Per aggiudicarsi le cinque stelle, un albergo deve garantire almeno tre lingue straniere parlate, ricevimento 24 ore su 24, camere a partire dai 16 metri quadrati di grandezza e parcheggio (oltre a una ricca ed eccellente dotazione di tutti i servizi).
Se adottiamo lo stesso criterio per gli spettacoli, se i cosiddetti “spettacoli belli, buone regie o straordinarie interpretazioni” possono aggiudicarsi anche quattro stelle, un impianto firmato Alonzo King Lines Ballet è un cinque stelle lusso. E non è esclusivamente la bellezza ad estasiare i clienti-spettatori, ma lo stupore di trovarsi come in un resort immerso in un paradiso da cartolina, coccolati da un servizio cordiale ed efficiente, e per di più allo stesso prezzo di quei classici tre stelle di città validi quanto basta al pernottamento.
Se un altro indice di gradimento utile a stimare la buona riuscita di uno spettacolo si ricava, poi, dalla durata degli applausi, entro il minuto è un minimo quasi garantito, tre minuti un buon successo; ma nel caso della danza di Alonzo King non serve cronometrare: basta basarsi su quel formicolio che si avverte tra palmo e dita a furia di battere le mani. Applausi continuati a sipario ormai chiuso e registrati lo scorso 21 novembre, in occasione dell’ultima serata in scena al Teatro Elfo Puccini per la chiusura di MilanOltre.
Il coreografo e i suoi 11 ballerini sono stati protagonisti della rassegna diretta quest’anno da Ferdinando Bruni, Elio De Capitani e Rino De Pace, che ha portato a Milano in prima europea tre coreografie sulle otto totali parte del doppio programma artistico dedicato all’Alonzo King Lines Ballet.
Un finale con il botto, fuochi d’artificio realizzati da gambe, braccia, mani, dita, polpastrelli, insieme a viso, pancia, spalle, scapole, gomiti e, naturalmente, piedi. Quei piedi che, per necessità tecnica, a volte devono stare nelle scarpette ma che raggiungono la massima espressione liberi di scivolare, aggrapparsi, contorcersi, comunicare. È un alfabeto fatto di arti e muscoli quello che riempie il vocabolario dell’Alonzo King Lines Ballet, già di per sé ricco e multilingue. Multietnico è il gruppo dei danzatori, multiforme-e-colore è la loro visione d’insieme: ogni ballerino è riconoscibile e diverso dagli altri, ma non si può dire chi sia più o meno bravo. Non prevale un’ètoile; al contrario, di ognuno risalta l’espressione particolare e del tutto umana: nascosta la perfezione tecnica (ce ne è talmente tanta assimilata che non si vede), escono quelle imperfezioni naturali proprie di ogni uomo, fisico, persona, che ci rendono così diversi l’uno dall’altro. Queste differenze risaltano ancora di più grazie al contributo sonoro, studiato ad hoc da Alonzo King in funzione del movimento da restituire, cioè musiche complici del linguaggio del corpo. Ecco perché attingere da suoni provenienti dalle più diverse culture ed epoche. Tanto colore, di corpi, figure, suoni e linguaggi, che però non è il classico “furbetto” meltin’ pot. O almeno, non è questo il pensiero dello spettatore commosso, rapito, che con l’occhio insegue la scia tracciata dal movimento dei costumi. Costumi che solitamente mettono in risalto la danza del corpo e le sue forme, ma in questo caso rincorrono in volo i danzatori.
Wheel In The Middle Of The Field
musiche: Georg Friedrich Händel, Richard Strauss, Gabriel Fauré, Johannes Brahms, John Sheppard, Reynaldo Hahn, Franz Schubert, Nino Rota, Francis Poulenc, Leslie Stuck
durata: 40′
Splash
durata: 7′
The Moroccan Project
musica tradizionale El Hamideen
durata : 35′
applausi finali del pubblico: 5′
Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 21 novembre 2010