Due lupi: l’incontro intimo tra Agota Kristof e Virgilio Sieni

Due lupi
Due lupi
Silvia e Luisa Pasello in ‘Due lupi’

Ispirandosi a “Il grande quaderno”, prima parte della “Trilogia della città di K.” di Agota Kristof, Virgilio Sieni ha composto con Silvia e Luisa Pasello “Due lupi”, in prima assoluta a Fabbrica Europa la settimana scorsa.
Confesso di non aver letto il romanzo della scrittrice ungherese e di non poter comparare l’intensità scenica alla dimensione delle sue pagine, ma l’ignoranza della fonte non ha inficiato la visione, a riprova della capacità di costruire uno spettacolo di per sé autonomo, che evoca per immagini e re-cita l’opera dando consistenza fisica a parole non dette.

Il rapporto gemellare che lega i bambini protagonisti del racconto si trasferisce nella relazione tra le attrici gemelle, simili ma non identiche: allo stesso modo la partitura di gesti prevede piccoli scarti e differenze nelle azioni speculari, le battute (pronunciate sempre all’unisono) compongono doppio suono col medesimo ritmo.

Tutto si svolge in un’atmosfera notturna, immersa in una nebbia leggera; un telo sul fondo delimita lo spazio, definisce un retroscena svelato a tratti dal controluce caldo, rosso ciliegia. Qui, nascoste dal buio, prendono forma le apparizioni: due braccia che emergono dalla stoffa, i passi di una camminata a due. Quando le attrici giungono davanti a noi, con in mano due grossi pacchi-regalo, hanno il volto coperto da un foulard: c’è qualcosa di ferino e insieme infantile nei loro movimenti, sono due cuccioli – forse d’uomo, forse d’animale – pronti a difendersi e a sfidare.

Comincia così la storia di un abbandono e di una solitudine radicale: uniti in un percorso di formazione che passa per la sporcizia e la violenza, il loro essere insieme è l’unico riparo da cui affrontare il mondo.
Silvia e Luisa Pasello riescono a essere ‘due lupi’, braccati e fieri, e a far emergere dai corpi stati e identità diversi: da adolescenti selvatici a seduttrici, a vecchie inermi, all’interno di una struttura che si sviluppa isolando alcuni nuclei narrativi essenziali: il momento in cui la madre affida i gemelli alla nonna, per tenerli lontano dalla città dove infuria la guerra; la vita nella foresta con la vecchia parente che li chiama figli di cagna; le prove di resistenza fisica e spirituale cui si sottopongono per indurire pelle e anima.

Come in frammenti di ricordi a poco a poco più densi, le frasi si ripetono, asciutte e scandite dalle due voci, ma la ripetizione si lega a azioni e micromovimenti che di volta in volta costruiscono aperture di senso. Tra le attrici una dinamica di contatto, sguardi, analogie, allontana la fisicità dal commento didascalico; le figure composte dai corpi sono immagini delle sensazioni, dei desideri, suggestioni con lampi d’ironia; non raccontano fatti, ma ci immergono sempre più nel modo di sentire dei due protagonisti: in questo disegno anche soluzioni semplici acquistano forza, come il momento della ritmica emissione del respiro.

La regia di Sieni costruisce lo spettacolo come un viaggio interiore, con passaggi scanditi da luci pittoriche, a picco sui drappeggi del telo: anche l’aria che muove i riflessi della stoffa è un momento estetico che si inserisce nell’equilibrio tra le apparizioni e i silenzi. Dal retro incombe l’ombra di un carro armato, simbolo di una cronaca di guerra che avanza, finché l’oggetto arriva a occupare la scena. Opporsi alla sua massa è impossibile: restano le schiene nude delle attrici riverse contro il cannone a segnare la morte della nonna, e lo scheletro ligneo di un cervo che i gemelli portano via, prima di affrontare il destino e separarsi, sacrificando la libertà dell’uno per la fuga dell’altro.

Due lupi
liberamente tratto da Il grande quaderno di Agota Kristof
regia, coroegrafia e spazio: Virgilio Sieni
con: Luisa e Silvia Pasello
luci e fonica: Giovanni Berti
durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 2’

Visto a Firenze, Cango Cantieri Goldonetta – Festival Fabbrica Europa, il 19 maggio 2011

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