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Amistade: quando Antonio Rezza sta “fuori”

Amistade (ph: Andrea Mignogna)

Amistade (ph: Andrea Mignogna)

L’ultimo spettacolo della coppia RezzaMastrella porta in scena anche immagini e interviste di Fabrizio De André

In altre occasioni, e di fronte a uno spettacolo che pure mostrava qualche novità nell’impaginazione come “Hybris” (un unico tema sviscerato inarrestabilmente, un notevole aumento dei corpi in scena, erano sette+uno), ci si è provocatoriamente e perversamente chiesti se mai la scrittura della coppia Rezza-Mastrella avrebbe osato spingersi là dove non avrebbe potuto essere intesa, compresa, accettata, là dove il pubblico non avrebbe saputo rispondere con un’ovazione, costretto ad arrestarsi di fronte a un muro invalicabile di non-confort alieno, come un tempo, ai loro esordi e per diversi anni in seguito, è stato.

Con ciò non si voleva intendere che vi fosse, da parte del duo, piaggeria nei confronti degli spettatori, né che la loro scrittura avesse come unico obiettivo il consenso.
Ma è evidente come i meccanismi di scissione e di spaesamento che quelle invenzioni generano nel pubblico sono ora noti, e non è così comune che riescano ad attingere a un livello di shock paragonabile a quello che devono aver suscitato alle loro prime apparizioni. Il pubblico di Rezza-Mastrella ormai non sobbalza per l’exordium vocalmente inatteso, scurrile o stridulo, che segue una lunga posa preparatoria, per la presentazione di un rozzo espediente scenico verso il quale si chiede la sospensione dell’incredulità, di lì a poco sbertucciata come ingenuità o dabbenaggine, per il tormentone che si costruisce a tradimento, il gioco verbale che non lavora mai sulla superficie significante della parola (specialità di un altro poeta dell’assurdo, Alessandro Bergonzoni) ma che trascina con sé il significato nel rovinoso dirupo del paradosso.
E, allora, si proponeva come possibile reinvenzione di quello spaesamento e di quella scissione non lo scendere a un ulteriore livello di paradosso, ma l’essere del tutto, limpidamente incomprensibile: tornare a farsi avanguardia dura.

In “Amistade”, che è una scelta di pezzi da “Fratto X” mischiati con spezzoni di interviste di Fabrizio De André (idea improvvida “sfuggita dalle labbra di Dori Ghezzi”), e precisamente nella replica a cui si è assistito, questo è avvenuto in due momenti: uno strutturale, uno umorale – entrambi efficaci.

Durante la seconda scena (quella di “Mario!” invocato inarrestabilmente), Rezza, in sella a una specie di quadriciclo a pedali, percorre palco e quinte chiamando lo sconosciuto, fino a scomparire nel retropalco e disegnare una traccia squisitamente acustica di allontanamento, le vie dei camerini, i cunicoli che conducono all’uscita degli artisti (è una trovata che ha della slapstick o del cartoon, in cui le disavventure del personaggio sono raccontate dalla sequela dei rumori prodotti fuori quadro da cadute e rotolamenti), raggiunta la quale, per qualche oscuro motivo, rimane chiuso fuori, espulso non solo dalla scena, ma dall’edificio teatrale.
È allora che la sua invocazione a Mario diviene non un più un richiamo ormai scaduto di significato, ma si risemantizza e significa “Aiuto!”. Eppure resta “Mario!” ai nostri orecchi, come se al fantoccio, ormai non più in scena, non fosse consentito altro vocabolo, altra voce in capitolo. Quel grido, insomma, insiste, e prosegue per lunghi minuti, inascoltato da chiunque possa giungere in soccorso, ma ben chiaro alla platea, in una disperata lontananza.

Lungi dal domandarsi se si tratti effettivamente di un disguido tecnico (non è così ingenuo), il pubblico viene lasciato in balia di sé stesso per tutto quel tempo mentre, e qui sta la novità, in scena scorrono immagini e interviste di Fabrizio De André, in un frontale ingiustificabile di senso, alieno a qualsiasi riconciliazione, in cui viene trascinato anche il vate per eccellenza della nostra rimpianta gioventù di quasi-poeti, il gran genovese. E questo accade ben prima che ci si renda conto che le immagini e la voce del cantautore torneranno come una costante ad accompagnare o a infastidire “Amistade”.

Quella frantumazione del senso, quella basita, solletichevole incredulità del pubblico, che gela il sorriso sulle labbra, si raggiunge anche in un altro momento dello spettacolo, quello in cui, sul finale, interloquendo con il pubblico, Rezza tenta di far alzare una donna dalla sua poltrona, intimandole di alzarsi e andarsene, in una tipica allocuzione tirannica dell’istrione verso il pubblico-suddito.
Il caso vuole però che la signora non esegua prona l’ordine del performer, e che anzi si mostri tanto renitente che, alle reiterate e sempre più energiche e infastidite insistenze, faccia trapelare la giustificazione del suo comportamento per bocca di una vicina di posto: “La signora non ce la fa ad alzarsi”. A tale dichiarazione agghiacciante, la foga di Rezza non si spegne, anzi, preso dal suo stesso fuoco si contorce su sé stessa.
Lungi da ogni moralismo (“il teatro e la vita non son la stessa cosa”), quella complicità, quel tifo per Rezza vengono, sia pure solo per un attimo, arrestati in un incredulo imbarazzo.

Ecco, l’essere lontano, incomprensibile, che gli avevamo augurato come forma di riviviscenza dello smalto della sua arte più autentica, può dunque scegliere, se lo vuole, una doppia strada: quella dell’insensatezza più pura, del connubio con De André o, magari, con Sant’Agostino o con Pascoli, della sfida senza rete alla logica e persino al meccanismo del paradosso, o quella, altrettanto pericolosa in tempi di politicamente corretto, del turpiloquio, dell’offesa futurista, violenta, dell’inimicizia provocata e generosamente alimentata. Del genuino odio del pubblico, di tutto il pubblico.

AMISTADE
una contaminazione di: Flavia Mastrella, Antonio Rezza sfuggita dalle labbra di Dori Ghezzi
montaggio: Barbara Faonio
assistente alla creazione per Fratto_X: Massimo Camilli
disegno luci: Daria Grispino
luci e tecnica: Alice Mollica
progetto video mapping e suono: Giacomo Sanna e Pietro Soru
video e audio: Giorgia Mascia e Alessandro Pulloni
macchinista: Andrea Zanarini
organizzazione: Tamara Viola, Simona Loi e Stefania Saltarelli
produzione: Sardegna Teatro Mixed Reality, RezzaMastrella
in collaborazione con: Fondazione Fabrizio De André, Teatro Vascello di Roma, Fondazione Sardegna Film Commission, Fondazione di Sardegna
con estratti di: FRATTO_X di RezzaMastrella
Materiale Teche Rai su licenza di Rai Com S.p.A.
ufficio stampa Chiara Crupi – Artinconnessione e comunicazione digitale Tamara Viola

durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 4′

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 15 dicembre 2023

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