E’ una via crucis dell’età contemporanea. Flagellata dai mali della politica e della religione, ingannata dalla morale e dai moralismi. E, sopra a tutto, trafitta dall’incubo strisciante dell’Aids nel mondo omosessuale.
Teatridithalia riprende esattamente da dove aveva lasciato nel 2007, con la prima parte del ‘kolossal’ di Tony Kushner “Angels in America – Si avvicina il millennio”. Scritto negli anni Novanta su commissione di Oscar Eustis, regista del Mark Taper Forum di Los Angels, per mostrare l’impatto devastante dell’Aids sulla comunità gay di San Francisco, il testo (vincitore, solo negli Usa, di due Tony Award nel ’93 e ’94, del Premio Pulitzer sezione teatro nel ’93, e nel 2003 eletto tra le cinque maggiori opere vincitrici del Tony Award di tutti i tempi) si sviluppa raccontando (traslato a New York) la relazione omosessuale tra Prior, che scopre di essere affetto da Aids, e il suo compagno Louis. Attorno a loro una costellazione di altri personaggi, in un gioco di sdoppiamento dei ruoli voluto da Kushner stesso, che decise che gli attori avrebbero recitato più parti.
Là dove si erano congedati, ritroviamo quindi Louis (Umberto Petranca) dopo l’abbandono di Prior (Edoardo Ribatto), incapace d’affrontare a livello psicologico la malattia del compagno, e alle prese con la nuova relazione con Joe (Cristian Giammarini), avvocato mormone che sta finalmente accettando la propria omosessualità dopo un matrimonio infelice con Harper. Suo mentore politico è Roy Cohn (interpretato dallo stesso De Capitani), personaggio senza scrupoli e molto influente, anch’egli malato di Aids e, in questa seconda parte, ormai in ospedale perché in fase terminale.
Attorno a loro Hannah, madre di Joe venuta a New York per prendersi cura della depressa nuora Harper, che finisce per stringere amicizia con Prior. Ma anche Belize (l’esilerante Fabrizio Matteini), migliore amico di Prior ed infermiere al capezzale di Roy insieme al fantasma di Ethel Rosenberg (Cristina Crippa), attivista comunista statunitense che morì nel carcere di Sing Sing nel ’53 con l’accusa di spionaggio per l’Unione Sovietica.
Tra riferimenti biblici e politici, Kushner (che conosce bene il tema dell’identità per averlo vissuto sulla propria pelle, in quanto ebreo e gay) riesce a narrare di sentimenti e profezie, restituendo uno spaccato degli Stati Uniti anni Ottanta lacerati da catastrofi economiche e sociali: “Il mio lavoro è arrivato in un momento della storia americana nel quale il paese si stava confrontando con la realtà del problema Aids, cominciando a considerare criticamente cio che era accaduto negli anni Ottanta, quando gli americani esorcizzavano la malattia, sperando di svegliarsi una mattina e scoprire che era miracolosamente passata – afferma il drammaturgo spiegando il successo della sua opera – Proprio verso il 1992, in coincidenza con l’elezione di Clinton, l’America ha iniziato a riflettere sul recente passato della presidenza Reagan che stava portando la nazione alla rovina, e a comprendere la vera portata e le implicazioni dell’epidemia di Aids, riconoscendo che gli anni Ottanta sono stati un decennio determinante, non solo per gli Stati Uniti ma per l’intero pianeta. Sono avvenuti drastici cambiamenti e credo che il millennio sia arrivato proprio allora…”.
Se già nella prima parte le scelte registiche di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani si erano rivelate vincenti, in “Perestroika” vengono confermate, insieme alla bravura degli attori e di tutti i tecnici che lavorano dietro le quinte, permettendo di mantenere il ritmo nonostante le tre ore di spettacolo e i numerosi cambi di scena. Azzeccate, soprattutto, le scelte più oniriche e visionarie, là dove kitch, eccesso e surreale hanno il sopravvento, grazie anche all’ottima selezione musicale e alla costruzione d’impatto quasi cinematografico di alcune scene. Si scivola a tratti, invece, nel patetico quando ci si sofferma troppo sullo strazio amoroso delle relazioni sentimentali. Meglio quando si declina su ironia ed esagerazione, che tanto il messaggio arriva lo stesso.
Realtà ed immaginazione si confondono alla ricerca di una profezia di salvezza e redenzione. Ma, sempre in bilico tra vita e morte, alle prese con angeli e demoni, l’uomo sarà mai in grado di raggiungerle?
In scena a Torino ancora stasera e domani.
Angels in America II parte – Perestroika
di Tony Kushner
traduzione: Ferdinando Bruni
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
con: Elio De Capitani (Roy M. Cohn / Angelo Europa), Ida Marinelli (Hannah Pitt, madre di Joe / Angelo Asiatica / Aleksej Antedilluvianovic Prepsalarianov, il più vecchio bolscevico vivente), Elena Russo Arman (Harper Pitt, moglie di Joe), Cristina Crippa (Ethel Rosenberg / Emily / Henry, medico di Roy / Madre Mormone / Angelo Australia), Cristian Giammarini (Joe Pitt / Padre Mormone / Angelo Oceania), Edoardo Ribatto (Prior Walter), Fabrizio Matteini (Belize / Mister Bugia / Angelo Africanii / Caleb, il figlio mormone – voce), Umberto Petranca (Louis Ironson / Angelo Anctartica), Sara Borsarelli (L’Angelo / Orrin, il figlio mormone – voce), Ferdinando Bruni (Speaker)
scene: Carlo Sala
video: Francesco Frongia
costumi: Ferdinando Bruni
luci: Nando Frigerio
prodotto da Teatridithalia ed Emilia Romagna Teatro Fondazione
durata: 2h 54′ (intervalli inclusi)
applausi del pubblico: 4′ 50”
Visto a Moncalieri (TO), Fonderie Teatrali Limone, il 7 aprile 2010