta tutte le puntature declamatorie di “Già d’Andromaca sul crine”.
Nel complesso espressivamente efficace Victoria Yarovaya come Andromaca, per nulla remissiva nella sua costante e tenace protezione del figlio diletto.
Nei ruoli di secondo piano abbiamo apprezzato con l’Attalo di Tianxueffeisun, il Fenicio di Michael Mofidian che, con Antonio Mandrillo (Pilade), si lascia andare anche in un gustoso duettino “A così trista immagine”.
Grande apprezzamento infine per i frequenti e ottimi interventi del coro del Teatro Ventidio Basso, diretto da Giovanni Farina.

Ermione
Azione tragica in due atti su libretto di Andrea Leone Tottola
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini, a cura di PATRICIA B. BRAUNER e PHILIP GOSSET
Direttore MICHELE MARIOTTI
Regia JOHANNES ERATH
Scene HEIKE SCHEELE
Costumi JORGE JARA
Video BIBI ABEL
Luci FABIO ANTOCI

Interpreti
Ermione ANASTASIA BARTOLI
Andromaca VICTORIA YAROVAYA
Pirro ENEA SCALA
Oreste JUAN DIEGO FLÓREZ
Pilade ANTONIO MANDRILLO
Fenicio MICHAEL MOFIDIAN
Cleone MARTINIANA ANTONIE
Cefisa PAOLA LEGUIZAMÓN
Attalo TIANXUEFEI SUN

CORO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
Maestro del Coro GIOVANNI FARINA
ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI
Nuova produzione

I Atto : 1h 25′
II Atto : 1h

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