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L’Andrea Chénier di Martone. Il debutto verista della nuova stagione alla Scala

Photo: Marco Brescia & Rudy Amisano

Photo: Marco Brescia & Rudy Amisano

“Andrea Chénier”, capolavoro di Umberto Giordano che mancava da Milano da ben 32 anni, ha aperto a dicembre la nuova stagione del Teatro alla Scala.
L’opera, scritta su libretto di Luigi Illica, si ispira alla vita del poeta francese André Chénier ed è ambientata durante la Rivoluzione Francese. In questo contesto si svolgono le vicende che vedono coinvolti il poeta, la contessina decaduta Maddalena e il suo rivoluzionario servitore, Gérard.
La sua prima esecuzione avvenne il 28 marzo 1896 proprio alla Scala, diretta da Rodolfo Ferrari, con successo trionfale.

All’inizio dell’opera la Rivoluzione non è ancora arrivata: siamo nel castello della contessa di Coigny, dove il giovane servitore Gerard, spinto da ardori rivoluzionari, è al contempo innamorato della contessina Maddalena. Ad una festa nel castello, dopo alcune schermaglie di ordine poetico tra Maddalena e il poeta Andrea Chénier, che rivendica il suo amore verso la patria, anche lui attratto dalla donna, fa ingresso un gruppo di mendicanti, introdotto da Gerard. Rimproverato per questa intrusione dalla contessa, il servitore, sdegnato, si toglie la livrea e si allontana con gli amici diseredati. La festa così riprende e gli invitati si lanciano in una gavotta.

Passa il tempo, Chénier è inviso al governo rivoluzionario che ha preso il potere, e che lo fa pedinare costantemente. A lui scrive, chiedendo protezione, sotto falso nome, Maddalena, ora caduta in disgrazia: i rivoluzionari le hanno ucciso la madre, ed è costretta a vivere nascosta, ormai ridotta in povertà. Solo la serva mulatta Bersi l’aiuta, e per guadagnare dei soldi, per sé e per l’ex padrona, esercita la prostituzione.
Chénier, ormai in pericolo, prima di partire vuole conoscere la misteriosa donna delle lettere. Una sera, vicino al ponte, i due giovani si incontrano e Chénier riconosce subito Maddalena; tra i due scoppia la passione, ma improvvisamente irrompe Gerard, ancora innamorato della ragazza, sempre accompagnato da un lugubre e invasato rivoluzionario, denominato “Incredibile”.
Mentre Maddalena fugge, Chénier ferisce gravemente il rivale e, questi, per amore di Maddalena, consiglia lo stesso Chenier di fuggire assieme alla donna che ama, essendo in pericolo.
Al popolo che accorre, Gerard, per aiutare i due amanti, dichiara di non conoscere l’uomo che lo ha ferito.

L’azione si sposta poi al tribunale rivoluzionario, fra rivendicazioni e richieste: spinto anche dalla gelosia per Maddalena, Gerard è costretto ad accusare Chénier, che nel frattempo è stato arrestato. Maddalena è sconvolta e si offre al suo antico servo perché salvi la vita del poeta. Gerard, commosso, durante il processo, mentre il poeta si difende, pentito di aver detto il falso allo scopo di sbarazzarsi del rivale, ritratta la denuncia. Ma Chénier viene ugualmente condannato a morte. Per merito di Gerard Maddalena ottiene un colloquio con Chénier, riuscendo a sostituirsi ad una prigioniera. Così i due amanti si avviano insieme incontro alla morte, presi nell’estasi del loro amore.

“Andrea Chénier”, rappresenta uno dei capolavori dell’opera verista, repertorio che il teatro milanese ha intenzione di riproporre con maggiore frequenza, presentando in questa stagione anche “Francesca da Rimini” di Zandonai.
Molte le pagine celebri di quest’opera: dalle arie di Chenier “Un dì all’azzurro spazio” a “Come un bel dì di maggio” a “Nemico della patria?!” eseguita da Gerard, sino al racconto di Maddalena
“La mamma morta”, reso celebre dal film “Philadelphia”, e al duetto finale “Vicino a te s’acqueta” tra Chénier e Maddalena, simbolo di una musica spesso espressivamente “gridata”, iniettata di sentimenti forti e senza cedimenti emotivi.

La messa in scena di Mario Martone segue senza eccessive invenzioni, ma in modo sempre vivido, le indicazioni del libretto. Attraverso le scenografie di Margherita Palli e i pertinenti costumi di Ursula Patzak l’allestimento ci trasporta nella Parigi aristocratica e rivoluzionaria fine ‘700, che conosciamo attraverso le innumerevoli iconografie con tanto di ghigliottina e di carro che porta i condannati a morire.

La vicenda, originariamente divisa in quattro quadri, viene divisa in due atti dal regista, che utilizza cinematograficamente, per cambiare ambienti, un praticabile girevole che non interrompe mai il flusso della vicenda, né dal punto di vista drammaturgico né da quello musicale, rendendo estremamente vivace tutto l’insieme.
Sia i nobili all’inizio nel primo quadro, sia poi i popolani rivoluzionari, sono resi da Martone simili a fantocci immobili, segno, all’inizio, di un mondo che sta per scomparire, poi, di una classe che in qualche modo verrà tradita dalla rivoluzione.
Ecco ancora grandi specchi che spesso costellano gli avvenimenti, ora facendo vedere in trasparenza controscene, ora utilizzati per lo specchiarsi dei personaggi, ora per deformare la realtà.

Fra tutti gli interpreti il più atteso era, nel “Title role”, Yusif Eyvazov, il consorte della diva Anna Netrebko, che per la verità, pur non essendo perfetto soprattutto nei mezzitoni, ha passato indenne nelle sue due arie più famose l’esame scaligero.
Lei, Anna Netrebko, astro lirico del momento, si è confermata interprete persuasiva e di gran classe, eccellente nelle difficoltà de “La mamma morta” e nel finale quanto mai “verista”, duettando e morendo scenicamente con il marito.
Luca Salsi anche questa volta si è dimostrato una delle certezze tra le voci baritonali italiane, sia vocalmente sia dal punto di vista interpretativo.

Molto dell’esito positivo di questo “Andrea Chenier” lo si deve a Riccardo Chailly, che è riuscito ad interpretare in modo profondo e convincente un’opera così particolare. Sempre pertinenti e corretti gli interventi del Coro, preparato da Bruno Casoni, e del Corpo di Ballo della Scala, diretto da Frédéric Olivieri.
In scena ancora stasera.

Andrea Chénier
di Umberto Giordano
Direttore Riccardo Chailly
Regia Mario Martone
Scene Margherita Palli
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Coreografa Daniela Schiavone

CAST
Andrea Chénier Yusif Eyvazov
Maddalena di Coigny Anna Netrebko
Carlo Gérard Luca Salsi
La mulatta Bersi Annalisa Stroppa
La Contessa di Coigny Mariana Pentcheva
Madelon Judit Kutasi
Roucher Gabriele Sagona
Il romanziero, Pietro Fléville, pensionato del Re Costantino Finucci
Fouquier Tinville, accusatore pubblico Gianluca Breda
Il sanculotto Mathieu, detto “populus” Francesco Verna
Un “Incredibile” Carlo Bosi
L’Abate, poeta Manuel Pierattelli
Schmidt, carceriere a San Lazzaro Romano Dal Zovo
Il Maestro di Casa/Dumas, presidente del Tribunale di Salute Pubblica Riccardo Fassi

Durata spettacolo: 2 ore e 35 minuti incluso intervallo

Visto a Milano, Teatro alla Scala, il 22 dicembre 2017

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