Torinodanza 2010: due mesi fra epoche e linguaggi

Balanchine-Kylian
Balanchine-Kylian
Royal Ballet of Flanders Balanchine-Kylian (photo: Johan Persson)

Nell’attuale situazione di pesante bistrattamento nei confronti dell’istruzione, della cultura e dell’arte, “un festival può essere un bel momento per iscrivere qualche istante di speranza e bellezza nel flusso battente delle difficoltà oggettive e quotidiane”. Con queste parole Gigi Cristoforetti, direttore artistico di Torinodanza, presenta l’edizione 2010, che martedì scorso ha aperto con il Royal Ballet of Flanders. Il programma di questo autunno è caratterizzato da proposte lontane da sfizi e capricci, con predilezione piuttosto per spettacoli rigorosi, ritenuti belli e necessari. Per due mesi, ossia fino al 13 novembre, il cartellone presenterà una serie di spettacoli suddivisi in tre nuclei tematici volti a illustrare l’eterogeneo panorama della danza contemporanea.

Omaggio alla collaborazione con MiTo SettembreMusica è la prima sezione del festival, Miti appunto, attenta all’interazione fra danza e musica. Proprio in questa cornice è stato inserito Balanchine-Kyliàn del Royal Ballet of Flanders, appuntamento inaugurale della manifestazione, andato in scena martedì scorso, 7 settembre, al Teatro Regio.
L’unica compagnia di tradizione classica del Belgio, ospite di Torinodanza per la terza volta, ha presentato “Theme and Variations” di George Balnchine, “Forgotten Land” e “27′ 52”” di Jiri Kyliàn. Il primo è un omaggio all’epoca d’oro del balletto russo. Il coreografo, fondatore della tecnica del balletto classico negli Stati Uniti, definiva Theme and Variations un “dance ballet”, volto a evocare il grande periodo di fioritura del balletto russo in concomitanza con il lavoro del compositore Cajkovskij.
Musicalità, rapidità, purezza di linee e dinamismo caratterizzano le dodici variazioni senza racconto a partire da un tema settecentesco. I ballerini in tutù, calzamaglia e punte si alternano, susseguono e avvicendano, fino a comparire insieme, nella dodicesima variazione, con una grande polacca eseguita in trionfale da otto uomini, altrettante danzatrici e i due primi ballerini. Un finale di grande impatto, generato da un’opera che guarda al passato neoclassico e che paradossalmente si avverte come una rottura rispetto alle ormai più diffuse pratiche contemporanee.

Una diversa temperatura emotiva caratterizza invece i due lavori di Kyliàn.
“Forgotten Land”, ideato sulla Sinfonia da Requiem composta da Benjamin Britten, vede in scena sei coppie i cui movimenti fluidi seguono il cupo andamento musicale che rimanda a un immaginario di metamorfosi e dolore.
“27’ 52”” è infine il significativo titolo di un più recente lavoro che sottolinea come la durata effettiva della danza sia il momento culminante di uno studio che, nello specifico, è costato 1678 ore di prove con i singoli danzatori, 182 ore e mezza in studio con l’assistente coreografo, e 4418,75 ore di lavoro complessivo. La malinconica fluidità di “Forgotten Land” lascia qui lo spazio ad un gesto più nervoso, incisivo e in un certo senso asettico, per dare vita all’inquietudine che soggiace al gesto artistico.

Il secondo spettacolo proposto da Torinodanza nella sezione Miti è “you PARA | DISCO” di Emio Greco, tra i coreografi oggi più apprezzati in Europa. Lo spettacolo, che chiude un ciclo di lavori dedicati alla Divina Commedia di Dante, debutterà stasera e verrà replicato domani alle Fonderie Limone di Moncalieri.

Interessante è poi il focus “Scene dagli anni Ottanta”, sezione dedicata al recupero di un momento storico tanto decisivo per la danza.
In questo contesto la Compagnia Rosas sarà protagonista l’1 e il 2 ottobre con “Rosas danst Rosas”. Lo spettacolo, incentrato sulla dialettica tra razionalità ed emozione, tra violenza e dolcezza, dopo le numerose repliche in tutto il mondo è oggi considerato punto di riferimento nell’evoluzione della danza contemporanea.
Il 3 e 4 ottobre si potrà assistere a “Nuovelle Vague, Génération Bagnolet”, interpretato dalla Compagnia ECO. Il lavoro è una raccolta dei migliori pezzi presentati al concorso coreografico ideato nel 1969 da Jacques Bagnolet, artista che ha formato una nuova generazione di coreografi francesi.
Con “May B”, spettacolo che ruota intorno alla figura di Samuel Beckett e al tema dell’assurdità della vita, il 9 ottobre si esibirà la compagnia di Maguy Marin.

Il terzo focus di Torinodanza, “Platel e les ballets C de la B”, infine, sarà in coincidenza con Prospettiva 2, la rassegna teatrale rivolta alla contemporaneità che aprirà anche quest’anno ad ottobre la stagione del Teatro Stabile di Torino.
La sezione è dedicata al coreografo belga Alain Platel e alla sua compagnia Les Ballets C de la B (in scena anche lunedì e martedì prossimi a Ginevra nell’ambito del festival La Batie, dove Platel si è già assicurato per le due serate il tutto esaurito), che presenterà a Torino tre coproduzioni del festival in prima italiana.
Il 29 e 30 ottobre si assisterà a “Primero erscht”, che indaga, sulle note della musica klezmer, il tema dei ricordi e il concetto della prima volta.
“Out of Context – for Pina” è invece uno spettacolo dedicato a Pina Bausch e incentrato sull’inconscio e l’irrazionale, e verrà sarà presentato il 9 e 10 novembre.
Il 12 e 13 dello stesso mese seguirà “Gardenia” di Alain Platel e Frank Van Laecke, una pièce che fa riferimento alle deluse speranze di un gruppo di cabarettisti travestiti di Barcellona.

Una sezione extra ospiterà inoltre il 15 ottobre “Another Sleepy Dusty Delta Day”, assolo di danza creato da Jan Fabre insieme con Ivana Jozic. Al centro del lavoro la storia di un amore proibito che si chiude con un suicidio.
In supporto ai giovani coreografi piemontesi verrà infine presentato in prima assoluta un assolo di Sara Marasso, “Soluzione parziale a problema transitorio”.

Un’offerta decisamente ricca e variegata quella della nona edizione di Torinodanza. Caratteristica dell’iniziativa è la sinergia che lega questa manifestazione ad altre realtà culturali. L’avvicinamento del festival alla musica e al teatro si pone anche come occasione di scoperta della danza da parte di un pubblico digiuno di tale disciplina.
Del resto è lo stesso Cristoforetti ad affermare che “approfittando della natura stessa della danza, che declina linguaggi prossimi anche al teatro, al circo o all’arte contemporanea, si pone come un naturale trait d’union tra istituzioni e programmazioni diverse e anche tra poetiche ed epoche differenti. Non per un’impossibile sintesi, ma per fiducia convinta in un approccio aperto, coordinato e multilaterale verso la creazione artistica”.

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