La compagnia romana Itermini ha trionfato a M’Arte Live 2008, guadagnandosi un posto sul palco del Palladium per il festival Teatri di Vetro 3. In scena lo spettacolo “Interno Abbado”, racconto noir per una voce unica, quella di Giandomenico Cupaiuolo, accompagnata, in capo e in coda, dalla fisarmonica di Lucas Waldem Zanforlini.
Pochi ed essenziali gli elementi scenici: una lampadina che pende dal soffitto e una circonferenza d’oggetti – da interno, appunto – che somiglia a quei cerchi sacri in cui si compiono i rituali. E tutto torna quando, al suono d’una parlantina magnetica che sfiora il gramelot, Cupaiuolo racconta, con voce di vecchia casalinga, di come il marito “infame” sia fuggito con chissà chi, lasciandola nel silenzio della solitudine. Senza apparente motivo.
Poi una telefonata: il maresciallo dei Carabinieri in persona chiama per dire che, forse, è stato ritrovato il marito. Ma probabilmente è più emozionante ed eccitante la notizia in sé, che un funzionario di polizia si preoccupi di telefonare a casa di una donna sola. Foss’anche per dirle che il marito perduto se ne va in giro con gli abiti della moglie a fare il travestito.
Poi addirittura arriva qualcuno a bussare. E quella che sembrava essere una casa con i mobili tarlati e le finestre oscurate dalle ragnatele, si anima al ritmo di una visita inaspettata, latrice del colpo di scena finale, che qui non riveleremo. Questo è teatro che ha bisogno di poco, di molto poco, di ancora meno, per risultare comunque vincente. Itermini giocano al ribasso, si liberano di orpelli scenografici, fanno a meno di tutto o quasi, lasciando la grande responsabilità alla voce, al corpo – quasi sempre fisso in un punto ma mai morto – e in generale alla presenza di Capaiuolo, che si prende tutto il tempo per trasformarsi da uomo in donna, e poi nuovamente in uomo.
Se, da programma di sala, l’idea drammaturgica prende le mosse dall’ultima sequenza di “Psycho” di Hitchcock, in cui Anthony Perkins indossa plaid e parrucca dell’amata madre, sulla scena tutto acquista ancora più spessore. Il lavoro è di certo sulla narrazione, sull’affabulazione, sulla visualizzazione di angoli e odori, sulla materializzazione, nello “spazio vuoto”, di un intero ripostiglio stracolmo di scheletri. Si ride e ci si meraviglia della precisione con cui il protagonista sguscia tra pensiero e azione senza muovere un passo o quasi; torna alla memoria la lezione di mimo tenuta da Steven Berkoff al Teatro Argentina con “One man”, mentre la signora Abbado percorre i bui corridoi di una casa che puzza di vecchio.
Si resta piacevolmente rapiti da un corpo che lavora, che suda, che chiede a se stesso tutto e tutto ottiene. La vicenda si tinge di giallo, chiama in causa gli stilemi del genere, senza mai abbandonarsi a facili soluzioni, sempre rigida in uno schema di pura sintesi teatrale. Suda lui, sudiamo noi. Muta lui, mutiamo noi. Il fisarmonicista attende paziente, da un lato, la catarsi, mentre l’attore gestisce più personaggi, più sensazioni, più spazi contemporaneamente. Tutto all’interno dello stesso, solido, livido, ardente, cerchio rituale.
C’è il sapore del sud Italia e l’estro intellettuale di certo teatro nordico; soprattutto c’è il corpo che pompa la voce, elementi che di artificiale hanno poco, molto di biomeccanico. Ma non nel senso accademico del termine; qui non c’è spazio per i paroloni. Qui biomeccanica significa ingranaggio vitale.
Giandomenico Capaiuolo è cofondatore della compagnia Itermini (2001) insieme a Roberto Manzi e a Andrea Baracco, che di questo “Interno Abbado” è regista severo, quasi sadico, puntiglioso, attento e alla ricerca, sempre, di una risposta pronta, da parte dell’attore e del pubblico. Con grande successo.
INTERNO ABBADO
di Andrea Baracco e Giandomenico Cupaiuolo
regia: Andrea Baracco
produzione: Itermini
interpreti: Giandomenico Cupaiuolo
disegno luci: Camilla Piccioni
musiche dal vivo: Lucas Waldem Zanforlini
durata spettacolo: 1 h 05’
applausi del pubblico: 1’ 20’’
Visto a Roma, Teatro Palladium, il 16 maggio 2009
Festival Teatri di Vetro 3