C.Re.S.Co e il Quaderno di Bassano. Passi verso un coordinamento della scena contemporanea

Convegno b.motion 2010
Foto originale: Jannis Kounellis, Senza titolo, 2006 Milano

Durante la settima edizione di Kilowatt Festival a Sansepolcro, nel luglio 2009, un gruppo di oltre cento operatori teatrali aveva partecipato a un convegno sulle realtà della scena contemporanea italiana. Era stato il primo passo di un percorso lungo un anno, che aveva avuto come tappe – oltre a una sessione bimestrale di tre giorni a Castiglioncello – riunioni del comitato presso il Teatro Furio Camillo di Roma, a Campsirago nella Residenza Monte di Brianza, ancora a Roma nell’ambito del Festival Teatri di Vetro 4, e infine presso l’Arboreto Teatro Dimora di Mondaino.

Un gruppo di quindici operatori/ricercatori ha poi raccolto le istanze esplicitate nel documento finale del convegno di Sansepolcro, “per trasformarle – si legge nella presentazione del quaderno – in proposte di azioni concrete”, condivise nella tappa conclusiva, l’incontro nazionale svoltosi a Bassano del Grappa dal 2 al 4 settembre scorso, nei luoghi e nei tempi del festival Opera Estate.

Queste le premesse, questo il percorso di quella che, per il sottoscritto, è stata la prima esperienza attiva all’interno di un convegno di settore e, per la maggior parte degli attori di questa scena contemporanea, la prima vera occasione di confronto e di progettazione comune da diversi anni a questa parte.

Il gruppo di lavoro del convegno ha deciso di invitare all’ultima tappa anche una delegazione di critici e questo è il motivo per cui ho preso parte ai lavori di Bassano. Obiettivo di questa fase conclusiva è stato raccogliere le adesioni dei presenti tramite il versamento di una quota di iscrizione e la firma di un manifesto e di uno statuto che, sotto il nome di Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea (CReSCo), facciano da base d’intenti solida per la costruzione di nuove “buone pratiche” di salvaguardia e sostegno alla produzione e alla distribuzione di questo mondo altro che è considerato il teatro contemporaneo. Ed ecco perché, come espressione di una decisione personale e contemporaneamente come volontà di pensiero comune condiviso con il resto dei critici presenti, ho scelto di non firmare il documento finale.
Il tono evidentemente formale di queste righe non deve essere inteso nei termini di una polemica; è piuttosto dovuto a una necessità di chiarezza definitiva rispetto ad alcune questioni emerse durante il convegno e relative al ruolo della critica nelle azioni che il gruppo di lavoro si appresta a programmare e, di conseguenza, al ruolo della critica nell’ecologia dell’intero sistema teatrale italiano.

Prima di passare a illustrare le ragioni di tale decisione è tuttavia doveroso dar conto di come si sia svolto il convegno, su quali basi, con quali intenti e, soprattutto, con quali risultati. Dopo un’introduzione curata da Luca Ricci (Kilowatt Festival/Compagnia Capotrave) e Roberta Nicolai (Teatri di Vetro/Triangolo Scaleno Teatro), sono stati formati dei tavoli di lavoro che hanno discusso separatamente su vari temi, per poi riportare in plenaria una relazione delle questioni emerse e dei relativi dibattiti.

Il primo argomento trattato è stato quello del sistema di finanziamento dello spettacolo, bisognoso, secondo il CReSCo, di aggiornamento in funzione di una maggiore trasparenza negli atti normativi, che eviti la nascita di vizi di forma e una maggiore accessibilità dei contributi, da assegnare a soggetti sempre nuovi evitando così la fossilizzazione dell’offerta e favorendo il ricambio di idee e progetti. Al tavolo di lavoro di cui ho fatto parte è emerso il racconto di diverse esperienze: a confrontarsi in particolare sono state quelle, radicalmente opposte, di Lucio Mattioli (Festival Es.Terni) e Fabio Biondi (L’Arboreto – Mondaino). Il primo si è visto da poco chiudere lo spazio di Palmetta ricevendo in cambio l’annuncio della costruzione di una scuola di intelligence, l’altro ha la fortuna di avere un sindaco che “va sui trampoli” e un assessorato estremamente attento e interessato. Il significato è piuttosto chiaro, anche se bisogna dire che in nessuno dei due casi viene effettuato un reale controllo sulla rendicontazione dei fondi ricevuti. Con esito negativo da un lato, positivo dall’altro, il vizio sopravvive in entrambe le realtà. E stiamo parlando di individualità di cui ci sentiamo di garantire l’onestà (o forse no?).

Per non soccombere ai tagli, Ugo Bacchella della Fondazione Fitzcarraldo proponeva di non puntare solo sui fondi pubblici, ma di sfruttare anche realtà private come le fondazioni bancarie, interessate e, sostiene, disposte a rischiare (almeno nella sua regione, il Piemonte). C’è anche chi, come Dario Focardi (Teatri della Resistenza) sottolinea un problema più politico che economico e suggerisce di mettere il teatro in rete con altri ambiti, uno su tutti l’istruzione. E io – che sogno laboratori di critica teatrale nelle scuole – mi trovo d’accordo con lui.
Esperienza di qua, esperienza di là, il dibattito è stato fecondo e ne è derivata la fotografia di un rischio: quello di essere comunque schiacciati dalla politica, rischio nei confronti del quale, secondo Biondi, la salvezza è rendersi abbastanza uniti (e dunque forti) da non farsi mettere in crisi. Nella sessione plenaria emergerà la proposta – infine piuttosto generica – di replicare su scala nazionale alcune pratiche vincenti a livello locale.

Altra missione del CReSCo è quella di ridefinire la natura atipica e precaria del lavoratore dello spettacolo dal vivo. Su questo punto sono state ricordate pratiche ormai largamente usate da operatori e compagnie per garantire il minimo dell’offerta necessaria. Un ricorso all’illegalità che prende la forma di un atto di emergenza. Per ridefinire la figura professionale del lavoratore dello spettacolo dal vivo il gruppo di lavoro ha chiesto alla Fondazione Fitzcarraldo di condurre un complesso studio di settore (dal costo complessivo di 20mila euro) che si occuperebbe, tramite la distribuzione capillare di questionari specifici da compilare in forma anonima, di fare un censimento delle reali condizioni di lavoro offerte ai lavoratori, a dispetto di quanto dichiarato all’Enpals.
La maggior parte dei dubbi e la vera divisione da parte degli operatori si è osservata comunque rispetto alla scelta di includere nei documenti ufficiali del CReSCo la sottoscrizione di uno statuto che prevede anche il rispetto di una specifica deontologia. Una deontologia che riguarda norme di gestione del denaro e di pratiche di rapporti operatori-compagnie spesso impossibili da applicare proprio perché a questa famosa “scena contemporanea” che si vuole andare a coordinare manca una vera stabilità sul piano economico, distributivo, promozionale, produttivo e soprattutto (è questa un’opinione personale condivisa da molti) identitario. Fin dalla prima seduta plenaria si è osservato di quanta poca definizione disponga il termine stesso “teatro contemporaneo”. È lampante comunque il fatto che a mancare sia un coordinamento di tutte le realtà in gioco, motivo per cui qui ci sentiamo di elogiare lo sforzo messo in atto e l’impegno dimostrato dai promotori del progetto CReSCo.

La chiusura del convegno ha portato a casa la nomina di un presidente (Luca Ricci), la definizione delle quote di adesione (50 euro per i singoli, 150 per le strutture) e la promessa di cominciare da subito i lavori necessari per creare una vera e propria rete che tenga i fili di una marionetta attualmente così scomposta come il teatro contemporaneo, soprattutto in questo momento di crisi non solo economica ma anche e soprattutto culturale.
A questo punto torniamo all’inizio, andando a spiegare il motivo per il quale chi scrive e in definitiva l’intera delegazione dei critici presenti a Bassano in questa fase conclusiva ha deciso di non firmare manifesto e statuto.
Parlo a titolo personale, sapendo la mia posizione condivisa. Ho risposto con entusiasmo all’invito a questo convegno e ho reputato e reputo assolutamente incoraggiante la decisione di formare un comitato di coordinamento che metta gli operatori e le strutture in comunicazione tra loro verso l’obiettivo senz’altro comune di ispessire le radici di questo albero, sia affinché i nuovi rami che crescono possano farlo con la certezza di una linfa chiara e copiosa, sia che i rami già spuntati da tempo ottengano garanzia di prosperità.
La mia presenza rappresenta la profonda adesione a un progetto che, però, sulla base dello statuto, del manifesto e soprattutto dell’evolversi delle discussioni aperte dal vivo – in sede di dibattito e non – non è a mio vedere in questo momento aperto al contributo attivo della critica. Ribadisco qui una posizione già esposta a parole, dicendo che il compito della critica è di osservare, comprendere e raccontare queste realtà della scena contemporanea. Il lavoro conoscitivo di ricerca sul campo svolto da tutti noi deve e dovrà sempre di più servire a chiarire le differenze, a tracciare le linee di demarcazione, a dar conto di ciò che gli artisti rappresentano così come di ciò che la realtà che li ospita permette loro di dire e fare sulla scena. Si tratta di un lavoro trasversale, di “crisi” nel senso etimologico del termine. Una crisi che non ha il compito né il desiderio di distruggere nulla se non per poi ricostruirvi sopra un’idea più chiara, più reale, il più possibile oggettiva e che promuova sempre e comunque una ricerca.

Alla base di questo tentativo di chiarezza d’intenti c’è il timore che alcuni interventi di natura, appunto, critica, siano stati scambiati per un tentativo di ostacolare un progetto assolutamente virtuoso. Oltre a confermare l’adesione positiva all’iniziativa, abbiamo pensato che l’occasione d’incontro rappresentata dal convegno possa valere, per il futuro, come esempio per comprendere che anche la critica ha bisogno di confrontarsi, guardarsi in faccia, mettere “in crisi” le proprie idee. Ma non in questa forma, che riguarda invece la messa in rete dei soggetti che “fanno” il teatro e non comprende, almeno allo stato attuale delle cose, l’intervento attivo della critica come parte di un processo comune. Noi siamo qui. Ci siamo sempre stati. E, soprattutto, cerchiamo di dimostrare che abbiamo ancora voglia di esserci.

IL QUADERNO DI BASSANO – documento ufficiale di fine convegno

Su Altre Velocità: C.Re.S.Co., un coordinamento per la “scena contemporanea” di Lorenzo Donati e Rodolfo Sacchettini
Su Il Tamburo di Kattrin: Note intorno un coordinamento della scena contemporanea di Camilla Toso

 

 

0 replies on “C.Re.S.Co e il Quaderno di Bassano. Passi verso un coordinamento della scena contemporanea”