Accessibilità a teatro: non solo rampe

Filippo Ceredi e Cesare Benedetti, interprete in LIS (ph: Giancarlo Ceccon)
Filippo Ceredi e Cesare Benedetti, interprete in LIS (ph: Giancarlo Ceccon)

A OperaEstate Festival un’occasione per riflettere sull’inclusione grazie anche al lavoro di Al.Di.Qua Artists

In qualche foyer troviamo mappe tattili, audioguide, kit di supporto con materiali semplificati per la comprensione dello spettacolo; in sala, interpreti LIS e smartphone sintonizzati su app di audiodescrizione. Ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando, perlomeno in alcuni teatri o eventi: si comincia a considerare l’inclusione di altre forme di disabilità, oltre a quella motoria, come la cecità o l’ipovisione, la sordità e le neurodivergenze, ovvero un insieme eterogeneo di disturbi cognitivi, ormai sempre più frequenti e riconosciuti, come la dislessia, l’ADHD, l’autismo.

Anche nel contesto dell’OperaEstate Festival di Bassano del Grappa (VI), tre spettacoli sono stati resi in questo senso più ampiamente accessibili. Nel cuore del festival, a fine luglio, il primo è stato “LidOdissea” della Compagnia Berardi Casolari (di cui abbiamo recentemente parlato) che, ricordiamo, è stata fondata nel 2003 da un attore non vedente e un’attrice parzialmente sorda.
L’intrinseca sensibilità per la questione dell’inclusione ha portato i due alla ricerca di soluzioni accessibili e alla collaborazione con l’azienda Converso®, che ha realizzato una app dedicata agli spettatori non vedenti: grazie ad essa, è possibile seguire lo spettacolo non limitato ai soli dialoghi ma integrato dalla descrizione di ciò che non possono vedere, recitata da Ludovico D’Agostino, attore e membro anch’egli della compagnia, giunto già alla sua decima prova di questo tipo.

Gli altri due spettacoli sono andati in scena all’interno della sezione B.Motion Teatro: si tratta di “Between me and P.” di Filippo Michelangelo Ceredi e “La vaga grazia” di Eva Geatti, entrambi presentati per la prima volta in versioni accessibili per non udenti, non vedenti e neurodivergenti, curate da Al.Di.Qua Artists.
L’occasione ci dà il pretesto di fare un affondo su quest’ultima realtà e sulla nozione prismatica di accessibilità di cui si fa portavoce in ambito teatrale.

Al.Di.Qua Artists, istituita nel 2020, è la prima associazione italiana ed europea di e per artisti e lavoratori dello spettacolo con disabilità, che riunisce, tra gli altri, Chiara Bersani, Aristide Rontini, Diana Anselmo, Dalila D’Amico, Giuseppe Comuniello, Claudio Gaetani e Camilla Guarino.
L’intitolazione da una parte è l’acronimo di Alternative Disability Quality Artists, dall’altra vuole richiamare quel muro di separazione che esiste tra l’al di qua e l’al di là della definizione di disabile, non della disabilità in sé. Il video-manifesto è efficace nel chiarire la prospettiva: “Non parliamo di disabilità, ma di esperienze disabilitanti imposte da una società costruita sul modello di quell’unico essere umano maschio, bianco, occidentale, abile, sano, cis, etero”; un modello dominante, tuttavia precario essendo ciascuno di noi vulnerabile e passibile di un decadimento fisiologico. “Parliamo di quella società che ha creato una scala di valutazione delle abilità, selezionando i corpi e gli stili di vita che avevano diritto ad abitare il mondo, relegando gli altri a specifiche periferie” o “riserve naturali”, spazi controllati in cui non poter essere protagonisti con una propria autonomia e iniziativa.
Alcune domande sono caustiche: “Tu sei sicuro che sarai abile per sempre?”; “Ci hai mai chiesto se vogliamo i progetti inclusivi?”; “Quante persone con disabilità vedete in posizione di leadership?”.

Al.Di.Qua.Artists intende segnalare e contestare la mancanza di accesso non solo alla fruizione artistica, ma anche alla produzione: dallo studio in particolare dei linguaggi artistici, all’università e in accademia, per il quale non basta una rampa di scale a garantire l’inclusione di chi è diversamente abile; alle possibilità di lavoro per artisti e lavoratori dello spettacolo con disabilità, sistematicamente estromessi da ruoli autoriali ed interpretativi o da funzioni accessorie allo spettacolo dal vivo, come quelle organizzative, e soprattutto da posizioni decisorie.
L’associazione vuole in prima istanza sottrarre la narrazione della disabilità agli abili, diventarne soggetto e non mero oggetto passivo, sfilarla ai paradigmi dell’abilismo trionfante che guarda alla disabilità con pietismo o paternalismo. Ma il discorso promosso mira ad allargare i termini di riferimento e a collocarsi all’interno dell’attivismo intersezionale, puntando a sollecitare concrete pratiche trasformative delle relazioni, dei contesti, persino delle modalità compositive.

Le versioni accessibili curate da Al.Di.Qua.Artists hanno più di un plus che le distingue da altre, e che deriva dalla scelta di affidare la resa in accessibilità alla collaborazione di lavoratori dello spettacolo disabili, a differenza di una prassi per cui sono gli abili ad occuparsene.
“Se vuoi fare qualcosa per qualcuno senza quel qualcuno, la stai facendo non per ma contro”, afferma Diana Anselmo in un’intervista. Chi è portatore di una disabilità conosce esigenze e potenzialità che vengono spesso ignorate e può contribuire a soluzioni decisamente più creative e raffinate. Ad esempio, le versioni accessibili dei due spettacoli di B.Motion sono state curate da Diana Anselmo (portatrice di una parziale sordità) e Cesare Benedetti per la partitura in LIS e da Giuseppe Comuniello (danzatore non vedente) e Camilla Guarino per l’audiodescrizione e le mappe tattili per non vedenti.

Abbiamo intervistato Diana Anselmo, che avevamo già conosciuto nel 2019 in qualità di vincitrice del premio “Strike! Giovani che cambiano le cose” con il progetto del Museo dell’empatia, e che oggi ritroviamo venticinquenne a ricoprire più incarichi, tra i quali il ruolo di accesibility manager del festival Oriente Occidente di Rovereto. Grazie alle sue parole, la qualità del lavoro proposto ed il bagaglio di chi lo realizza può essere descritta più puntualmente.
La curatela dell’accessibilità alla sordità è un atto ben diverso dalla mera traduzione in linguaggio dei segni: la stessa Diana non è interprete, figura invece con cui collabora. Il suo ruolo è quello di concorrere a “rendere anche l’interpretazione in LIS un atto di bellezza”, che non comprima la drammaturgia originaria in un dettato più sintetico e semplificato. Occorre “comprendere le trame drammaturgiche sottostanti per rispettarle” e scegliere le espressioni più adeguate per “riportare i significati traslati, più che tradotti”; ne consegue che i momenti di confronto con registi e autori sono davvero fitti.

Diana parla di una vera e propria “risignificazione estetica e drammaturgica” del testo di partenza, ancora più evidente nell’audiodescrizione poetica per non vedenti. ‘Poetica’ è la connotazione con cui gli Al.Di.Qua.Artists distinguono la propria dalle audiodescrizioni ordinarie, proposte anche da molte piattaforme come Netflix: a restituzioni piatte e banalizzanti, essi contrappongono un testo che “ha una sua bellezza, una sua funzione, una sua giustizia”.
Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello, entrambi provenienti da percorsi coreografici, hanno raccolto la sfida di realizzare l’audiodescrizione di uno spettacolo di danza, “La vaga grazia”, spostandosi in un ambito scenico ancora meno accessibile degli altri. Come hanno raccontato in conferenza stampa, l’hanno affrontata cercando di “creare piani immaginativi”, ovvero di descrivere “senza tuttavia dire esplicitamente ciò che può essere immaginato”: un’operazione complessa e delicata, che, per raccontare immagini a chi non può vederle, attinge a impressioni di Camilla, stati d’animo scritti appositamente dai performer, ricordi in particolare di Giuseppe che ha perso la vista a 28 anni. L’ascolto è abbinato all’uso di una mappa tattile, che permette di seguire le posizioni e i movimenti dei danzatori sul palco.

Quali sono le forze propulsive dell’accessibilità? Senz’altro l’avanzamento della tecnologia ha consentito un abbattimento importante di alcuni costi, come ha rilevato anche Gianfranco Berardi in conferenza stampa. Le istanze personali hanno fatto la differenza. Alcuni artisti, mossi dalla propria sensibilità o dall’amicizia, hanno promosso versioni accessibili dei propri spettacoli, a volte coinvolgendo quei centri di produzione già sensibili al tema – è il caso di Ceredi che si è appoggiato a Zona K e Centrale Fies -, altre volte mettendo in gioco risorse proprie – è stato il caso di “Earthbound” di Marta Cuscunà.

Accanto al Festival del Silenzio istituito nel 2018 a Milano, sono nati altri contenitori dedicati, ma il fenomeno più interessante è l’investimento sull’inclusione da parte di altre istituzioni non specifiche: ad esempio il festival di danza Oriente Occidente di Rovereto, oppure Spazio Kor di Asti che dal 2021, in collaborazione con Piemonte dal Vivo e Lavanderia a Vapore, realizza l’intera stagione accessibile a più disabilità, grazie anche al coinvolgimento di Chiara Bersani alla co-direzione artistica. Sicuramente il rilievo nazionale guadagnato da quest’ultima ha costituito uno spartiacque, e la portata etica e politica della sua poetica ha conquistato segmenti significativi. Ciò che va coltivato è uno sguardo più consapevole, comprensivo e responsabile della nostra collettiva vulnerabilità.

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