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A cena con gli artisti: da Teatrino Zero si fa così

I Sacchi di Sabbia in Don Giovanni
I Sacchi di Sabbia in Don Giovanni
Il Don Giovanni dei Sacchi di Sabbia
Dopo gli Jashgawronsky brothers, Macelleria Ettore, Mario Pirovano, Aldo Tagliapietra e Stefano Olivato, tra gli ospiti recenti del Teatrino Zero di Spinea – nell’entroterra veneziano – sono arrivati anche i pisani Sacchi di Sabbia, con la loro versione in bianco e nero del “Don Giovanni”, premiato dalla critica nel 2011 e molto gradito dal pubblico veneziano.

Un “Don Giovanni” senza parole, nemmeno un’aria cantata, un recitato secco o accompagnato, ma solo suono; un suono vivo che rafforza, colora e ha intrattenuto lo spettatore alla lettura dei due atti del libretto proiettati sul fondale nero.

Arianna Benvenuti, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Lisa Carpitelli, Matteo Pizzanelli, Federico Polacci e Giulia Solano nelle loro divise da scolaretti di ultimo banco, impettiti e monelli o dissoluti, si sono prestati a diventare una divertente controparte sonora del capolavoro mozartiano, recitando solo a suoni e rumoreggi la musica del dramma giocoso.

L’uso contrappuntistico tra la parola letta e il suono recitato sottolinea infatti la giocosità quasi farsesca dei personaggi – esilarante in particolare la partitura relativa alla rabbiosa Donna Elvira -, e prende in giro entrambi i mondi duellanti nell’opera: sia quello licenzioso che quello moralistico; mentre rimane lontanissima, volutamente poco percettibile, la drammaticità che l’originale nascondeva all’interno di quello stile giocoso.

Insomma, tra una gag e l’altra, il pubblico ha riso e si è divertito; gli attori, esagerando l’espressività e l’illustrazione sonora, hanno dato vita a un nuovo esempio di comicità slapstick. Uno sberleffo – come lo chiamano gli stessi Sacchi di Sabbia – non solo all’opera mozartiana, ma anche alla rigorosità del grande direttore austriaco filonazista Herbert Von Karajan, che eseguì l’opera nel 1986 e da cui la compagnia ha tratto la propria riduzione; uno sberleffo però che, nella grande precisione e simultaneità dell’esecuzione, riconosce ad entrambi tutta la maestria.

Si diceva del Teatrino zero, il nuovo spazio di 80 posti a sedere, nato poco più di un anno fa. In quaranta giorni l’associazione Nati Brutti e la compagnia Teatroasincrono avevano trasformato la palestra di una ex scuola di Crea, a Spinea, in un teatrino attrezzato e confortevole.
 
Dopo un anno e alla seconda stagione, come vanno le cose?
Intanto dei dati oggettivi: l’accoglienza è calda e alla mano, la programmazione artistica ricca (ogni settimana uno spettacolo, da ottobre ad aprile) e variegata; muovendosi tra danza, musica e teatro, il pubblico ha possibilità di incontrare artisti locali e nazionali, nuove produzioni e quelle più singolari che, dopo anni, da queste parti non sono ancora arrivate perché non rientranti nelle linee programmatiche culturali, pubbliche o private. Tra i prossimi protagonisti della stagione: Glauco Venier, Gigio Brunello, Federico Paino, Raum Traum, Dante Cigarini, Carichi Sospesi, Tino Caspanello, Cienforum Labirinto, Teatro Pubblico Incanto

“La rassegna, a livello di presenza pubblico, anche quest’anno può considerarsi più che soddisfacente – racconta Roberta Borghi che cura la direzione artistica dello spazio assieme a Paolo Zaffaina – Quando vediamo le persone uscire sorridenti, nuove mani prendere con interesse il programma di questa seconda stagione e nuove voci dire che la prossima volta torneranno con altri amici, capiamo che i nostri sforzi non sono caduti nel vuoto. A volte, quando inviamo le newsletter informative di ogni singolo spettacolo, ci rispondono: “Pensavo di non venire questa volta. Ho cambiato idea”. E allora capiamo che il collegamento diretto è vivo e funziona”.  

In poco tempo il gruppo che lavora alla riuscita di questa impresa ha saputo creare una bella partecipazione del pubblico, non così scontata sebbene lo spazio sia di piccole dimensioni. “Teatrino Zero – continua Roberta – è un piccolo spazio che ti abbraccia e si trasforma di volta in volta, portando in vita universi diversi tra loro, ognuno con la sua singolarità. Creare collettività, scambio di idee, proporre anche spettacoli che possono non piacere ma fanno pensare, è questo il nostro intento. Il che non significa compiacere chi viene a trovarci, ma dialogare con lui. E poi chi vuole, dopo lo spettacolo, può cenare assieme agli attori, conoscerli e porre loro domande”.

Anche qui le difficoltà sono molte, tutti i giorni. Non ci sono sovvenzionamenti pubblici, ma fortunatamente c’è uno sponsor privato, mentre il Comune di Spinea dà il suo supporto attraverso una convenzione per la gestione, per ora parziale, dello spazio. Il pubblico arriva anche da lontano, e sin dall’inizio ha dato il suo sostegno. Con la stampa invece – ammette Roberta – ci è voluta più pazienza: “Ad inizio stagione non riuscivamo a farci pubblicare bene. Ora va meglio. Ci stanno aiutando. Abbiamo ricevuto i complimenti persino da una redazione romana che ci ha chiamato per la qualità e la ricchezza della programmazione.  Ci sembrava strano che qui, a livello locale, non venisse riconosciuta! Ora siamo soddisfatti, abbiamo forze diverse unite per garantire la diversificazione di pensiero, e poi, come dice Paolo Zaffaina alla fine di ogni comunicato: si inizia quando ci siamo tutti. Il bar apre alle 8”.
 

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