Senza troppi preamboli Peter Brook si prende gioco, ancora una volta, di tutte le presunte dichiarazioni di innovazione a teatro.
A luci di sala ancora accese comincia il racconto; tutto si svolge sul palco, niente è nascosto agli occhi del pubblico, i pochissimi oggetti in scena diventano molto presto funzioni di qualcos’altro. Gli appendiabiti sono porte, le pile di cartone muri, le scarpe cadaveri. E gli attori, senza alcuna difficoltà, passano da un personaggio all’altro all’interno di un racconto incalzante, comico e al tempo stesso appassionante.
La cosa più affascinante di tutte è che ci si crede. L’incantesimo del teatro si ripropone con tutta la sua forza e avvolge il pubblico a tal punto che non rimane spazio per domandarsi in quale piano di realtà si sta camminando.
I due attori, tecnicamente impeccabili, ci mostrano che cosa significhi mettere la tecnica al servizio del teatro. Non c’è teatro-danza o nouveau cirque che tenga. Parliamo di una categoria quasi dimenticata, quella del physical theatre, in cui la preparazione tecnica (corporea, vocale e interpretativa) dell’attore si mette a tal punto a servizio della storia – e della regia – da non poter essere associata a nessun’altra disciplina se non all’arte dell’attore.
Viene da domandarsi se l’innovazione non stia proprio nell’assoluta semplicità e pulizia, nella misteriosa capacità di farci rimanere immobili e catturati mentre una scarpa da ginnastica si trasforma in un uomo o il corpo e la voce dell’attore ricreano la catena di montaggio e l’alienazione che essa produce.
Al tempo stesso Peter Brook non rinuncia al teatro di denuncia, mettendo in scena l’apartheid e le sue aberranti deviazioni, e scegliendo un testo dall’umorismo tagliente ma anche dagli improvvisi e trascinanti risvolti tragici. E Sizwe Banzi diventa, all’improvviso, un commovente Amleto perso nel tentativo di ricollocare la propria identità al di là di un lasciapassare e di un nome.
Rimane una punta di amarezza nel domandarci dove fossero, domenica pomeriggio, i numerosissimi studenti del Dams bolognese (presunti futuri critici e studiosi dell’arte teatrale?), dal momento che il teatro era semivuoto e i presenti in gran parte abbonati.
Sizwe Banzi est mort
di Athol Fugard, John Kani e Winston Ntshona
adattamento francese: Marie-Hélène Estienne
regia: Peter Brook
con: Habib Dembélé, Pitcho Womba Konga
luci: Philippe Vialatte
elementi scenici: Abdou Ouologuem
responsabile di produzione: Marko Rankov
produzione: CICT/Theatre des Bouffes du Nord
durata: 1 h 17’
applausi del pubblico: 4’
Visto a Bologna, Arena del Sole, il 30 novembre 2008