L’incontro tra la musica medievale e la coreografa si è ripetuto l’anno successivo con «Cesena», altra pièce presentata ad Avignone, questa volta nella corte del Palazzo dei Papi, che invece cominciava alle prime luci dell’alba per concludersi a giorno fatto.
Il titolo fa riferimento a un episodio particolarmente truce: la strage di Cesena, perpetrata nel 1377 dalle truppe mercenarie bretoni su ordine del Cardinale Roberto di Ginevra, all’epoca legato pontificio nel Nord Italia e futuro antipapa Clemente VII.
I testi cantati rievocano proprio i temi politici e filosofici sollevati dallo scisma che dilaniò la Chiesa occidentale tra il XIV e il XV secolo. Due canti, «Le Ray au Soley» di Johannes Ciconia, e il canto conclusivo, attribuito a Jean Hamelle, celebrano invece la luce del sole nei suoi aspetti simbolici: luce divina, emblema politico, ponte tra oriente e occidente.
Anne Teresa De Keersmaeker afferma di essersi avvicinata all’Ars Subtilior anche perché affascinata da quell’epoca storica, a cavallo tra Medioevo e Rinascimento: «E’ per esempio l’epoca in cui viene inventato l’orologio, che quantifica il tempo, elemento fondamentale sia per la musica che per la danza» ha spiegato in un’intervista. «Filosoficamente, siamo agli albori di idee rivoluzionarie. Ma tutto ciò avviene in un contesto estremamente caotico: la peste, la Guerra dei Cent’anni, la trasformazione della società feudale».
Nel chiuso di una sala teatrale (quella del Théâtre de la Ville) lo spettacolo perde senza dubbio un po’ di atmosfera, soprattutto all’inizio, quando il buio quasi totale, in cui solo con grande sforzo si scorgono i corpi di danzatori e cantanti (l’ensemble Graindelavoix di Anversa, diretto da Björn Schmelzer), è quasi irritante. Progressivamente si viene però trasportati dalla bellezza della musica, affidata alle sole voci (in scena non c’ è alcuno strumento) e gli occhi si abituano al gioco della luce che aumenta secondo un ritmo naturale, lasciando poco a poco apparire una scena vuota: sul palco solo un cerchio di sabbia, che si disferà – ma non completamente – nel corso della rappresentazione, mentre tutto intorno il teatro, privo di quinte, rivela la sua enorme e complessa struttura, simile allo scheletro di un gigantesco animale.
L’intero lavoro, a cominciare dal prologo (in cui un danzatore emerge improvvisamente dal buio completamente nudo compiendo una serie di strani vocalizzi, prima di essere nuovamente inghiottito dall’oscurità), appare come una sorta di celebrazione del corpo umano come strumento: i danzatori cantano, i cantanti sono completamente coinvolti nelle coreografie, tanto che per la maggior parte del tempo è difficile capire chi è chi. Il linguaggio coreografico è semplicissimo, quasi scarnificato, molto fisico ed estremamente efficace, soprattutto nei momenti collettivi, in cui i corpi si spostano all’unisono nello spazio scenico riproducendo l’idea di unità nella pluralità che è propria del canto corale.
«Il corpo umano non è cambiato molto nel corso dei secoli – spiega la coreografa – ma si è lasciato codificare dalla massa delle esperienze umane. Rivisitare questa musica attraverso il corpo, significa per me andare alla ricerca di una memoria corporea. Credo che investire in modo così estremo il corpo attraverso la danza e il canto, senza l’ausilio di alcuno strumento musicale, sia un modo di celebrare la nostra umanità più profonda».
CESENA
ideazione: Anne Teresa De Keersmaeker e Björn Schmelzer
coreografia: Anne Teresa De Keersmaeker
direzione musicale: Björn Schmelzer
scenografia: Ann Veronica Janssens
costumi: Anne-Catherine Kunz
direzione delle prove: Femke Gyselinck
assistente artistica: Anne Van Aerscho
interpretazione: Rosas e Graindelavoix, Olalla Aléman, Els Van Laethem, Haider Al Timimi, Bostjan Antoncic, Aron Blom, Carlos Garbin, Marie Goudot, Lieven Gouwy, David Hernandez, Matej Keizar, Mikael Marklund, Tomàs Maxé, Julien Monty, Chrysa Parkison, Marius Peterson, Michael Pomero, Albert Riera, Gabriel Schenker, Yves Van Handenhove, Sandy Williams
durata: 1h 50′
applausi del pubblico: 4′
Visto a Parigi, Théatre de la Ville, il 18 maggio 2012