L’uomo moderno nella macro Tempesta dei Motus

Nella Tempesta dei Motus
Nella Tempesta dei Motus
Nella Tempesta dei Motus (photo: motusonline.com)

“Chiudete gli occhi. Adesso ascoltate il rumore del vento, e immaginate la vostra tempesta”.

Così Silvia Calderoni riesce a farci sentire parte assoluta delle bufere dell’uomo. Perché ognuno di noi , in qualche modo, ne vive una, o più di una.

“Nella Tempesta” è un foglio bianco su cui scrivere la nostra memoria e su cui ri-scrivere le nostre esistenze. E un foglio bianco è come ci appare la scena, al momento in cui inizia la performance, dopo che gli spettatori, entrando, hanno consegnato le loro coperte (il contributo richiesto al pubblico in questo caso) agli stessi performer.

La coperta, oggetto-figura  universale e multi-uso (il primo ricovero di un naufrago, la sicurezza di Linus, il tepore rassicurante di ognuno di noi) sarà il mezzo con cui comporre la scenografia e la storia, o meglio le storie, o meglio le realtà, quelle effettive e quelle possibili, quelle del passato e quelle del futuro, in un ‘present continuous’ che si coniuga perfettamente nel tempo dei Motus: il moto continuo, il divenire.

“Nella Tempesta” – spettacolo che ha debuttato prima in Canada e poi alle Colline Torinesi pochi mesi fa – è infatti parte del progetto pluridecennale “Animale Politico 2011-2068”, che si realizzerà in svariate forme e lavori e che si ricongiunge alla fine di “Alexis”, il progetto sulle metropoli e sulle periferie, attraverso la domanda: “Cosa succederà adesso?”.

Dalla scena bianca, dicevamo, tutto ha inizio, come un paesaggio desolato, uno scenario raso al suolo, un post-qualcosa che porta in sé al tempo stesso la forza del vuoto e il potere della creazione. Dal vuoto della scena compare un primo corpo, nascosto da una coperta bianca, da cui inizierà a prendere forma una Ariel-Silvia Calderoni, spirito guida che regnerà sull’intera performance, conducendo musica, personaggi, momenti di gioia e di paura, attraverso molteplici registri e trasformazioni, con un effetto stroboscopico che aggiunge potenza alla forza estetica della performance.

L’impatto iniziale è forte, con un’immagine (che si ripeterà in chiusura) di un corpo eretto dietro al feltro bianco che prende sembianze umane nel momento in cui viene colpito dalla stessa coperta, con un effetto, amplificato dal suono e dallo strobo, assimilabile a percosse.

Con Silvia in scena Glen Ҫaҫi, Ilenia Caleo, Fortunato Leccese e Paola Stella Minni si presteranno a rappresentazioni-simulacri del potere, oltre a portare in scena le proprie tempeste personali, e a immedesimarsi a tratti in Prospero, Miranda e Calibano, entrando e uscendo dalla Tempesta di Shakespeare, in un meta-teatro che porta al margine il ruolo dell’attore. Essere al margine è del resto un concetto che i Motus hanno intriso nel loro dna, e che anche in questo lavoro ritroviamo: sia nell’impostazione stilistica, sia nell’attenzione a tutti i mondi ai margini, come quelli del video proiettato durante la performance, in cui Silvia Calderoni si muove tra gli immigrati, in mezzo alla piazza di Roma, portando un piccolo albero in segno di speranza, albero che dal video fa scendere materialmente in scena.

La Tempesta esprime la condizione dei nostri tempi, delle varie proteste civiche in atto nel mondo, da “Occupy Wall Street” fino all’ultima manifestazione degli immigrati a Roma, di pochi giorni fa. E’ il tormento dell’uomo moderno, quello già previsto nel “Brave new world” di Aldous Huxley, testo da cui erano partiti i Motus  per pensare questo progetto. L’uomo vittima della sua stessa avidità di potere, e dei “meccanismi di controllo per il dominio”.

La tempesta è anche nel commento musicale, con il concerto omonimo di Beethoven e con “Riders on the storm” dei Doors (brano che accoglie anche il pubblico all’entrata in sala).

Il progetto a lungo termine dei Motus è un’intuizione a cui aggrapparsi in un periodo senza riferimenti. L’intuizione di capire la potenzialità straordinaria di un momento tanto negativo come quello in cui stiamo vivendo,  trasformabile in nuova linfa vitale, in forme di creatività più spiccate proprio perché costrette dall’impossibilità. La realtà può essere distorta, modificata, sezionata e ricomposta.  E il corpo in questa fase è l’approdo di passaggio, l’isola uomo nell’isola di Shakespeare, di Lampedusa, di Manhattan (i Motus si trovavano a New York durante l’Uragano Sally), nell’isola-mondo alternativo, o in quella della scena. Quella a cui la stessa Silvia Calderoni dice di non poter fare a meno di ritornare, perché alla fine, l’uomo, ha sempre bisogno di tornare alla propria isola.

Numerosi  i rimandi impliciti ed espliciti ad altre opere; oltre alla ovvia Tempesta shakespeariana e al già citato Huxley, ci sono riferimenti a Ballard, a Philip K Dick (Lo “Scuro scrutare” già utilizzato in “W – When, Where, Who”) e alla tempesta riscritta da Aimée Cesaire (“ti prometterà mille volte e mille volte ti tradirà..”). Ma una volta portati nella performance tutti i riferimenti assumono una nuova identità, si integrano in quel contesto, carichi di un senso rinnovato e sorprendentemente contemporaneo.

Il pubblico lascia la sala con tanti input su cui riflettere, e soprattutto con  tante domande, sulle quali, fra tutte, impera quella sul finale, costruita in scena (ancora una volta con le coperte), anagrammando la frase “This is my island” in “Is this land mine?” Ma anche l’ultima domanda si trasforma, con una ulteriore apertura  che include anche  il pubblico e soprattutto con un riferimento al “qui e ora” che si proietta nella possibilità: “And we?”

Forse è proprio da questi interrogativi che verrà sviscerato il prossimo “animale” dei Motus, perché ogni performance è contaminazione della successiva. Proprio come ogni epoca.

Nella Tempesta

ideazione e regia: Enrico Casagrande, Daniela Nicolò
con: Silvia Calderoni, Glen Ҫaҫi, Ilenia Caleo, Fortunato Leccese, Paola Stella Minni
drammaturgia: Daniela Nicolò
assistente alla regia: Nerina Cocchi
luci, suono e video: Andrea Gallo, Alessio Sprili (Aqua Micans Group)

durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 3’ 20”

Visto a Vorno (Lucca), Tenuta Dello Scompiglio, il 26 ottobre 2013

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