Sulla cassa del teatro c’è una grande scritta: “tutto esaurito”, eppure “L’Ultimo Harem” rimarrà in scena al Teatro di Rifredi di Firenze per più di due settimane. Al quinto anno consecutivo di repliche continua a riscuotere un enorme successo, tanto da aver portato a teatro oltre novemila spettatori.
La gente è accalcata in fila davanti alla porta di ingresso. Non volendo ci ritroviamo sui gradini che portano ai camerini, dove veniamo malamente sgridate da una signora del pubblico che ci intima di metterci in fondo alla fila. Non capiamo. Ed ecco che si parte. Veniamo condotti giù per le scale (ed ora sì che capiamo: la nostra posizione era veramente una pole position!) e passiamo da uno stretto corridoio su cui si affacciano i camerini: Serra Yilmaz (l’attrice turca che Ferzan Ozpetek ha fatto conoscere al grande pubblico), Giulia Innocenti (bella e brava attrice e danzatrice toscana), Riccardo Naldini e il regista Angelo Savelli. Saliamo altre scale per trovarci immersi nella nebulosa atmosfera di un hammam. Sediamo su scalinate ornate con stoffe orientali e cuscini. Serra Yilmaz, in scena, legge da un libro in turco. Insieme a lei la sensualissima Giulia Innocenti nei panni di una giovane dell’harem. Eccoci dunque proiettati nella ammaliante atmosfera di Istanbul nel 1909, alla vigilia della chiusura degli harem, tra hamman, palazzi imperiali e notti d’oriente proiettate sullo sfondo.
L’”Ultimo Harem” è uno spettacolo di suggestiva atmosfera che guida i suoi spettatori in una realtà da “Le Mille e una Notte”, un mondo di sensualità ma anche di risolutezza ed ironia. E’ uno spettacolo che vuole sfatare le origini del fascino dell’harem: un luogo che, a noi occidentali, pare assurdo, ma per chi allora ci viveva percepito come un privilegio. Anche la nonna materna di Serra Yilmaz è cresciuta in un harem, lo racconta la stessa attrice durante la presentazione dello spettacolo. Dall’harem, poi, è uscita quando lo ha voluto, per sposare un impiegato dello stato ottomano.
L’unica cosa che la faceva soffrire – racconta Serra – era l’idea di non aver mai conosciuto i suoi genitori, e per questo viveva in attesa della madre.
“Gli uomini si innamorano profondamente delle donne libere, ma la loro paura è di essere lasciati. Per questo motivo creano gli harem, un carcere mascherato da palazzo, dove racchiudere le proprie donne, ma anche le proprie paure”.
Al contrario di quanto si possa pensare, l’harem si rivela, dalle parole dell’anziana guardiana alla giovane e inesperta, un luogo di potere per le donne che riescono a sedurre il sultano grazie a quella che è la loro vera arma nella lotta dei sessi: il racconto. Inevitabile e naturale è il collegamento con la narratrice per eccellenza: Sherazade. Niente c’è di più sensuale di due amanti che parlano e si raccontano storie nelle notti di luna. E così prende vita sul palco la bellissima novella de “Le Mille e una Notte” (La storia dell’orafo Hasan e della donna con le ali), raccontata dalla guardiana alla giovane. E’ la storia di un uomo che si innamora follemente di una donna uccello e, per farla sua, la priva delle ali. La donna sembra sottomettersi ma, alla prima occasione, riavute le ali, volerà via per non tornare mai più. Libera.
L’harem viene chiuso; guardiani, eunuchi, giovani donne, tutti sono liberi ora. Niente più schiavitù per le donne, niente più sottomissione, niente più racconti… ma sarà vero? Sullo schermo scorre la storia della Turchia fino a ritrovarci in un appartamento dei giorni nostri, in una Istanbul che, dice il sottotitolo, potrebbe essere qualunque altro posto del mondo.
Serra Yilmaz, in questa seconda parte dello spettacolo, veste i panni contemporanei di Nebilè. E’ uno dei personaggi che Serra preferisce, e recitarlo la diverte. Ma allo stesso tempo le fa tenerezza, nella sua ricerca di evasione. Nebilè ci parla della donna di oggi e di tante donne del mondo, senza alcuna differenza di nazionalità. Turchia, Francia, Italia… il mondo è pieno di donne insoddisfatte, di casalinghe strette in un cerchio di tende inamidate, cera per pavimenti e insalate di cavolo. Nebilè e la sua amica leggono i fondi del caffè e, sulla “via dei sogni”, immaginano di farsi piccole piccole. Mina canta in turco “Parole, parole, parole” ma, come accade in tante famiglie e coppie moderne, il senso della comunicazione manca totalmente.
Nebilè scava con una forchetta un tunnel, proprio come Tim Robbins in “Le ali della libertà”, e si ritrova nell’appartamento dei vicini, l’ennesima coppia che non comunica più, che non ha più niente ad unirli. La trova il marito, che usa la stanza come camera oscura. La tiene al sicuro, la coccola, le regala abiti e oggetti preziosi, le porta da mangiare e passa lunghe serate in sua compagnia. Nebilè ogni sera si prepara per lui, indossa la sua vestaglia più bella, si adagia sulla trapunta, tra i cuscini, e aspetta il suo arrivo. Ogni sera Nebilè racconta all’uomo episodi della sua vita: la camera oscura come il gran palazzo del sultano, la donna di oggi come quella di allora e, ancora, i racconti nella notte.
L’Ultimo Harem
testo e regia: Angelo Savelli
con: Serra Yilmaz, Giulia Innocenti e Riccardo Naldini
scene e costumi: Mirco Rocchi
produzione: Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi
durata: 1 h 40′
applausi del pubblico: 3′
Visto a Firenze, Teatro di Rifredi, il 20 gennaio 2009