Gerarda Ventura ci racconta il progetto, giunto alla ottava edizione, che accoglie nella cittadina toscana giovani artisti selezionati tramite un bando
Sono state da poco assegnate le borse di studio per l’ottava edizione del bando di Anghiari Dance Hub rivolte a giovani coreografi. I vincitori di questa edizione sono Michele Ifigenia Colturi, Nicola Manzoni con Lunella Cherchi, Gruppo Damiano e YoY Performing Arts.
Scopriamo meglio questa iniziativa insieme a Gerarda Ventura, direttrice artistica di Anghiari Dance Hub, ripercorrendone la storia fin dal principio.
Partiamo dall’inizio. Qual è stata l’idea, la necessità di partenza, che ha portato alla nascita nel 2015 di Anghiari Dance Hub?
Considerazione condivisa da molti operatori e curatori è che, spesso, nelle opere di giovani o nuovi coreografi manchi la padronanza di tutti gli elementi che costituiscono lo spettacolo di danza, ma che non esistano luoghi nei quali approfondire la conoscenza di questi elementi. Quindi con un gruppetto di colleghi (Maurizia Settembri, Luca Dini, Luca Ricci, Andrea Merendelli) e l’insostituibile aiuto dell’allora assessore alla cultura del Comune di Anghiari, Miriam Petruccioli, immaginammo un progetto che potesse fornire agli artisti tempo, spazi, trasmissione di saperi per permettere l’avvio del processo creativo che avrebbe potuto portare alla realizzazione di un’opera coreografica.
Facciamo una panoramica di questi anni… Come si è evoluto il progetto?
Questo è l’ottavo anno del progetto e, se guardo indietro, mi sembra sia passato molto più tempo. Dal 2015 al 2017 il periodo di residenza era frammentato, non continuativo, soprattutto per problemi di budget. Mi sono poi resa conto di quanto fosse utile poter dedicare un tempo lungo al processo creativo, alla possibilità di immergersi totalmente in esso, riuscire a creare realmente una comunità tra gli artisti residenti e la città di Anghiari. Dal 2019 abbiamo anche potuto realizzare un accompagnamento amministrativo alla diffusione dei lavori realizzati. Alcune “chiacchierate” le abbiamo fatte io e Alessandra Stanghini, la nostra organizzatrice, ma la vera pratica avviene quando accompagniamo i coreografi nel presentare i loro lavori in altri luoghi. In questi casi ci occupiamo di tutte le questioni amministrative in stretto contatto con loro, il modo migliore per imparare.
Può farci una breve panoramica dei giovani coreografi vincitori delle quattro borse di studio di questo anno? C’è qualcosa che li accomuna?
La scelta dei coreografi e dei loro progetti è stata fatta da una commissione composta da me, Maurizia Settembri, Luca Ricci, Alessandra Stanghini, Andrea Merendelli, Miriam Petruccioli e Michele Di Stefano che si è unito a noi quest’anno.
Tranne il progetto di Michele Ifigenia Colturi, gli altri tre sono progetti co-autoriali in cui gli autori sono anche interpreti, e in quello del Gruppo Damiano è coinvolta anche un’interprete “pura”. I progetti proposti hanno temi estremamente diversi tra loro, dai dialoghi sull’arte alle conseguenze dell’approccio alla bellezza, al lavoro su spazio e ritmo, a ispirazioni mitologiche. Anche guardando i video delle precedenti creazioni, gli stili e le dinamiche sono estremamente diversi tra loro. Unica cosa che accomuna tre degli autori è che provengono dalla Scuola Paolo Grassi di Milano.
Tra le sue peculiarità, il progetto prevede anche un accompagnamento di tipo organizzativo per approfondire le capacità degli stessi autori a dare una struttura efficace alla propria promozione…
Il nostro accompagnamento è più che altro di tipo amministrativo e organizzativo. Per l‘aspetto della promozione, e quindi della diffusione dei lavori, quest’anno replichiamo due appuntamenti con Elena Lamberti, che è anche il nostro ufficio stampa. Un aiuto probabilmente viene dalla rete informale di operatori che si è creata negli anni. Al termine dei tre mesi di residenza, in occasione delle restituzioni delle bozze di lavoro, invitiamo una ventina tra operatori, critici, studiosi, e questi due giorni costituiscono un’opportunità straordinaria per gli artisti non solo di far vedere il loro percorso artistico ma, soprattutto, di avere dei momenti, conviviali e rilassati, di confronto con gli ospiti. Non è raro che gli operatori presenti in questa occasione forniscano poi altre opportunità di residenza e di presentazione ai coreografi per portare a termine il loro progetto.
Ci parli della scelta dei tutor e degli insegnanti.
Come dicevo, il progetto è nato per tentare di supplire a una serie di carenze, di ignoranza sulla complessità degli elementi che costituiscono lo spettacolo di danza contemporanea. Noi ci rivolgiamo a giovani professionisti, non a studenti, quindi il processo di trasmissione dei saperi deve essere lo scambio tra questi professionisti e i professionisti nei propri settori che sono i nostri tutor. Elemento fra i più rilevanti è la drammaturgia della danza, che non ha niente a che vedere con la drammaturgia del teatro di parola ma è quella metodologia che compone la relazione tra l’autore e gli interpreti e l’opera e i suoi fruitori, creando consapevolezza e senso nella trasmissione. Fin dall’inizio abbiamo chiamato con noi il dramaturg belga Guy Cools. Gli altri elementi che curiamo sono la relazione con la musica (o il silenzio) affidato a Matteo Fargion, la relazione con la luce di cui si occupa Gianni Staropoli, la composizione coreografica che quest’anno è affidata a Marco Valerio Amico e il lavoro dell’interprete condotto da Marigia Maggipinto. Ogni seminario dura cinque giorni, e al termine gli artisti scambiano tra di loro e con noi le loro impressioni, devo dire sempre positive, motivo per il quale abbiamo di solito confermato i tutor anno dopo anno.
Ad Anghiari avete portato avanti tanti progetti. Può parlarcene?
Pur essendo una piccola struttura, abbiamo l’ambizione di tentare di incidere nello sviluppo della danza contemporanea italiana e, inevitabilmente, dobbiamo allargare lo sguardo. Ad esempio all’estero con un progetto europeo in corso dedicato alla drammaturgia della danza, Micro and Macro Dramaturgies in Dance, realizzato con Marche Teatro per l’Italia, Tanec Praga, capofila, Dans Brabant, Olanda, Bora Bora, Danimarca e Dance House, Cipro.
Sempre per l’estero siamo nel progetto Crossing the Sea finanziato dal programma Boarding Pass Plus del Ministero della Cultura. Capofila è Marche Teatro e partner Armunia, Interplay, Oriente Occidente, i Teatri di Reggio Emilia e la triennale di Milano. Quest’anno abbiamo anche vinto un Progetto Speciale del Ministero della Cultura, progetto dedicato ancora una volta alla drammaturgia della danza per il quale realizzeremo un seminario per giovani/aspiranti dramaturg e un simposio internazionale ad Anghiari. Infine, grazie a un contributo della Cassa di Risparmio di Firenze, il seminario sul disegno della luce tenuto da Gianni Staropoli vedrà la partecipazione di quattro giovani tecnici che desiderano diventare disegnatori luce e che affiancheranno i quattro coreografi in residenza realizzando bozze di disegno luce.
È stato difficile far nascere un progetto così interessante e ambizioso in un luogo periferico come Anghiari? Quali sono stati i vantaggi e gli svantaggi?
Credo che un paese piccolo ma ricco di attività come è Anghiari sia il luogo ideale per un progetto come il nostro. Sede della Libera Università dell’Autobiografia, soprattutto sede del Teatro di Anghiari, un’associazione diretta da Andrea Merendelli che è subito stato nostro complice e ci spalleggia affettuosamente. Una cittadina medioevale, ben tenuta, dove gli artisti sono ormai di casa avendo la possibilità di conoscere personalmente i cittadini che hanno le loro attività nel paese e che, proprio grazie a questa relazione, hanno affollato ogni anno il teatro per sostenere i coreografi e gli interpreti nella presentazione dei loro lavori di fine residenza.