La periferia romana negli ultimi anni si trova al centro di discussioni accese, sia all’interno delle istituzioni che le rappresentano, i Municipi, che in maniera meno formale tra le persone, nelle vie, piazze, centri culturali, bar… Questioni a volte urlate a gran voce dai cittadini, a volte più sommerse, che si bloccano nel tempo lottando tra i due poli: il degrado architettonico-strutturale e il desiderio evidente e acceso di ricchezza culturale.
Un pendolo costante, oscillante tra le diverse proposte ufficiali di interventi urbani, socio-culturali e, di contro, la ricchezza progettuale dei cittadini stessi e gli eventi “irregolari” dei numerosi luoghi occupati (fra parentesi ricordiamo che l’Angelo Mai è stato ri-occupato giovedì scorso). Un’oscillazione che si ingarbuglia sempre più per finire nel vortice profondo dei cavilli burocratici, delle eccezioni, delle regole imposte e le regole legittimamente infrante. Un caos di carte, di soluzioni, di distruzioni, di identità e di progettualità sfumate.
La volontà di cultura di pochi individui, o gruppi e associazioni autogestiti e autofinanziati, sembra di rado sembra riuscire a trascinare con sé le istituzioni in una tregua.
Una periferia particolare è quella di Roma Eur.
Nascosto tra i labirintici palazzi bianchi e maestosi del quartiere Eur, esiste dall’aprile 2011, silenzioso, un luogo che fino a poco tempo fa poteva essere solo sognato: il Centro Culturale Elsa Morante. Si tratta di un grande centro polifunzionale, che rivolge particolare attenzione ai giovani, e che sembra un’isola segreta: un sito di oltre due ettari, ai piedi della collina edificata del quartiere Laurentino, inizialmente destinato a parcheggio pubblico, ma come tale utilizzato solo in parte.
Concepito come open space, con caffetteria e spazi didattici, ospita un’area espositiva, un nuovo punto Incontragiovani, il rinnovato servizio Informagiovani di Roma Capitale, un teatro di oltre 180 posti e un’arena di 350 posti: spazi che si uniscono agli ambienti all’aperto dei giardini, della piazza e del boschetto. Il Centro rientra nel progetto del Dipartimento Periferie di Roma Capitale, in collaborazione con Biblioteche di Roma, Incontra Giovani e Zétema.
Questo luogo, dalle interessanti potenzialità, è pressocché sconosciuto se non per alcuni servizi che svolge per i cittadini del quartiere. Si tratta insomma di una risorsa che stenta a prendere il volo e inserirsi nel panorama culturale romano. Tanto che lo spazio teatrale non ospita né una programmazione stagionale né rassegne: “Viene soprattutto affittato a compagnie o scuole di teatro o di danza per i propri saggi di fine anno” afferma Paolo Di Pascale, responsabile del Servizio dell’Ufficio Cultura del Municipio Roma XII. Perché il Municipio XII, e in particolare l’Ufficio Cultura, non ha finanziamenti adeguati per sostenere questo tipo di spazio né per promuovere iniziative a lungo termine, spiega De Pascale.
Eppure, nei giorni scorsi, una piccola scommessa è stata vinta.
Dall’11 al 14 ottobre si è infatti svolto negli spazi del Centro il festival In Eur Off 2012, promosso da Ondadurto Teatro con la consulenza artistica di De Pascale. Il festival è stato caratterizzato dall’incontro di diversi linguaggi espressivi in location urbane: site specific, teatro, arie classiche, film documentario, spettacoli di grandi dimensioni, danza e concerti. Il progetto è sovvenzionato dalla Comunità Europa all’interno del Programma LLP Grundtvig, progetto triennale 2011–2013 che porterà il festival in interscambi internazionali con importanti realtà culturali europee di altri sette Paesi.
Il festival, inoltre, fa parte di CulturaBeneComune, un coordinamento nazionale costituito da rassegne e compagnie dalle estetiche più diverse, che toccano varie arti e condividono il fondamentale concetto di azione culturale come momento vitale per la crescita di un territorio. Una moltitudine di entità che hanno reso possibile un progetto che ha veicolato contenuti sociali attraverso forme artistiche sperimentali e non convenzionali.
In Eur Off ha dimostrato come un evento culturale possa coinvolgere un pubblico numeroso ed eterogeneo attraverso spettacoli di riflessione e denuncia sociale come, per citarne alcuni, “Italiani Cincali!” con Mario Perrotta sull’emigrazione italiana in Belgio, una produzione Teatro dell’Argine; “Tornare a Genova” di Margine Operativo, sul tanto discusso G8 di Genova 2001; “Crash” di Motus Danza, sui tagli alla cultura.
La lettura e l’analisi poetica della realtà non si pone al di sopra del pubblico, ma lo convoglia in una riflessione collettiva e partecipata.
La serata del 13 ottobre è stata dedicata all’arte e ai tagli alla cultura.
Il primo spettacolo “Crash Flight” di Ondadurto Teatro si è svolto all’aperto e nonostante umidità, freddo e la minaccia di pioggia il pubblico non ha esitato un momento a rimanere inchiodato al proprio posto, anche in piedi, pur di godere del mondo onirico, malinconico e comico allo stesso tempo offerto dalla compagnia.
Una grande metafora della necessità umana di vivere la poesia, una favola surreale vista dagli occhi di un vecchietto scorbutico che torna ragazzo e raggiunge il suo sogno di volare.
In “Crash”, di Motus Danza, ecco un’alternanza di ironia e momenti di angoscia esistenziale, nella superficialità caotica del vissuto quotidiano che schiaccia, uccidendola, l’espressione artistica.
Due forme e generi diversi ma non contrastanti: il primo, con la regia di Marco Paciotti, sfuma sui colori romantici del circo contemporaneo con elementi di clownerie e acrobatica, utilizzando fantasmagoriche macchine sceniche tipiche degli spettacoli di Ondadurto Teatro (compagnia romana fondata nel 2004). Il secondo, con le coreografie di Simona Cieri e la sceneggiatura di Rosanna Cieri, si è dimostrato uno spettacolo intenso, ma probabilmente dalla lettura più ostica.
Il senso della serata è stato sintetizzato da De Pascale: “Siamo convinti che attraverso spettacoli non convenzionali si possa trattare di temi sociali forti. Non so se domani andremo tutti a manifestare in piazza, ma sicuramente dentro ognuno di noi si scatenerà, attraverso l’arte, una ribellione interiore contro l’annichilimento della realtà che ci circonda”.
L’arte “scomoda” rivendica la sua necessità e, inserita in un contesto istituzionale come quello offerto da questo spazio, si fa promotrice di una rivoluzione interiore e culturale.