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Angelica. Il tragicomico nulla di Andrea Cosentino

Andrea Cosentino
Andrea Cosentino
Andrea Cosentino

Il ciclo dedicato, a marzo, ai dialetti d’Italia “Il Teatro delle lingue”, dopo la Puglia di Oscar De Summa e Roberto Corradino, ha portato in scena a Venezia l’Abruzzo di Andrea Cosentino.
“Attore colto”, come lo definisce Paolo Puppa che introduce la serata, Cosentino è anche “drammaturgo, comico e studioso di teatro” dalla parlata così veloce da togliere il fiato.

Il mondo in cui Cosentino ci immerge è frammentato e si costruisce attraverso piccoli pezzi di ricordi, immagini, storie inventate o incomplete che non definiscono una vera e propria trama.
La drammaturgia è infatti proprio questa: l’impossibilità di crearla.

Come entrati nella mente dell’artista vaghiamo tra la sua fantasia, nel disperato tentativo di intravedere un punto d’arrivo, una conclusione o una coerenza. Così mentre assistiamo al dialogo tra un regista e un produttore, vediamo il Papa nella sua papamobile avanzare su dissestati sanpietrini, mentre sfila tra noi la processione di una Madonna barcollante. Ma poi, d’improvviso, eccoci sul set di una fiction televisiva di basso livello.

Tanti flash, apparentemente estranei gli uni agli altri ma in realtà legati da un’intenzione, pirandelliana se vogliamo, di porre i vari personaggi fuori e dentro lo spettacolo, così che il pubblico si immerga in loro e ne prenda le distanze: fare e guardare. Cosentino non nasconde questa duplice volontà, anzi, entrando e uscendo continuamente dalle sue ironiche “macchiette”, dichiara apertamente l’enorme fatica del creare una storia degna di questo nome.

Anche in questo caso, come per De Summa e Corradino, una buona prova attoriale, nella quale si percepisce l’accurato studio del gesto corporeo e facciale, delle tonalità vocali e dei cambi di registro, anche attraverso l’uso di più lingue e dialetti: abruzzese, romano, inglese e francese.

“Angelica”, che fuoriesce improvvisamente dall’abbruzzese imparruccato, dà nome allo spettacolo ed è la dimostrazione personificata dei “meccanismi impietosi della produzione di storie”: una delle tante attriciucole, diventata tale più per le belle gambe che per la bravura, sogna il suo momento di gloria in una morte televisiva, provata e riprovata sul set per un’intera giornata senza alcun miglioramento, sempre e ripetutamente uguale.

Ripetere è infatti l’altra parola chiave dello spettacolo: si avverte una ciclicità quasi ritualistica nei frammenti che si susseguono, che dà ritmo allo spettacolo frenetico e discontinuo, se non fosse per quei momenti di riposo in cui lo spettatore riavvolge il nastro, cogliendo dettagli che a primo acchito potevano essergli sfuggiti.
Bastano Barbie e Ken ed ecco fatta la fiction, bella e vuota, di cui Cosentino si serve per comunicare la sua versione tragicomica della nostra società “basata sul nulla”: proprio come le patetiche storie da fiction che inebetiscono migliaia di telespettatori. Parlando, appunto, di nulla.

ANGELICA
di e con Andrea Cosentino
regia: Andrea Virgilio Franceschi
collaborazione alla drammaturgia e alla messa in scena: Valentina Giacchetti
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 1’ 58’’

Visto a Venezia, Teatro Ca’ Foscari, il 16 marzo 2011

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