I camerini del Teatro Donizetti di Bergamo sono un po’ il vero emblema del teatro: a ridosso della scena, paiono quasi ricavati nella roccia, con un muro intonacato che sembra grezzo. Dentro sono invece illuminati da lampadine bellissime, calde. Il tutto sembra segnare il passaggio che in ogni percorso d’arte si ha fra difficoltà e tepori, fra applausi e solitudini.
L’incontro con Massimo Popolizio, che prende spunto dalla ripresa di “Copenaghen”, storica produzione ERT del 1999, interpretata anche da Umberto Orsini e Giuliana Lojodice, è l’occasione per parlare, dieci anni dopo, non solo dello spettacolo, ma di questi anni passati a teatro.
Genovese, classe ’61, formatosi artisticamente e professionalmente all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma, Popolizio ha intrapreso il percorso di attore entrando subito fra gli interpreti di riferimento di Luca Ronconi.
Nel 1995 vince un Premio Ubu come miglior attore per gli spettacoli “Re Lear” di William Shakespeare e “Verso Peer Gynt” ispirato al “Peer Gynt” di Henrik Ibsen. E’ il primo, a cui seguirà un ulteriore premio nel 2001 per “I due gemelli veneziani” di Carlo Goldoni. Era candidato anche nell’ultima edizione per la straordinaria prova in “Ritter/Dene/Voss”, spettacolo interpretato anche dalla Mandracchia e dalla Paiato.
I recenti fuori-pista con il cinema, da “Romanzo Criminale”, a “Mare nero” e a “Mio fratello è figlio unico”, oltre che per il ruolo di Vittorio Sbardella ne “Il Divo” di Paolo Sorrentino, hanno aggiunto ulteriore fama ad un’artista dai toni schivi, professionale, molto dedito al lavoro.
Anche gli ascoltatori della radio lo conoscono per le sue letture radiofoniche su Radio 3 (Il Terzo Anello – Ad alta voce): da “Il deserto dei tartari”, a “Il maestro e Margherita”, da “Le avventure di Tom Sawyer” a “Le memorie di Barry Lindon” sono tutti ancora ascoltabili in rete.
Quest’anno la sua prima regia: “Ploutos o della ricchezza”, la commedia di Aristofane riscritta da Ricci & Forte. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro di Roma in collaborazione con la Biennale di Venezia, è stato un progetto fortemente voluto da Michele Placido e sostenuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nato appositamente per i Teatri di Cintura come risposta alla necessità di fare cultura nell’intera città, interamente prodotto e seguito in ogni fase della sua evoluzione nella periferia romana, arrivando a coinvolgere in prima persona anche gli abitanti del territorio. Uno spettacolo fatto da attori professionisti e non, che affronta il tema della ricchezza e della disuguaglianza sociale.
Tutto questo lo abbiamo scorso in una chiacchierata nei camerini del Donizetti, prima delle prove, dopo un temporale. Sono le sette e un quarto di sera. Massimo Popolizio ci racconta e si racconta una vita a teatro.