L’intensa maratona di Giammarini e Lupano

In una notte stellata, Mario e Steve si allenano per affrontare i quarantadue chilometri e 195 metri della maratona di New York, sogno, mito e meta di ogni runner.
È un appuntamento consolidato il loro: sempre lo stesso percorso macinato di corsa, a suon di chiacchiere. ‘Che parlare mentre corri aiuta a fare il fiato.

Eppure è chiaro che quella notte non è come tutte le altre. Al pubblico l’onore di scoprirlo in 55 minuti di spettacolo.
Una prova d’attore e fisica per i due interpreti, coinvolti nel progetto anche in veste di registi, impegnati per tutta la durata dello spettacolo a correre in scena, quasi fermi sul posto.

Loro sono Cristian Giammarini e Giorgio Lupano, il primo apprezzato interprete di scuola ronconiana, per lungo tempo assoldato tra le fila del Teatro dell’Elfo; il secondo artista che si muove con disinvoltura fra teatro, televisione e cinema.

Il testo è quello del premiato drammaturgo lombardo Edoardo Erba, scritto nel ’91 e vincitore, l’anno successivo, del Premio Candoni, poi tradotto in 15 lingue e messo in scena in diversi paesi del mondo.

L’intera pièce è ambientata durante l’allenamento notturno dei due amici, immersi nell’atmosfera rarefatta e priva di riferimenti di una serata strana, insolita, restituita da un unico elemento scenografico: un fondale su cui vengono proiettati un sentiero notturno e un cielo stellato, con le varie costellazioni messe di volta in volta in evidenza come per marcare tappe, mete e sogni metaforicamente raggiunti durante la corsa.

Qualcosa di strano indubbiamente c’è. Mario all’inizio è scalzo, non riconosce la strada, appare confuso, non ricorda nemmeno come è arrivato lì, dove ha lasciato la macchina. Steve al contrario è solido e concreto, determinato e risoluto. Attraverso il loro dialogo fitto, colorito e quasi “televisivo”, emergono episodi d’infanzia, ricordi, paure e debolezze, la storia della loro amicizia, la fatica del correre, la tentazione di fermarsi e magari tornare indietro.

Talvolta il cielo stellato proiettato nello sfondo si rompe, o meglio, è come se quell’immagine rasserenante, deserta e onirica venisse disturbata da ‘frame’ che s’infilano come schegge impazzite, procurando ogni volta un sussulto. Fanno emergere una sensazione di allerta, perché un senso di precarietà aleggia su questa storia, anche quando i due amici pare parlino del più e del meno.

E intanto corrono. Corrono, Steve e Mario, finché succede qualcosa: una serie di associazioni, qualche risposta sospesa di Steve, e la fatica fisica – lamentata da Mario per tutto il tempo – all’improvviso sembra sparire… Al suo posto emerge la consapevolezza di qualcosa che probabilmente è accaduto.
Tutto verrà spiegato nell’intenso finale: il senso di inquietudine, sospeso tra i dialoghi leggeri e spontanei, i frame-scheggia del video, il senso di rarefazione generale nonostante la performance fisica e sudata dei due attori, la mancanza di riferimenti nello spazio/tempo, e il senso della maratona stessa, perché è facile perdersi nel percorso se non è chiara la meta.

L’allestimento dei due giovani artisti onora in senso poetico una drammaturgia solida e perfettamente strutturata, che pare già racchiudere in sé il segreto della sua messa in scena.
I due ci guidano verso la scoperta finale con suggestioni sapienti e ben dosate, che non fanno trapelare nulla prima del dovuto. Anzi, l’attesa si insinua come uno stato di inquietudine, e matura poi come un sospetto, fino ad esplodere in un finale intenso che sa commuovere il pubblico in sala.

MARATONA DI NEW YORK
di Edoardo Erba
interpretato e diretto da: Cristian Giammarini e Giorgio Lupano
assistente: Caterina Panti Liberovici
luci: Mauro Marasà
video: Massimo Federico
produzione: Teatro Stabile delle Marche, nell’ambito del Progetto Contemporanea
in collaborazione con Officina Concordia, Comune di San Benedetto del Tronto e Amat

durata: 55’
applausi del pubblico: 3’ 19’’

Visto ad Ancona, Teatro Studio alla Mole Vanvitelliana, il 25 gennaio 2011

stars-3.5

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1 Comments

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  1. says: FiLOMENA

    SPETTACOLO STUPENDO UNA STORIA BELLISSIMA DI UNA GRANDE AMICIZIA INTERPRETATA DA DUE GRANDI ARTISTI MERAVIGLIOSI E BRAVISSIMI, HO FATTO 500 KM PER VEDERLI E NE RIFAREI SUBITO ALTRI 500. NE E’ VALSA LA PENA .