Hamm e Clov ai giorni nostri, in cerca di un finale per Sam

Un finale per Sam
Un finale per Sam
Un finale per Sam (photo: Crab Teatro)

Sono passati 54 anni e 123 giorni. E ci ritroviamo esattamente là dove ci si era lasciati. Ossia in quel “Finale di partita” (perso), celebre opera in un solo atto firmata Samuel Beckett e datata 1957.
Rievocato in video – su un trionfante sfondo – il famoso epilogo, con quel servo Clov, valigia in mano, che chissà se sarà davvero capace di andarsene, abbandonando per sempre il suo alter ego Hamm.
Applausi.

Luce. Di nuovo un palco. Hamm e Clov sono ancora lì, nonostante il tempo trascorso. Tutto è uguale eppure diverso. Perché Hamm, cieco, occhiali scuri, fischietto sempre al collo, continua a sopravvivere sulla sua poltrona a rotelle. E Clov è pronto a riproporsi come la pedina sacrificale d’una partita a scacchi non ancora esaurita.

Eppure non sono più loro, e tutto in qualche modo è cambiato: volti bianchi da clown per entrambi, Clov si chiama ora Clay e Hamm è diventato Al, “il paraplegico”; le due finestre sul mondo esterno non ci sono più; e neppure i due progenitori di Hamm, Nagg e Nell, con i rispettivi bidoni della spazzatura come residenza. Al loro posto due televisori, moderne pattumiere, strumento di un flusso ininterrotto d’immagini dal nostro contemporaneo, che tutto produce e tutto distrugge, gorgo infernale d’immondizia da fagocitare e replicare.

Insomma, “il luogo è lo stesso ma le cose sono cambiate”, in fondo neppure troppo, forse con una certa sottrazione di elementi, ironicamente attribuita al “teatro di ricerca”. Perché lo spettacolo ideato dalla compagnia torinese Crab, partendo da Beckett, vuol giocare su un doppio livello.
In video, sull’intero fondale, si apre quindi un altro mondo, un metateatro che vede i due protagonisti, lì in veste d’attori, interrogarsi sui ruoli, sull’essenza e l’esistenza stessa dell’artista, sulla sua precarietà e l’instabilità di una vita oscillante fra un ego da soddisfare e l’instabilità economica. Una ricerca esistenziale fra scena e realtà.

Intanto, sul palco, una partita iniziata molto tempo prima è ancora da chiudere. Nel segno della ripetizione. Si cercherà “Un finale per Sam” ricorrendo, puntualmente, agli stessi riferimenti dell’origine, ossia attingendo al testo beckettiano: le richieste di Al di essere spostato sulla sedia; l’ossessiva domanda: “Non è l’ora del mio calmante?”; il rampino; il fischietto per far accorrere Clay; alcune battute passate alla storia (come “non c’è nulla di più comico dell’infelicità”)…
Una rielaborazione drammaturgica efficace, che mostra, in una giovane compagnia ancora poco conosciuta, l’abilità di giocare su una falsariga autoriale mantenendone con capacità lo stile.

E, dunque, anche il ‘sequel’ vedrà un finale di partita (“ma non chiamiamolo così, che poi dobbiamo pagare la Siae”) in cui a fronteggiarsi, ancora una volta, saranno la vita e la morte, con i ripetuti tentativi dei protagonisti di privarsi vicendevolmente di un’esistenza sempre più insopportabile e inutile.
Ma tutto sembrerà sempre ironicamente fallire. Persino l’idea di “morir dal ridere”, o il suggerimento di ammazzarsi di noia. Già, la noia, perché non c’è niente di più mortale della noia. E allora “non diciamoci più nulla, fino alla fine”.
Eppure la morte non è poi così certa. Arduo, insomma, programmare con efficacia la propria dipartita.

Pierpaolo Congiu e Antonio Villella sono i due bravi autori ed interpreti dello spettacolo, riuscito e curato, ma forse migliorabile nell’incisività dei passaggi finali.
Hanno comunque le carte in regola per crescere. E in attesa del nuovo debutto, a maggio con “Kain”, non ci stupirebbe vederli – dopo la partecipazione a Prospettiva2 – tra i protagonisti di qualche altro importante festival estivo torinese…

UN FINALE PER SAM
di e con: Pierpaolo Congiu e Antonio Villella
musiche: Bruno Franceschini
produzione: CRAB Associazione Culturale
costumi: Roberta Vacchetta, Luciana Gravina
aiuto regia: Eloisa Perone
durata: 58′
applausi del pubblico: 2′ 40”

Visto a Torino, Alfa Teatro, il 15 gennaio 2011
Contemporary Voices

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