Avignone 2009. Nella città del teatro

Festival d'Avignon 2009

Festival d'Avignon 2009Ci sono gli artisti che fanno la storia del teatro, i registi che fanno la storia del teatro e i luoghi che fanno la storia del teatro. Questi ultimi non sono molti, e più spesso sono singoli “teatri-simbolo”. Raramente città.
Una di queste, però, è Avignone. Sarà per la bellezza del luogo, per una perizia che si è consolidata da metà del secolo scorso, fatta di un minuzioso impegno che precede ogni messa in scena offerta al pubblico, e alla naturalezza con cui tutte queste cose si incastrano, sarà quel che sarà, ma Avignone è il teatro.

L’edizione 2009 (che debutta domani per proseguire fino al 29 luglio) è la numero 63 del festival nella città dei papi. Sarà all’insegna del Mediterraneo e della sua storia, vista la scelta dei direttori del festival Hortense Archambault e Vincent Baudriller di avere al loro fianco l’artista libano-canadese Wajdi Mouawad, fautore di una prassi scenica dai toni quasi epici, che presenterà in anteprima il suo nuovo spettacolo: “Cieli”, ultimo capitolo di una tetralogia intitolata “Il sangue delle promesse”. Saranno messi in scena anche i suoi altri tre spettacoli: “Litorale”, “Incendi” e “Foreste”.
Ma Vincent Baudriller ha aggiunto, nella conferenza stampa di presentazione, anche qualcos’altro: “L’esperienza della violenza e della follia saranno al centro del festival di quest’anno”.

Il cartellone è come sempre ricchissimo: dalla tragedia “Apollonia” del polacco Warlikowski, al dramma d’amore ai tempi della crisi “Casimir et Caroline” di Ödon von Horvath, nella rilettura degli olandesi Johan Simons e Paul Koek. Il via a tutto con uno spettacolo di contaminazione, al bordo fra musica e immagine: “La guerra dei figli della luce contro i figli delle tenebre” di Amos Gitai, con la partecipazione di una grande della scena francese, Jeanne Moreau. Ci saranno poi cineasti impegnati in progetti particolari, come Christophe Honoré con “Angelo, tiranno di Padova” di Victor Hugo.
Lo svizzero Stefan Kaegi, con “Radio Muezzin” nel chiostro dei Carmi, ritorna a proporre il suo teatro documentario dall’impostazione essenziale. Il mondo da raccontare. Un filone che vedrà impegnati, seppure con forme e modalità diverse, il congolese Dieudonné Niangouna, il malgascio Jean-Luc Raharimanana, e il latino-americano Federico Leon.
Marthaler con “RiesenButzbach, una colonia durevole”, recentemente visto anche a Napoli per il Ntfi, racconta la paura dell’altro e dello straniero, che fa progressivamente diventare incubo orwelliano la vita dei cittadini europei. Nella scena minimalista di Anna Viebrock, i protagonisti sono continuamente sottoposti ad un controllo con telecamere a circuito chiuso, antifurti e recinzioni di sicurezza, mentre ogni personaggio è un informatore corrotto, che spia e sorveglia le azioni degli altri.

Ovviamente Avignone non è solo il cartellone ufficiale. E’ tutta la città, infatti, a vivere la dimensione dell’evento. La programmazione off, che anima la cittadina della sua parte forse più caratteristica, occupa sia i piccoli teatri che i luoghi più insoliti: dagli scantinati alle strade, fino ai centri commerciali.
Dai tempi della creazione del festival, Avignone ha rappresentato l’anteprima. Il passaggio obbligato e la conferma. Fra gli italiani l’anno scorso aveva debuttato la “Divina Commedia” di Romeo Castellucci, mentre quest’anno arriverà Pippo Delbono con “La menzogna”.
Dal suo creatore, Jean Vilar, allievo di Charles Dullin al teatro dell’Atelier, il festival ha sempre avuto chiara l’idea di dover essere parte di un processo educativo e di coinvolgimento del pubblico in temi che occorre affrontare perché parte fondamentale dell’esistenza e della storia dell’uomo.
Qui, dove nel 1947 nacque la Semaine d’Arte Dramatique, anno dopo anno si ripete quel rito di rinnovamento, di insufflazione vitale: “Il est nécessaire une fois de plus de faire respirer le théâtre […]. L’avenir du théâtre n’est pas dans le huis clos”. Un pensiero contenuto in un testo il cui titolo la dice lunga sull’idea dell’artista pensatore: Le théâtre, service public.

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  1. says: angelo maddalena

    sono appena tornato da avignone, dove ho presentato il mio primo monologo chitarra e voce in francese. Per la prima volta ho sperimentato cosa vuol dire vivere in un teatro diffuso per le strade della città. In una città simbolo del teatro. La cosa che mi era stata detta tre anni fa era che non si trovava molto spazio per chi volesse fare teatro in strada, indipendentemente dall’essere in o off. Sapevo che chi rientra nell’ambito dell’off deve pagare una cifra. Avevo qualche pregiudizio. Poi, l’anno scorso, ho saputo del monologo di Ludovica Andò su Rosa Balistreri, ho incontrato lei e mi ha raccontato di come aveva fatto a rientrare negli off di Avignone. Quest’anno sono andato quasi per caso e di passaggio, perchè ero più motivato ad andare a Chalon sur saone. Devo dire che ad Avignon ho trovato più di quello che mi aspettavo. una piazza stupenda, poetica e silenziosa, come l’esplanade du palai s des papes, place de l’amirande. L’esplanade si chiama Yve-Michel Bichet o qualcosa del genere, ed è tutta bianca, di pietre bianche, sovrastata da un edificio anch’esso bianco, di pietre bianche, antico, una scenografia naturale che non so in quanti posti del mondo si può trovare. Ho presentato due volte al giorno il mio monologo, tra le sette e le undici della sera, alternandomi con altri artisti con cui condividevamo lo spazio. Uno spazio libero, autogestito e…silenzioso. Sono stato due giorni anche a Chalon sur saone, e ho potuto fare il raffronto, dal quale Avignon è uscita vincente, infatti son torntato ad Avignon come un figliol prodigo! Ad Avignon c’è questo silenzio diffuso nelle vie e e soprattutto in certe piazzette come place de l’Amirande, e la gente che ascolta e che sembra lì in cerca di, assetata di ascolto, di voci, di musiche, di narrazioni…Ecco, le narrazioni, è stato il libro Voyage, scritto a tre mani da Wajdi Mouawad, e i due direttori artistici di Avignon Festival, che mi ha spinto ad andare ad Avignon, e dopo averlo letto, voglio continuare, fra qualche settimana c’è Aurillac, fra dieci giorni pernes les fontaines, e domani…magari il Quebec, sulle orme di Wajdi, angelo