Bello e inquietante l’arrivo in scena di Massimiliano Donato. Lo vediamo avvicinarsi tra il verdeggiante contorno di Villa Roberti a Brugine, uno dei comuni della Saccisica, nella provincia di Padova, dove si è svolto in questi giorni Scene di paglia, festival dei casoni e delle acque, curato da Fernando Marchiori.
Elegantemente spettrale, in un nero gotico che sottolinea la spigolosità di tutta la sua magrezza, occhi segnati a matita nera su fondo bianco, barbetta candida; alle spalle la luce del crepuscolo in declino. Un vecchio un po’ dinoccolato, dalle profonde e veloci falcate, ai piedi stivaletti con claquettes in punta e tacco che crocchiano meravigliosamente sulla pavimentazione, come ossa un po’ piene un po’ vuote.
Ci troviamo nel suo “archivio d’anime”, che è il suo cimitero, che è il suo teatro, che è il suo spettacolo: lui è il becchino, in scena c’è Amleto.
Gli archivi d’anime o stati d’anime erano degli elenchi anagrafici della popolazione tenuti dai parroci – alcuni risalgono al Cinquecento – in cui venivano registrati solitamente i capifamiglia; in altri, più generosi e meno patriarcali, anche la consorte e i figli. Un documento importante a livello statistico e una preziosa fonte per gli appassionati di genealogia, ma anche un affascinante viaggio nel tempo, un racconto d’avventure tra luoghi, eventi e personaggi inseriti in un tempo storico ma anche fantastico.
Massimiliano Donato scopre uno di questi archivi durante il restauro della pieve di S. Giovanni Battista di Goregge, una casa sacra edificata in mezzo alle silenziose colline di Gubbio, a cui lavora con le proprie mani, lasciando per alcuni anni a riposo la professione d’attore, per dare vita nel 2000, assieme a Naira Gonzalez, a un luogo permanente di formazione dell’attore (si veda la nuova edizione “Di umanità si tratta”): il Centro Teatrale Umbro.
E’ una scoperta affascinante, che rimane inizialmente latente, e sulla quale poi l’attore costruisce con la pazienza e la cura dell’artigiano uno spettacolo complesso e vivace, che per quattro anni fa e disfa.
“E’ nel lavoro, qualsiasi esso sia, che l’uomo incontra e conosce se stesso, il suo essere profondo e segreto” racconta Massimiliano nel dopo spettacolo. E’ attraverso questa operosità, la fatica quotidiana, la ricerca di un linguaggio umano semplice e struggente che ogni frammento viene costruito, poi stravolto e infine ri-creato fino ad arrivare alla prima assoluta a Padova.
“L’archivio delle anime. Amleto” è sicuramente una originale messinscena della tragedia shakespeariana, ma più che l’interpretazione della stessa, non sempre facile da sostenere anche per un bravo attore come Donato, ciò che è geniale, curioso, coinvolgente e struggente nel quadro registico e nella prova d’attore è il personaggio istrionico, inarrestabile del becchino; quel suo affannarsi a essere custode, poi cerimoniere, attore, regista, burattinaio, presentatore, mago, ballerino di tip tap, in un continuo gioco di doppio.
Protagonista e antagonista dentro e fuori la trama, il becchino è al servizio delle sue anime, ma se ne serve anche per essere quello che vuole nel suo teatro, il suo cimitero senza tempo. Prima con calma e pazienza e poi con pazzia e delirio, scardina qualsiasi qualificazione macabra e tetra del luogo, della sua figura, della tragedia che diventa un carrozzone di re e regine, di principi, fantasmi, amanti, attori, puttane e buffoni in un continuo gioco meta teatrale.
C’è la tragedia compassionevole dell’intera famiglia reale e l’umorismo grottesco di chi è solo spettatore di dolori, malinconie, sogni e inquietudini. C’è il personaggio inventato della nonna di Amleto, che riporta a una dimensione intima e familiare, ma ci sono anche i burattini e le carnevalate, perché la tragedia non sia troppo tragica e la commedia troppo comica, e infine i trucchi e le magie per chi ha voglia di crederci.
Dopo quasi due ore di spettacolo (e qui si avverte la necessità di un piccolo ridimensionamento), la figura del becchino non c’è più, come il tip tap dei suoi passi che riecheggiava nelle Barchessa, assorbito da quel viaggio fantastico nel tempo, dalla finzione teatrale, smaterializzato dalle tante sembianze della tragedia e della commedia. Rimane la frantumaglia, tantissima, sparpagliata ovunque, che fa rabbrividire, ma ogni singolo pezzo verrà ripreso in mano, pulito, aggiustato e riposto con cura dentro un baule, archiviato senza lasciare traccia alcuna in quello spazio che sarà ancora qualcosa d’altro o quello di sempre.
L’archivio delle anime. Amleto
di e con Massimiliano Donato
durata: 1h 45′
applausi del pubblico: 3′
Visto a Brugine, Barchessa Villa Roberti, il 5 luglio 2011