Dall’11 settembre 2008, César Brie – attore e regista del Teatro de Los Andes di Sucre, Bolivia, noto per il successo internazionale dell’ “Iliade” – si è fatto portavoce di coloro a cui è negata possibilità di espressione: i campesinos boliviani, da secoli asserviti ai latifondisti. I tentativi di redistribuzione delle terre da parte dell’attuale presidente Evo Morales hanno scatenato una fortissima contrapposizione civile nel paese, esplosa nel massacro dei campesinos dell’11 settembre a Porvenir. Sulle dinamiche di quel giorno César Brie ha indagato, districandosi tra testimonianze incoerenti, falsi referti medici, autopsie occultate o volutamente imprecise. Ne è scaturito un film documentario che è costato a Brie (e alla sua famiglia) intimidazioni e minacce di morte dagli attivisti di destra, ma pure la perdita dell’appoggio del governo, di cui Brie non ha esitato a denunciare le responsabilità.
Lasciata la Bolivia, ha scelto di portare la testimonianza della verità nello spettacolo “Albero senza ombra”, in prima assoluta a Fabbrica Europa 2010 e poi al Fortezza Festival di Livorno. Spettacolo per un solo attore, visto che si è conclusa nel frattempo l’esperienza del regista con il gruppo de Los Andes. Nel nuovo festival livornese il suggestivo spazio della Fortezza vecchia si riempie non di addetti ai lavori ma di una platea popolare, di ogni età. Brie aiuta ciascuno a prendere posto attorno alla pedana centrale come in una pubblica assemblea, distribuendo un breve programma di sala. È lui in prima persona ad introdurre le vicende, raccontando i presupposti socio-politici dello scontro civile. Avviata così la rappresentazione, Brie costruisce lo spettacolo alternando lo sguardo esterno del narratore a quello interno ai personaggi cui dà corpo, dosando i passaggi con scarti di luci, musiche, silenzi. Sulla scena, foglie secche lungo il perimetro, qualche sacco di farina gialla e due abiti tradizionali che pendono dal soffitto bastano all’attore per far rivivere gli episodi drammatici del massacro di Porvenir.
Formatosi con Iben Nagel Rasmussen all’Odin ed erede della scuola mimica di Decroux, Brie è capace di trasferire nel gesto le emozioni, di comporre immagini con la dinamica del movimento stilizzato e astratto. Scena dopo scena, incarna uomini e donne vittime di quello scontro, ne fa rivivere il carattere, il corpo ferito o gli istanti che ne precedono la morte: il racconto è drammaticamente reale, le parole pronunciate sono quelle delle testimonianze raccolte, dei referti medici, delle proteste dei sopravvissuti. Con la sua sola presenza, Brie compone una rappresentazione corale, grazie anche all’uso metaforico di pochi oggetti: i panni bagnati e strizzati, gettati a terra come i corpi dei campesinos uccisi nel disperato tentativo di fuga tra le acque del fiume; le foto poggiate su piccoli cumuli di farina gialla, come un domestico cimitero. Segni e elementi semplici, d’uso comune, acquistano imprevista forza poetica. I vestiti bagnati restano ammassati su un lato della pedana, mentre scorrono le tappe finali della storia: a quei morti Brie ha dato voce, in uno spettacolo che commuove ma non consola, che parla al cuore della gente senza retorica, come un atto necessario di umanità e pulizia artistica.
ALBERO SENZA OMBRA
di e con César Brie
musiche: Pablo Brie, Manuel Estrada
scene e costumi: Giancarlo Gentilucci, César Brie
produzione: Fondazione Pontedera Teatro
durata: 1h 15’
applausi del pubblico: 3’ 20”
Visto a Livorno, Fortezza Vecchia, il 4 giugno 2010