Temi che verranno sicuramente affrontati anche questa sera, alle 20, nell’incontro pubblico con Lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, dell’arte e dell’immateriale.
Riassumiamo un attimo: a fine 2013 arriva la comunicazione ufficiale dello Stabile di Torino, impossibilitato dal punto di vista economico a farsi carico degli adeguamenti necessari per continuare ad usufruire delle due sale della Cavallerizza Reale, patrimonio – insieme a tutto l’ampio complesso – del Comune di Torino, e da anni punto focale del contemporaneo in città, in una zona strategica come il centro, a due passi dalle facoltà universitarie umanistiche.
Inizia a nascere un dibattito fra i teatranti, e qualcuno si fa portavoce per cercare delle soluzioni. Ma come spesso accade il dialogo con le istituzioni è sterile, mentre vincono le divisioni interne fra i teatranti torinesi. Sopraggiunge il silenzio, mentre Torino continua a respirare e a soffrire la mancanza di quel luogo: lo si sente durante la stagione dello Stabile e nei festival, negli spettacoli e nelle iniziative, costrette a migrare altrove. Fino a questa svolta.
Ne abbiamo parlato con Maria Edgarda, portavoce per noi di Cavallerizza 14:45, assemblea cittadina nata già nel dicembre 2013 e che riunisce realtà diverse (lavoratori dello spettacolo, studenti, torinesi e non…) con l’obiettivo di difendere la Cavallerizza Reale dalla (s)vendita, ed interrogarsi sulle modalità più efficaci per tenere in vita questo patrimonio pubblico.
All’indomani del comunicato dello Stabile di Torino, in cui si annunciava formalmente l’abbandono della grande area fra via Verdi e via Rossini, suggestivo patrimonio architettonico oltre che importante spazio culturale, ci chiedevamo (leggi l’articolo) chi altri avrebbe potuto farcela a salvare quel luogo, tanto prezioso quanto oneroso. La risposta più immediata non lasciava presagire nulla di buono: tutto il complesso edilizio in vendita ad una cifra che si aggirava intorno ai 12 milioni di euro. Un investimento, in questo periodo storico, che pare aver scoraggiato perfino (e per fortuna) gli speculatori.
Ora questa occupazione, arrivata oggi al suo decimo giorno di vita, ha come minimo il pregio di riportare in luce, agli occhi di tutti, anche dei non addetti ai lavori e con evidente impatto mediatico, una problematica che pigramente sembrava destinata a risolversi nel peggiore dei modi. Fino a quel momento l’orologio della Cavallerizza era fermo alle 14:45, diventato emblema della situazione di stallo.
Un grazie e un grosso in bocca al lupo a chi sta cercando (e cercherà) di rimetterlo in funzione.