Raimund Hoghe ha presentato al Romaeuropa Festival “Boléro variations”, spettacolo che indaga la personalità dell’autore sulle note di numerosi bolero
C’è tanto dolore nel “tanztheater” di Raimund Hoghe; dolore di un corpo deforme propenso, quasi condannato, alla ricerca ossessiva del gesto e del movimento.
Romaeuropa ha presentato al Teatro Vascello le sue “Boléro Variations”, spettacolo personalissimo che prende come pretesto la celeberrima musica reinterpretata in chiave moderna da Maurice Ravel (ma che è soltanto uno dei tanti Boléro, che ha natali sudamericani), e indaga la personalità di questo eclettico scrittore, giornalista, sceneggiatore, coreografo e drammaturgo per Pina Bausch nel suo periodo d’oro: dal 1980 al 1990.
Quattro giovani danzatori dai corpi sinuosi e una danzatrice si muovono con grazia e assoluta lentezza; con un’elegante staticità manifestano la consapevolezza del loro corpo e si contrappongono alla goffaggine del coreografo che, come un Quasimodo contemporaneo, si aggira anch’egli sul palcoscenico. Hoghe infatti ha la colonna vertebrale seriamente incurvata dalla nascita, ma sin da bambino ha manifestato la voglia di diventare un ballerino classico, e quindi ha reinventato una sua danza personale dove si mette in gioco ogni volta che sale sul palco.
Hoghe, in questo caso, non danza, ma potrebbe benissimo farlo. Mostra la sua gobba nuda e mostra velatamente la sua omosessualità, si umilia in un certo senso davanti agli altri cinque corpi statuari, di danzatori dalle origini variegate: danza classica, danza contemporanea, sport e arti marziali.
Ma nonostante le splendide musiche intorno ai vari Boléro, il primo atto scorre via nella noia: si capisce subito che la danza sarà in realtà una non-danza, volta ad affermare il ruolo del portamento e del corpo, come nelle danze orientali. Nel secondo atto si intravedono scene di una certa potenza evocativa. Come il (quasi) finale, dove le schiene aitanti si mescolano alla schiena deformata, in una posizione di riposo fetale che diventerà lento girotondo sulle note del Boléro raveliano.
Spettacolo radicale, che stupisce per il suo rigore e la sua non comune attitudine all’autobiografia. Ma che, tuttavia, delude per l’eccessiva durata, i tempi morti e una dilatazione che infastidisce, nonostante possa essere considerata “autoriale”.
Il pubblico applaude uno spettacolo difficile da digerire, non provocatorio né consolatorio, ma con una continua voglia di “gettare il proprio corpo nella lotta” come diceva Pasolini. Hoghe ci dà, in questo senso, una lezione difficile da dimenticare.
Boléro variations
ideazione e coreografia: Raimund Hoghe
interpreti: Ornella Balestra, Lorenzo de Brabandere, Emmanuel Eggermont, Raimund Hoghe, Yutaka Takei, Nabil Yahia-Aïssa
luci: Raimund Hoghe
suono: Frank Strätker
musiche: Maurice Ravel, Giuseppe Verdi, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Boleros dell’America del Sud
eseguite da: Marguerite Long, Maurice Ravel, Leonard Bernstein, Robert Casadesus, Benny Goodman, Morton Gould, Pierre Monteux, Maria Callas, Anita Lasker-Walfisch, Chavela Vargas, Pedro Infante, Doris Day, Tino Rossi, Luis Mariano, Mina…
produzione: Cie Ramund Hoghe
coproduzione: Les Spectacles vivants – Centre Pompidou, Festival d’Automne, Centre Chorégraphique National de Franche-Comté
durata: 2 h 02’
applausi del pubblico: 3’ 11’’
prima nazionale
Visto a Roma, Teatro Vascello, il 25 ottobre 2009
Romaeuropa Festival